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Ostinato

Black History Month Florence VI Edizione Febbraio 2021

La sesta edizione di Black History Month Florence sarà organizzata sotto il tema Ostinato. Il tema è simultaneamente un invito e una critica. L’invito è di ostinarsi nel lavoro socio-culturale di cui abbiamo sempre più bisogno. La critica riguarda l’ostinazione della resistenza del riconoscimento della lotta degli afro-discendenti riguardo l’accesso alla cittadinanza, ai diritti dei lavoratori e all’inclusione sociale nella definizione di italianità. Ostinato è una riflessione sull’ostinazione necessaria per affermare strategie proattive di organizzazione culturale su un lungo arco di tempo, come manifestazione di una visione non indifferente ai tempi attuali e alle sfide del presente.

L’edizione del 2021 si collocherà sulla scia delle proteste di lotta contro il razzismo diffuse in tutto il mondo. Nonostante il momento di crisi, riteniamo fondamentale “ostinarsi” in un programma completo e ampliato attraverso il coinvolgimento di nuovi partner, come forma di resistenza attiva.

Dal 2021 al 2024 Black Archive Alliance prende casa al MAD in una residenza di lungo periodo che porterà questo importante archivio, con i progetti di ricerca e la biblioteca tematica di 500 volumi, in residenza al MAD, per continuare e moltiplicare le occasioni di collaborazione e co-progettazione tra MAD e BHMF.

Le tre mostre proposte quest’anno alle Murate sono state co-prodotte e realizzate in una stretta collaborazione tra Murate Art District e BHMF


The isle of Venus | Kiluanji Kia Henda A cura di BHMF

La mentalità isolana si riferisce all’idea che l’isolamento e la mancanza di considerazione per tutto ciò che è al di là dei propri confini produce un senso di superiorità insulare nella sua desensibilizzazione. Nel nostro caso questo aggettivo non è riservato a coloro che sono geograficamente “tagliati fuori “, ma si riversa su quelle società così abitualmente impegnate a stabilire i termini, le norme, i canoni, i confini e i valori su cui prosperano, che raramente si accorgono della finzione intensamente costruita dal loro lavoro .

L’isola di Venere è una meditazione sulla miopia socio-psicologica prodotta dalla trasformazione delle città in siti museali tematici, ancorati al romanticismo del Rinascimento o al fascino grintoso del medievale. Parte integrante di questa patina è l’allontanamento di tutte le realtà non allineate, capaci invece di evocare  efficacemente le basi sociali di questo sbarramento coerente.

In collaborazione con MAD Murate Art District
fino al 28/02 MAD Murate Art District, Sala Anna Banti

Kiluanji Kia Henda

Luanda-Angola, 1979, Kiluanji Kia Henda è un autodidatta con un profondo trampolino di lancio in questo  campo poichè viene da una famiglia di appassionati di fotografia. Il suo taglio concettuale è stato affinato grazie alla sua immersione anche nei campi della musica, nel teatro d’avanguardia e collaborando con un collettivo di artisti emergenti nella scena artistica di Luanda. Kia Henda ha partecipato a diversi programmi di residenza in città come Venezia, Città del Capo, Parigi,... Amman e Sharjah, New York e Arles.

Le mostre personali selezionate da Kia Henda includono Something Happen on the Way to Heaven, al Museo di Arte di Nuoro (2020), The Isle of Venus al Museo di Lovanio a Leuven (2020),  A City Called Mirage all’International Studio and Curatorial Program (ISCP) di New York (2017), In the Days of a Dark Safari alla Galeria Filomena Soares di Lisbona e alla Goodman Gallery di Cape Town (2017) e Self-Portrait As A White Man alla Galleria Fonti di Napoli (2010).

Kia Henda ha partecipato a mostre collettive presso numerose istituzioni, tra cui Barbican Art Center di Lonodon (2020), Migros Museum di Zurigo (2020), Centre Georges Pompidou di Parigi (2020), Zeitz MOCAA di Città del Capo (2019), Tate Modern di Londra (2019), MAAT di Lisbona (2018), il National Museum of African Art – Smithsonian Institution di Washington D.C. (2015) e il Guggenheim Museum di Bilbao (2015).

Il suo lavoro è stato esposto alla Biennale di Gwangju (2018), all’Assemblea di Bergen (2013), alla Biennale di San Paolo (2010), alla Biennale di Venezia (2007) e alla Triennale di Luanda (2007). Nel 2017, Kia Henda ha ricevuto il Frieze Artist Award.

Ha presentato la sua opera The Fortress nel cortile della Somerset House (Londra) nel 2019. L’artista ha vinto il premio nazionale per la cultura e le arti dell’Angola nel 2012. Le sue opere si trovano in collezioni pubbliche, tra cui la Tate Modern (Londra), il Museo d’Arte Moderna (Varsavia), il Centre George Pompidou (Parigi), il Pérez Art Museum (Miami) e la Coleção de Arte Moderna Calouste Gulbenkian (Lisbona).

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Gettare il Sasso e nascondere la mano  | BHMF 2021

Gettare il Sasso e nascondere la mano è una mostra collettiva dedicata agli artisti della prima edizione della YGBI Research Residency sviluppata in collaborazione con OCAD e The Student Hotel nel febbraio 2020 sotto la guida di Andrea Fatona e Leaf Jerlefia. La residenza riflette su spazi di non-performatività, sulla collettività e sulla nozione di diaspora. Riunendo cinque artisti afro- discendenti di età inferiore ai 35 anni e residenti in Italia, la mostra progettata per le celle di Murate Art District abbraccia una serie di narrazioni collettive che collegano la spiritualità e i riti afro-discendenti all’educazione, la storia coloniale e la sua materialità all’attivismo storico. La mostra è radicalmente fondata su un approccio sperimentale alla condivisione collettiva dello spazio.

La frase Gettare il sasso e nascondere la mano è stata pronunciata da Cécile Kyenge come una descrizione di un futile tentativo di non essere ritenuto responsabile per l’attuazione di violenza sfacciata e intenzionale. La sua è stata una risposta alle mani platealmente nascoste, responsabili del danno sociale e del sostentamento di valori fratturati.

Questa mostra impegna l’ostinazione socio-spirituale che riconosce l’ovvio ma è consapevole di ciascuno di noi come custodi di un’agenzia poco riconosciuta. Le opere costituiscono un invito alla capacità collettiva di sviluppare strategie di resistenza ma anche una critica in relazione alla miopia dell’individualismo egoico. Il progetto nasce sulla scia di una serie di mostre personali che si sono svolte presso il Museo MA*GA nell’ambito del progetto di ricerca The Recovery Plan che è stato messo in pausa dalla seconda fase di serrate nell’autunno 2020 ed è accompagnato da cinque volumi monografici on line ciascuno dedicato a uno degli artisti coinvolti.

In collaborazione con MAD Murate Art District
fino al 28/02 MAD Murate Art District, celle, piano 1

Binta Diaw

Visual artist

Binta Diaw, nata nel 1995, è un’artista visiva senegalese-italiana con sede a Milano.

La sua ricerca è volta alla creazione di installazioni di varie dimensioni e opere che commentano fenomeni sociali come la migrazione, l’immigrazione e l’antropologia, ma anche come il suo corpo si relaziona con la natura e le nozioni di identità. Sfidando lo sguardo occidentale attraverso una realtà sovvertita, la sua pratica mette in discussione le percezioni di italianità... e africanità in relazione al suo patrimonio culturale e alla sua educazione.

Abbracciando l’arte visiva con una metodologia fortemente intersezionale, afro-diasporica e femminista basata su un’esperienza fisica e personale, è in grado di esplorare i molteplici strati del suo essere una persona di colore, il suo essere come corpo sociale e la sua posizione come donna nera in un contesto occidentale.

Ha studiato Belle Arti all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e ha ottenuto un MA all’ESAD Grenoble-Valence, in Francia. Nel 2018 si è trasferita in Germania per uno stage presso SAVVY Contemporary, a Berlino. Nel 2020 debutta con la sua prima personale alla Galleria Giampaolo Abbondio di Milano.

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Raziel Perin

Artista

Raziel Perin è nato nel 1992 nella Repubblica Dominicana. Ha ricevuto un BFA in Arti Visive alla Naba Milano. Attingendo alla sua esperienza personale, alle associazioni mentali e ai riferimenti culturali, Raziel Perin crea opere d’arte misteriose, inaspettate e dirette che richiamano precisi momenti di chiarezza e densi ricordi che evocano la complessità del processo di riconciliazione dell’identità diasporica liberata dagli stereotipi occidentali. Perin è nato... nell’entroterra della Repubblica Dominicana, dove ha vissuto fino all’età di quattro anni. Nel 1996 si trasferisce nel Nord Italia con la madre. La sua produzione artistica prende forma tra due realtà molto distanti, radicate nel bisogno di essere accettato come “l’Altro” e allo stesso tempo sentendo il dovere di sopprimere la parte sensibile della sua storia personale, che riemerge costantemente. L’introspezione e la riconnessione con gli echi di quei legami ancestrali che sembravano essere stati recisi in questo processo di “sbiancamento” ne sono il risultato e si incanalano in disegni, dipinti, sculture e installazioni che uniscono e sintetizzano una serie di elementi ricorrenti. Il suo corpo di lavoro trasmette un’irresistibile metafora visiva degli strati di memoria personale e della storia culturale che informano e intensificano la sua esperienza del presente.

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Francis Offman

Artista

Francis Offman (1987, Butare) vive e lavora a Bologna. Nel 2021, Offman ha preso parte a un progetto di workshop in occasione delle sfilate per la collezione Autunno/Inverno 2021-2022 di Valentino. Le mostre collettive a cui ha partecipato nel 2022 includono: Expressions. The Epilogue, Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea, Italia; YGI-Group show, USA; The 3 ecologies, MACTE, Italia; The Tending of the Otherwise, Italia così come la seconda versione di Throw the Stone and Hide your... Hand all’Italian Cultural Institute di Parigi, Francia. Nel 2021, Offman ha esposto in delle personali a P420 Gallery, Italia; Baleno International, Italia; Herald St | Museum St, Regno Unito e MA*GA Museum, Italia. Ha inoltre esposto in collaborazione con Christian Offman a The Garage Lab, Italia. Precedenti mostre collettive includono The Geological Viens, Palazzo D’Accursio, Italia; Painting in Person, Castello di Rivoli Museum, Italia; Italy at Frieze, Ambasciata Italiana, Regno Unito; MEDITERRANEA 19 Young Artists Biennale: School of Waters, Repubblica di San Marino; Painting Stone, Villa Lontana, Italia; Throw the Stone and Hide your Hand, Murate Art District, Italia (2021); Premio Combat Prize 2020, Giovanni Fattori Civic Museum, Italia; Premio Zucchelli 2019, Zucchelli Foundation, Italia (2020); Open Tour 2019, Accademia di Belle Arti di Bologna, Italia; Rundgang 2019, Art Academy, Germania, Art White Night, Accademia di Belle Arti di Bologna, Italia (2019); Decoration between history, nature and poetry, Zucchelli Foundation, Italia; Open Tour, Accademia di Belle Arti di Bologna, Italia; Rambling rides, distractions from a destination, P420, Italia; Art white Night, Accademia di Belle Arti di Bologna, Italia; Scrap-Collective, Monumental Complex of Baraccano, Italia; Monsters-phenomena, Monumental Complex of Baraccano, Italia (2018). Tra i riconoscimenti ricevuti si citano: Agitu Ideo Gudeta Fellowship – Performance Act Award (2021); Emilia-Romagna Region Award in support and dissemination of Contemporary Art; 9th edition of the Francesco Fabbri Award for Contemporary Arts (finalista); Premio Combat Prize (menzione d’onore) (2020); Eighth edition of the Francesco Fabbri Award for Contemporary Arts; Zucchelli Prize Scholarship; Tree Time workshop with Massimo Bartolini; Contemporary Minds Prize (finalist) (2019); ArtUp Collectibles Award; Switch The Rules, a cura di Elica and the Ermanno Casoli Foundation (finalista) (2018).

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Victor Fotso Nyie

Scultore

Victor Fotso Nyie è nato nel 1990 a Douala, in Camerun e vive e lavora a Faenza. Nel 2018 ha frequentato il Biennio di Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha frequentato l’Istituito Tecnico Superiore Tonito Emiliani / Diploma di Tecnico Superiore per la progettazione e prototipazione di prodotti ceramici, Faenza, IT nel 2015. La sua ricerca artistica lo porta ad esplorare la varietà e la bellezza umana, senza dimenticare una dimensione spirituale. Crea opere che... richiamano la sua terra d’origine, l’Africa, che si fondono con altre che descrivono metaforicamente il mondo globalizzato in cui viviamo. Ha partecipato a numerose mostre collettive e personali tra cui The Armory show, New York city 2020, Stand P420 gallery,(2020), III Biennale d’Arte don Franco Patruno, a cura di Gianni Ceroli, Museo MAGI ‘900, Pieve di Cento (BO) (2020).To be going to, a cura di Francesca Bertazzoni & Davide Ferri, P420, (2019) Nel 2020 partecipa al progetto Research Residency per BHMF, OCAD University, (Firenze). Vincitore di vari premi tra cui il Premio Roberto Daolio, 2018 la III Biennale d’Arte Don Franco Patruno, Museo MAGI ‘900, Pieve di Cento (BO), (2019). Tra le sue prossime mostre il Museo MAGI ‘900, Pieve di Cento (BO), IT (solo) (2020) e la Biennale del Mediterraneo, Repubblica di San Marino (2020).

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Emmanuel Yoro

Visual artist

Emmanuel Yoro è un artista visivo italiano di origine ivoriana che lavora tra Vicenza e Milano. Adottando una pratica artistica che abbraccia collage, design, moda, grafica e fotografia, scompone in immagini le questioni delle molteplici sfaccettature della sua identità culturale e le diverse sfumature della queerness.

Una sensibilità afro-diasporica e un’estetica cruda e monocromatica caratterizzano la sua ricerca e la sua recente produzione artistica, sempre nel tentativo... di una più ampia ridefinizione del sé che dimora nel simposio tra passato e presente, tra memoria e immaginazione.

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