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OPEN MAD

 

Murate Art District collabora ogni anno con centinaia di artisti nazionali e internazionali a progetti artistici, performativi, fotografici, rendendo partecipe la cittadinanza e la comunità dell’intenso lavoro di ricerca che viene svolto nella nostra città.

MAD apre le porte dal 23 al 27 ottobre 2024: incontri, riflessioni, performance, talk e convegni. Cinque giornate all’insegna della condivisione tra artisti, curatori e pubblico, per prendere parte alla quotidianità di MAD, davanti e dietro le quinte, approfondendo il tema della cura.

 

OPEN MAD

 

Murate Art District collabora ogni anno con centinaia di artisti nazionali e internazionali a progetti artistici, performativi, fotografici, rendendo partecipe la cittadinanza e la comunità dell’intenso lavoro di ricerca che viene svolto nella nostra città.

MAD apre le porte dal 23 al 27 ottobre 2024: incontri, riflessioni, performance, talk e convegni. Cinque giornate all’insegna della condivisione tra artisti, curatori e pubblico, per prendere parte alla quotidianità di MAD, davanti e dietro le quinte, approfondendo il tema della cura.

 

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Bando residenza d'artista

Periodo settembre - ottobre 2024

Bando residenza d'artista

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Welcome to Barerarerungar

curated by Valentina Gensini and Renata Summo O'Connell

Welcome to Barerarerungar

Maree Clarke

12 apr – 28 lug 2024

a cura di Valentina Gensini e Renata Summo O’Connell

 

Inaugurazione venerdì 12 aprile
ore 17:00 Museo di Antropologia e Etnologia
ore 18:00 MAD Murate Art District

 

Maree Clarke, discendente dei Mutti Mutti, Yorta Yorta, Wamba Wamba e Boon Wurrung, è un’artista indigena australiana che, celebrando la continuità con la sua cultura e la sua storia, apre spazi artistici innovativi tra riappropriazione del patrimonio culturale nativo e sensibilità ecologica. Con il suo progetto espositivo dal titolo Welcome to Barerarerungar, prima monografica in una istituzione pubblica europea, l’artista presenta opere site-specific realizzate nel corso della residenza presso MAD, opere magistrali nel suo percorso e installazioni sulle facciate delle antiche carceri del Complesso delle Murate, avviando una conversazione con la storia coloniale europea attraverso un’imponente opera che abita il cuore d



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Welcome to Barerarerungar

Maree Clarke

12 apr – 28 lug 2024

a cura di Valentina Gensini e Renata Summo O’Connell

 

Inaugurazione venerdì 12 aprile
ore 17:00 Museo di Antropologia e Etnologia
ore 18:00 MAD Murate Art District

 

Maree Clarke, discendente dei Mutti Mutti, Yorta Yorta, Wamba Wamba e Boon Wurrung, è un’artista indigena australiana che, celebrando la continuità con la sua cultura e la sua storia, apre spazi artistici innovativi tra riappropriazione del patrimonio culturale nativo e sensibilità ecologica. Con il suo progetto espositivo dal titolo Welcome to Barerarerungar, prima monografica in una istituzione pubblica europea, l’artista presenta opere site-specific realizzate nel corso della residenza presso MAD, opere magistrali nel suo percorso e installazioni sulle facciate delle antiche carceri del Complesso delle Murate, avviando una conversazione con la storia coloniale europea attraverso un’imponente opera che abita il cuore del Museo Antropologico.

Le installazioni esposte presso MAD Murate Art District attivano un dialogo con la cittadinanza e il fiume mentre le opere in mostra al Museo di Antropologia e Etnologia ci osservano dal museo stesso come per riappropriarsi della storia dell’Oceania, rappresentata dai preziosi reperti custoditi dall’Istituzione museale.

Il lavoro multimediale di Maree Clarke esprime in modo innovativo il profondo desiderio dell’artista di riconnettersi alle pratiche perdute delle popolazioni indigene del sud-est australiano. L’approccio proposto genera uno spazio aperto alla condivisione della sua pratica artistica, secondo una collaborazione intergenerazionale volta a riattivare una conoscenza culturale partecipata.

La produzione dell’artista a Firenze è iniziata lungo l’Arno, con la realizzazione di collane di canne fluviali, simbolo di passaggio sicuro e amicizia nella tradizione indigena australiana, e infatti indossate come protezione nei viaggi tribali. In questo senso la loro presenza nell’esposizione fiorentina acquisisce un significato simbolico. Il recupero di tale pratica ancestrale, in cui le canne sono tinteggiate e intrecciate con piume, collega il fiume Arno e la sua città a una cultura lontana, attraversando epoche ed emisferi, in un atto generoso di benvenuto.

In questo modo, ancora una volta, l’arte di Maree Clarke riesce a onorare temi dolorosi come la terra perduta, le pratiche culturali e i linguaggi scomparsi, aprendo contemporaneamente il suo ricco mondo al pubblico, in un invito gentile volto a imparare, comprendere e rispettare le tradizioni della cultura antichissima dei popoli nativi australiani.

L’artista, premiata nel 2023 da Creative Victoria, Australian Centre for Contemporary Art (ACCA) e TarraWarra Museum of Art con il prestigioso Yalingwa Fellowship, rappresenta oggi un punto di riferimento nella cultura contemporanea australiana, contemperando linguaggi visivi molto attuali con il prezioso recupero di tradizioni e memorie ancestrali.

La mostra, curata da Valentina Gensini e Renata Summo O’Connell, è organizzata da Mus.e nell’ambito del Progetto RIVA e del Progetto Fuori Sede, in occasione del centenario dell’Ateneo fiorentino, ed è realizzata con il contributo dell’Università di Firenze e della Fondazione CR Firenze, con il patrocinio del Comune di Firenze e di Rai Toscana, con la media partnership de La Nazione e di Rai Cultura e la collaborazione di Artegiro e Vivien Anderson Gallery.

 

 

Per maggiori informazioni
055 2476873
info.mad@musefirenze.it

Welcome to Barerarerungar

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Maree Clarke

Maree Clarke è nata nel 1961, Wamba Wamba/Latji Latji/Wadi Wadi Country, Swan Hill, Victoria. L’artista, premiata da Creative Victoria, Australian Centre for Contemporary Art (ACCA), and Tarra Warra Museum of Art, con il prestigioso Yalingwa Fellowship 2023, per la sua capacità di dar voce alle pratiche native tradotte in uno straordinario linguaggio artistico contemporaneo. Il suo continuo desiderio di affermare e riconnettersi con il proprio patrimonio culturale l’ha vista rivitalizzare i tradizionali mantelli di pelle di opossum e i disegni contemporanei delle collane usando canne di fiume, denti di canguro e aculei di echidna. Le sue installazioni multimediali tra cui fotografia, scultura e video esplorano ulteriormente le tradizionali cerimonie e rituali dei suoi antenati, in alcuni casi quasi completamente perduti. Infatti, ha una passione per la rinascita e la condivisione di elementi della cultura indigena che sono stati persi – o che giacciono dormienti – com

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Maree Clarke è nata nel 1961, Wamba Wamba/Latji Latji/Wadi Wadi Country, Swan Hill, Victoria. L’artista, premiata da Creative Victoria, Australian Centre for Contemporary Art (ACCA), and Tarra Warra Museum of Art, con il prestigioso Yalingwa Fellowship 2023, per la sua capacità di dar voce alle pratiche native tradotte in uno straordinario linguaggio artistico contemporaneo. Il suo continuo desiderio di affermare e riconnettersi con il proprio patrimonio culturale l’ha vista rivitalizzare i tradizionali mantelli di pelle di opossum e i disegni contemporanei delle collane usando canne di fiume, denti di canguro e aculei di echidna. Le sue installazioni multimediali tra cui fotografia, scultura e video esplorano ulteriormente le tradizionali cerimonie e rituali dei suoi antenati, in alcuni casi quasi completamente perduti. Infatti, ha una passione per la rinascita e la condivisione di elementi della cultura indigena che sono stati persi – o che giacciono dormienti – come conseguenza della colonizzazione. Clarke registra meticolosamente i materiali che raccoglie per ogni opera in modo che le generazioni future possano studiarli e apprezzarli. Insegna anche le pratiche che ha appreso dalla sua famiglia e dai gruppi del mob, cioè del suo gruppo familiare esteso, per cui tuttora è un riferimento fondamentale. Con più di tre decenni di produzione artistica alle spalle, il lavoro di Maree consiste in una pratica multidisciplinare che include fotografia, incisione, scultura, gioielleria, video, vetro e altri media. Maree è nota per il suo approccio aperto e collaborativo alla pratica culturale. Lavora costantemente nella collaborazione intergenerazionale per far rivivere la conoscenza culturale ancestrale dormiente e utilizza la tecnologia per portare un nuovo pubblico alle arti indigene dell’Oceania contemporanea.

INGRATE ETS PRESENTA

LA GRANDE OCCASIONE

audio/video, 18 minuti circa

 

Mercoledì 21 marzo ore 17:30

 

 

Questa Partitura audiovideo per un’opera futura prende le mosse dagli studi intorno alla morte alla coscienza e al fine vita indagati durante il primo corso di specializzazione postuniversitario multidisciplinare dell’Università di Pisa relativo a questi temi. Il lavoro rappresenta, quindi, una sintesi aperta, artistica e transdisciplinare degli insegnamenti del percorso di studio, e vuole essere al contempo una traccia/partitura per un lavoro di teatro musicale e un primo spunto di riflessione e ispirazione per nuovi percorsi di cura e di ampliamento epistemologico e spirituale sul tema della morte.

Il cortometraggio audio-video, in cui immagini testi e musica si integrano in un racconto dalla narrativa espansa, include alcune scene (le “sepolture”) dalla performance Dreams About Dying presentata nel 2023 da Marta Capaccioli e Lucrezia Palandri: una tessitu

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INGRATE ETS PRESENTA

LA GRANDE OCCASIONE

audio/video, 18 minuti circa

 

Mercoledì 21 marzo ore 17:30

 

 

Questa Partitura audiovideo per un’opera futura prende le mosse dagli studi intorno alla morte alla coscienza e al fine vita indagati durante il primo corso di specializzazione postuniversitario multidisciplinare dell’Università di Pisa relativo a questi temi. Il lavoro rappresenta, quindi, una sintesi aperta, artistica e transdisciplinare degli insegnamenti del percorso di studio, e vuole essere al contempo una traccia/partitura per un lavoro di teatro musicale e un primo spunto di riflessione e ispirazione per nuovi percorsi di cura e di ampliamento epistemologico e spirituale sul tema della morte.

Il cortometraggio audio-video, in cui immagini testi e musica si integrano in un racconto dalla narrativa espansa, include alcune scene (le “sepolture”) dalla performance Dreams About Dying presentata nel 2023 da Marta Capaccioli e Lucrezia Palandri: una tessitura gestuale incarnata, reinterpretata e ricomposta per La grande occasione.

“La grande occasione” nella cultura tibetana è la morte, considerata non come una fine ma come un passaggio, un trasferimento verso livelli di coscienza sconosciuti ed espansi, verso una dimensione completa ed ineffabile di cui la vita è semplice preparazione. Tuttavia, al di là del rimosso progressivamente operato dalla società occidentale, che vede il suo apice nel ventesimo secolo (il secolo breve, ma anche il secolo del sé, citando rispettivamente Eric Hobsbawm e Alan Curtis), dove la morte è assimilata principalmente alla malattia, al dolore, alla violenza e alla mancanza, nel nuovo millennio gli studi sulla coscienza da un punto di vista fisico, filosofico, sociale e spirituale stanno operando una rivoluzione profonda e carsica, ancora non assimilata dal mainstream e dagli approcci riduzionisti (e tanto meno dai sistemi politici), che ci conduce a riconsiderare l’umanità, la vita e la morte in una possibile relazione ampliata, rivista e corretta con la natura e il trascendente, oltre il logos e fuori dal sé.

Questo lavoro di INGRATE ETS propone un dialogo e tenta di aprire un piccolo varco critico e poetico in questa direzione.

 

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Stephan Zimmerli. Studiolo dell’esilio

a cura di Valentina Gensini 

 

Inaugurazione 16 maggio 2024 ore 17.30

 

Giovedì 16 maggio 2024 inaugura l’installazione di Stephan Zimmerli, vincitore del bando per residenze d’artista 2024, dedicata alla memoria collettiva di migranti, esiliati e viaggiatori

 

Studiolo dell’esilio è il progetto che l’artista visivo Stephan Zimmerli ha sviluppato durante la sua residenza presso MAD Murate Art District. Dedicato alla memoria collettiva dei cittadini arrivati a Firenze a causa di migrazioni, esili, trasferimenti volontari o ineludibili, il progetto raccoglie i ricordi che alcuni cittadini del mondo, partecipanti al progetto, hanno voluto condividere con l’artista. Questi racconti, materializzati nei disegni dell’artista, restituiscono una collezione di memorie, materiche e organiche, che vengono riunite all’interno di un’architettura effimera costruita nella sala Laura Orvieto di MAD Murate Art Distric

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Stephan Zimmerli. Studiolo dell’esilio

a cura di Valentina Gensini 

 

Inaugurazione 16 maggio 2024 ore 17.30

 

Giovedì 16 maggio 2024 inaugura l’installazione di Stephan Zimmerli, vincitore del bando per residenze d’artista 2024, dedicata alla memoria collettiva di migranti, esiliati e viaggiatori

 

Studiolo dell’esilio è il progetto che l’artista visivo Stephan Zimmerli ha sviluppato durante la sua residenza presso MAD Murate Art District. Dedicato alla memoria collettiva dei cittadini arrivati a Firenze a causa di migrazioni, esili, trasferimenti volontari o ineludibili, il progetto raccoglie i ricordi che alcuni cittadini del mondo, partecipanti al progetto, hanno voluto condividere con l’artista. Questi racconti, materializzati nei disegni dell’artista, restituiscono una collezione di memorie, materiche e organiche, che vengono riunite all’interno di un’architettura effimera costruita nella sala Laura Orvieto di MAD Murate Art District.

 

Una scenografia in legno – analoga a quella di uno studiolo rinascimentale – in cui ornamenti e decorazioni corrispondono alla manifestazione di un mondo invisibile, uno spazio mentale costituito da parole e ricordi, tradotti in immagini e rivitalizzati dal segno grafico dell’artista.

 

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Stephan Zimmerli

Stephan Zimmerli è scenografo, architetto, musicista e artista visivo: da vent’anni sviluppa una pratica transdisciplinare al crocevia tra teatro, architettura, musica e arti visive, con il pensiero della mano come collegamento centrale tra questi campi d’azione. Il disegno si sviluppa lì come pratica costante, strutturata quotidianamente in quaderni che costituiscono la base di una personale arte della memoria, una “mnemotopia” imperniata su temi precisi: il tempo, la reminiscenza, l’atmosfera.

Diplomato all’Ecole des Arts Décoratifs de Paris e alla Scuola di Architettura di Parigi-Belleville, Stephan Zimmerli ha completato i suoi studi presso l’Accademia di Architettura di Mendrisio nella Svizzera italiana, nello studio dell’architetto Peter Zumthor.

Nel 1995, come contrabbassista-chitarrista, ha fondato con Arthur Gillette, Thomas Puéchavy, Charles Carmignac e Rosemary Standley il gruppo musicale Moriarty – con il quale ha regis

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Stephan Zimmerli è scenografo, architetto, musicista e artista visivo: da vent’anni sviluppa una pratica transdisciplinare al crocevia tra teatro, architettura, musica e arti visive, con il pensiero della mano come collegamento centrale tra questi campi d’azione. Il disegno si sviluppa lì come pratica costante, strutturata quotidianamente in quaderni che costituiscono la base di una personale arte della memoria, una “mnemotopia” imperniata su temi precisi: il tempo, la reminiscenza, l’atmosfera.

Diplomato all’Ecole des Arts Décoratifs de Paris e alla Scuola di Architettura di Parigi-Belleville, Stephan Zimmerli ha completato i suoi studi presso l’Accademia di Architettura di Mendrisio nella Svizzera italiana, nello studio dell’architetto Peter Zumthor.

Nel 1995, come contrabbassista-chitarrista, ha fondato con Arthur Gillette, Thomas Puéchavy, Charles Carmignac e Rosemary Standley il gruppo musicale Moriarty – con il quale ha registrato 5 album e una serie di colonne sonore per il cinema e il teatro, tenendo più di 800 concerti in giro per il mondo, durante dieci anni di tournée. Assicura inoltre la direzione artistica (grafica, clip, identità visiva, fotografie) della loro etichetta indipendente Air Rytmo.

Dal 1999, Stephan Zimmerli ha collaborato anche con il regista e scenografo Marc Lainé a più di 80 progetti teatrali tra Francia, Svizzera, Belgio e Canada (Théâtre de la Bastille, Chaillot, Croix-Rousse & Opéra de Lyon, Espace GO a Montréal, Vidy-Lausanne, Théâtre et Opéra de Liège…) prima di unirsi ai complessi artistici del C.D.N. di Valence e Caen come artista associato.

Parallelamente, sviluppa la sua attività di architetto indipendente, attraverso progetti che uniscono musica e spazio (Mostra “Doisneau & la Musique” alla Philharmonie de Paris, Studiolo “Klein Leberau” per il musicista Rodolphe Burger…), il tutto insegnando il progetto architettonico e il “pensare con mano” in diverse scuole europee: University of East London, Scuole di Architettura di Paris-Belleville & Rennes, ENSAD, Universität Liechtenstein, Accademia di Architettura di Mendrisio (Università della Svizzera Italiana).

Il lavoro di Stephan Zimmerli è stato esposto a Londra (Sketch & Caravanserail galleries), Parigi (Galerie &Co119, Studio de la Comédie Française, Scuderie di Versailles, Consulat Voltaire) e Firenze (“Studiolo dell’Esilio” al Murate Art District). Attualmente si sta evolvendo verso una pratica unica di performance artistiche mnemoniche, in installazioni spaziali e sonore dove il disegno è lo strumento centrale di narrazione e materializzazione della memoria.

Bando residenze d'artista

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Bando residenza d'artista

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Trying to Grow Wings

Parole di Ana Vujovic, Renata Summo O'Connell, Valentina Gensini

Trying to Grow Wings

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Trying to Grow Wings

Ana Vujovic
a cura di Renata Summo O'Connell

Trying to Grow Wings

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De-clouding

Giulio Saverio Rossi

De-clouding

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ARGO

Residenza artistica di Jacopo Baboni Schilingi

La residenza d’artista di Jacopo Baboni Schilingi, parte del nuovo ciclo del Progetto RIVA e iniziata nel settembre 2021, si svilupperà lungo l’arco di 12 mesi durante i quali Baboni Schilingi soggiornerà a intervalli regolari a Firenze, avendo a disposizione uno studio personale a MAD.

La sua presenza sarà però costante, anche durante la sua assenza: attraverso il dispositivo ARGO, infatti, in uno spazio a lui dedicato affacciato sulla sala Ketty La Rocca, i visitatori potranno vedere e seguire l’artista nella sua quotidianità. ARGO è un’installazione sonora e video che accompagnerà tutta la vita di Baboni Schilingi, traducendo in forma organica e in paesaggio sonoro il suo respiro e alcuni parametri vitali misurati 24 ore su 24, 7 giorni su 7, attraverso uno speciale dispositivo. Un computer dedicato e un algoritmo monitorano costantemente i dati in entrata: lunghezza e frequenza del respiro, espansione e compressione della gabbia toracica, ecc. I dati

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La residenza d’artista di Jacopo Baboni Schilingi, parte del nuovo ciclo del Progetto RIVA e iniziata nel settembre 2021, si svilupperà lungo l’arco di 12 mesi durante i quali Baboni Schilingi soggiornerà a intervalli regolari a Firenze, avendo a disposizione uno studio personale a MAD.

La sua presenza sarà però costante, anche durante la sua assenza: attraverso il dispositivo ARGO, infatti, in uno spazio a lui dedicato affacciato sulla sala Ketty La Rocca, i visitatori potranno vedere e seguire l’artista nella sua quotidianità. ARGO è un’installazione sonora e video che accompagnerà tutta la vita di Baboni Schilingi, traducendo in forma organica e in paesaggio sonoro il suo respiro e alcuni parametri vitali misurati 24 ore su 24, 7 giorni su 7, attraverso uno speciale dispositivo. Un computer dedicato e un algoritmo monitorano costantemente i dati in entrata: lunghezza e frequenza del respiro, espansione e compressione della gabbia toracica, ecc. I dati trasmessi e interpretati in diretta dal sensore che l’artista indossa, creano una simbiosi tra tecnologia e parametri vitali permettendoci di visualizzare e comprendere una versione esistenziale del presente. Attraverso la conversione di questi dati in funzioni semantiche, ARGO genera musica e immagini senza fine.

Gli appuntamenti che cadenzeranno questa residenza sono molteplici e prevedono, oltre all’installazione che investirà gli spazi di MAD e del Terzo Giardino nel settembre 2022 e che chiuderà questo percorso di Jacopo Baboni Schilingi e Murate Art District, momenti di formazione destinati agli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze e del Conservatorio Cherubini e la riproposizione di grandi performance della sua lunga carriera.
Il 4 novembre Jacopo Baboni Schilingi incontra la cittadinanza per presentare ARGO al MAD, alle ore 17:30.
Il 5 novembre, alle ore 18:00, invece verrà eseguita in anteprima italiana al Cinema La Compagnia, la pièce Cinere [une partie d’Alias- hommage au statut des femmes], di Elsa Revcolevschi e Jacopo Baboni Schilingi.

 

La mia estetica si ispira all’umano: le sue relazioni razionali, emotive e fisiologiche. Ma anche all’umano come rete di regimi sociali reali e virtuali. Noi umani siamo esseri linguistici, dotati di linguaggio. Abbiamo inventato diverse forme scrittura grazie alle quali lasciamo delle tracce per l’alterità. Queste tracce, a differenza degli altri animali del nostro pianeta, hanno una grande longevità, a volte millenaria, che supera la durata della nostra esistenza e che permette di mettere in relazione generazioni molto lontane nel tempo tra di loro. Quando un umano lascia una traccia ripone in essa l’intenzionalità di un dialogo con l’altro; un altro umano. Io chiamo « bellezza » questa intenzionalità al dialogo. Il dialogo è quella capacità umana [non animale, tanto meno vegetale] che permette di andare oltre l’istinto, la tassia, il gesto. Il dialogo è la capacità umana di creare almeno una ipotesi [spesso sono molteplici] che ha come fine la comprensione tra almeno due individui. Due umani. Tu mi parli o mi scrivi [mi lasci una traccia] ed io capisco [credo di capire] quello che mi vuoi trasmettere. E nel capire, nel comprendere, c’è tutto l’abisso della bellezza. Poiché nessuno può definire completamente la comprensione dell’altro. In questo senso, la bellezza naturale non esiste. In natura non c’è dialogo, c’è comunicazione. Le piante comunicano. Gli animali anche. Anche i fiumi con i laghi, e laghi con altri fiumi comunicano: i famosi « vasi comunicanti », ma non è dialogo. Le stelle, gli astri, comunicano, ma non è dialogo. Il dialogo è basato sul linguaggio ed il linguaggio [il verbo] è umano. La bellezza è quella relazione tra un artefatto intenzionale [voluto e creato dall’umano] e un altro umano. O l’ipotesi di un altro. La bellezza è quella tensione « scritta » e firmata [nel senso di fermata, come firmamento] dall’umano. E in quella « scritta », la firma, risiede tutta l’intenzionalità dell’umano. La potenza è uno scambio di energia. Senza due polarità non c’è potenza. La potenza esiste solo come relazione tra due [o più] polarità. Allora la bellezza, nella sua intenzionalità, è la potenza [come scambio di energia] tra due o più umani. Più una « cosa » risulta bella, più di fatto è potente nella sua intenzionalità di dialogo. 

Jacopo Baboni Schilingi

 

La residenza di Jacopo Baboni Schilngi, curata da Renata Summo O’Connell e Valentina Gensini, è finanziata da ANCI e da Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale, all’interno di LUMEN- Progetto RIVA, ideato e prodotto da MAD, in collaborazione con Artegiro Contemporary Art, Institut Francais, Accademia di Belle Arti di Firenze, Conservatorio Luigi Cherubini.

 

 


ARGO

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If the wind blows in Florence...?

Presentazione della mostra
30 giugno 2021

Credits Kor D.L. O'Connell 2021
If the wind blows in Florence...?

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If the wind blows in Florence...?

Workshop al MAD
15 giugno 2021

Credits Kor D.L. O'Connell 2021
If the wind blows in Florence...?

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If the wind blows in Florence...?

Mostra dell'artista giapponese Mariko Hori, in collaborazione con Artegiro Contemporary Art e Ailae

If the wind blows in Florence…? è una indagine artistica di Mariko Hori, artista giapponese basata a Amsterdam, sul rapporto tra linguaggio e storia, partendo da un antico proverbio giapponese che propone una sorta di profezia sociale, dove “i bottai si arricchirebbero se il vento soffia”. Il proverbio suggerisce che nella storia, incluso la nostra presente, si creano reazioni a catena tra eventi inattesi, sottolineando il ruolo dell’umanità in tali eventi. Nell’antica società giapponese, tale reazione a catena di cause e effetti portava a un vantaggio utilitaristico: il profitto per la categoria dei bottai.

Nella visione dell’artista però, questo proverbio ha illuminato il collegamento tra la potenza della natura e la socialità umana, il modo in cui l’umanità interpreta l’influenza della natura sulla vita della collettività, alterata e condizionata dall’elemento naturale, imprevedibile e imponderabile.

L’esperienza della recen

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If the wind blows in Florence…? è una indagine artistica di Mariko Hori, artista giapponese basata a Amsterdam, sul rapporto tra linguaggio e storia, partendo da un antico proverbio giapponese che propone una sorta di profezia sociale, dove “i bottai si arricchirebbero se il vento soffia”. Il proverbio suggerisce che nella storia, incluso la nostra presente, si creano reazioni a catena tra eventi inattesi, sottolineando il ruolo dell’umanità in tali eventi. Nell’antica società giapponese, tale reazione a catena di cause e effetti portava a un vantaggio utilitaristico: il profitto per la categoria dei bottai.

Nella visione dell’artista però, questo proverbio ha illuminato il collegamento tra la potenza della natura e la socialità umana, il modo in cui l’umanità interpreta l’influenza della natura sulla vita della collettività, alterata e condizionata dall’elemento naturale, imprevedibile e imponderabile.

L’esperienza della recente pandemia, con il suo carattere di catastrofe globale, invita a una nuova apertura e rispetto per l’equilibrio della natura, così come alla realizzazione di un profondo punto di contatto tra gli esseri umani e tutte le creature viventi.

L’installazione di Mariko Hori, curata da Renata Summo-O’Connell, ha incluso la partecipazione diretta di cittadini fiorentini che hanno risposto al suo invito disseminato via Instagram e ai giovani artisti Grazie ad una partnership con l’Accademia di Belle Arti, a immaginarsi una possibile continuazione dell’incipit ” Cosa accade se il vento soffia a Firenze?”.

Nelle sale e nelle celle al primo piano del MAD, immagini, suoni e parole, che il pubblico potrà udire e leggere, trascritte, invitano a partecipare in questa riflessione collettiva che Mariko Hori articola, sala dopo sala, creando e ricreando atmosfere e esperienze sensoriali con una particolare attenzione agli spazi tra gli spazi, il tempo tra i tempi, una costante nel lavoro artistico dell’artista.

Il lavoro è stato sviluppato in preparazione e durante il periodo di residenza artistica presso MAD Murate Art District, ispirato e nutrito dalla natura, la cultura e dal linguaggio vivo, in una Firenze che rinasce, in una era che è indubbiamente nuova.

” If the wind blows in Florence…” apre al pubblico il 30 giugno e sarà visitabile fino al 4 settembre 2021.

Per meglio comprendere i contenuti e le peculiarità della mostra è previsto un programma di visite guidate gratuite – che andrà avanti fino alla fine del mese – curate da un gruppo di studentesse dell’Accademia di Belle Arti, formate direttamente da Mariko Hori, Renata Summo O’Connell e dalla direttrice artistica di MAD, Valentina Gensini.
Si comincia mercoledì 7 luglio, per poi proseguire l’8, 9, 14, 15, 16, 20, 21, 22, 23, 27, 28, 29 e infine il 30 luglio, sempre con un doppio orario, alle 17:30 e alle 18:30.

In collaborazione con Artegiro Contemporary Art, Ailae, Villa Romana e Numeroventi.
La mostra rientra all’interno del progetto Citizens, Fondazione CRF, in partnership con ABI Firenze.

Opening 30 giugno: dalle 14.30 alle 19.30 mostra aperta con prenotazione obbligatoria; 17.30 talk con l’artista Mariko Hori e la curatrice Renata Summo O’Connell e Valentina Gensini con prenotazione obbligatoria

 

If the wind blows in Florence...?

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Lee Campbell

“In maggiore o minore misura, fin dalla laurea nel 1996, il mio principale medium artistico sono state le altre persone. Io adopero la gente per esaminare le questioni dell’arte, e l’arte per rivelare l’oggettività nelle persone. Credo che questo rapporto vada ben oltre la semplice partecipazione/collaborazione per porre interrogativi su cose quali la comunicazione, il giudizio, l’impatto sullo spettatore, il comportamento, il cambiamento”.

“In maggiore o minore misura, fin dalla laurea nel 1996, il mio principale medium artistico sono state le altre persone. Io adopero la gente per esaminare le questioni dell’arte, e l’arte per rivelare l’oggettività nelle persone. Credo che questo rapporto vada ben oltre la semplice partecipazione/collaborazione per porre interrogativi su cose quali la comunicazione, il giudizio, l’impatto sullo spettatore, il comportamento, il cambiamento”.

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Kathryn Ashill

La pratica artistica di Kathryn Ashill è una combinazione di disegno, installazione e performance. Il suo lavoro è fortemente autobiografico e utilizza narrazioni del passato, del presente e del futuro per esplorare le idee proprie come l’esperienza delle persone e dei luoghi.
http://www.kathrynashill.com


La pratica artistica di Kathryn Ashill è una combinazione di disegno, installazione e performance. Il suo lavoro è fortemente autobiografico e utilizza narrazioni del passato, del presente e del futuro per esplorare le idee proprie come l’esperienza delle persone e dei luoghi.
http://www.kathrynashill.com

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If the wind blows in Florence...?

di Mariko Hori, a cura di Renata Summo O'Connell

If the wind blows in Florence...?

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Angelica Pesarini

Docente di Sociologia alla New York University di Firenze

Angelica Pesarini è docente di Sociologia alla New York University di Firenze dove insegna “Black Italia”, un corso dedicato all’analisi delle intersezioni di razza, genere e cittadinanza in Italia. Ha conseguito un dottorato in Sociologia e Studi di Genere in Inghilterra e ha lavorato come docente di Genere, Razza e Sessualità alla Lancaster University prima di tornare in Italia nel 2017. La ricerca di Pesarini si concentra sulla performatività della razza nell’Italia coloniale e post-coloniale e sulla razzializzazione del discorso politico italiano contemporaneo. Pesarini ha precedentemente indagato le relazioni tra identità di genere e attività economiche in alcune comunità rom che vivono a Roma, analizzando le strategie di rischio, la sopravvivenza e le opportunità nel contesto della prostituzione minorile maschile a Roma. Ha pubblicato diversi saggi accademici e ha partecipato a diverse pubblicazioni collettive.

Angelica Pesarini è docente di Sociologia alla New York University di Firenze dove insegna “Black Italia”, un corso dedicato all’analisi delle intersezioni di razza, genere e cittadinanza in Italia. Ha conseguito un dottorato in Sociologia e Studi di Genere in Inghilterra e ha lavorato come docente di Genere, Razza e Sessualità alla Lancaster University prima di tornare in Italia nel 2017. La ricerca di Pesarini si concentra sulla performatività della razza nell’Italia coloniale e post-coloniale e sulla razzializzazione del discorso politico italiano contemporaneo. Pesarini ha precedentemente indagato le relazioni tra identità di genere e attività economiche in alcune comunità rom che vivono a Roma, analizzando le strategie di rischio, la sopravvivenza e le opportunità nel contesto della prostituzione minorile maschile a Roma. Ha pubblicato diversi saggi accademici e ha partecipato a diverse pubblicazioni collettive.

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Black Archive Alliance Volum III

Black History Month Florence 2021

Questa III ° Edizione segna il terzo anno di collaborazione con Murate Art District nel ospitare il progetto Black Archive Alliance e il primo anno di una residenza di lunga durata progettata per favorire la crescita e la continua implementazione della ricerca negli archivi e nelle collezioni di Firenze e d’Italia. L’obiettivo del progetto di ricerca è di mappare e mettere a fuoco i popoli e la storia afrodiscendente e tenere spazio per un’archivio della ricerca di BHMF condivisibile nella sua forma, e nel suo contenuto.

Avviato nel 2018 Black Archive Alliance è un progetto di ricerca e formazione che mira ad evidenziare la ricerca radicata in documenti che riflettono le realtà e le storie di popolazioni africane e della diaspora africana e la loro rappresentazione negli archivi e nelle collezioni pubbliche e private nel contesto italiano.

La prima edizione ha creato una mappa virtuale di questa presenza archivistica nella città di Firenze con un catalogo che mir

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Questa III ° Edizione segna il terzo anno di collaborazione con Murate Art District nel ospitare il progetto Black Archive Alliance e il primo anno di una residenza di lunga durata progettata per favorire la crescita e la continua implementazione della ricerca negli archivi e nelle collezioni di Firenze e d’Italia. L’obiettivo del progetto di ricerca è di mappare e mettere a fuoco i popoli e la storia afrodiscendente e tenere spazio per un’archivio della ricerca di BHMF condivisibile nella sua forma, e nel suo contenuto.

Avviato nel 2018 Black Archive Alliance è un progetto di ricerca e formazione che mira ad evidenziare la ricerca radicata in documenti che riflettono le realtà e le storie di popolazioni africane e della diaspora africana e la loro rappresentazione negli archivi e nelle collezioni pubbliche e private nel contesto italiano.

La prima edizione ha creato una mappa virtuale di questa presenza archivistica nella città di Firenze con un catalogo che mira a supportare la ricerca futura e a fornire prospettive di lettura e analisi storica alternative. La seconda edizione, realizzata tra settembre 2019 e febbraio 2020 è basata su un tutoraggio tra ricercatori e studiosi che risiedono a Firenze con studenti internazionali legati a diverse discipline e istituzioni.

La terza edizione nasce da una collaborazione tra un gruppo di cinque ricercatori afrodiscendenti in diversi campi che hanno lavorato “in tandem” con gli artisti della prima edizione YGBI Research Residency. Lavorando a coppie, attraverso un approccio sperimentale basato sul dialogo e lo scambio, hanno esplorato archivi tangibili e intangibili radicati in Italia. Fornendo una contestualizzazione e una più ampia riflessione sulle opere d’arte prodotte dai membri di YGBI, il progetto intende riflettere su modi alternativi di attivare e presentare la ricerca basata su archivi, al di là della sfera accademica. I testi integrali prodotti dai ricercatori, sviluppati in collaborazione con Archive Books, saranno presenti nell’ultima pubblicazione di Archive Journal che sarà presentata il 24 febbraio alle ore 17. Nell’ambito di questa apertura espositiva, presentiamo la nostra collaborazione con Postcolonial Italy, che introduce questo progetto di mapping all’interno del nostro spazio espositivo.

A cura di BHMF con Alessandra Ferrini
In collaborazione con Archive Books, Museo MA*GA e Villa Romana
MAD Murate Art District _Emeroteca

Ricercatori: Simao Amista, Jessica Sartiani, Angelica Pesarini, Jordan Anderson, Patrick Joel Tatcheda Yonkeu

Black Archive Alliance Volum III

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Justin Randolph Thompson

co-fondatore e direttore Black History Month Florence

Justin Randolph Thompson è un artista dei nuovi media, facilitatore culturale ed educatore nato a Peekskill, NY nel ’79. Vive tra l’Italia e gli Stati Uniti dal 1999, Thompson è co-fondatore e direttore del Black History Month Florence, un’esplorazione sfaccettata delle culture diasporiche africane e africane nel contesto dell’Italia fondata nel 2016.
Thompson ha ricevuto il Louise Comfort Tiffany Award, il Franklin Furnace Fund Award, il Visual Artist Grant della Fundacion Marcelino Botin, due Foundation for Contemporary Arts Emergency Grants, una Jerome Fellowship dal Franconia Sculpture Park e una Emerging Artist Fellowship dal Socrates Sculpture Park. La sua vita e il suo lavoro cercano di approfondire le discussioni sulla stratificazione socio-culturale e l’organizzazione gerarchica, impiegando comunità temporanee e fugaci come monumenti e promuovendo progetti che collegano l’attivismo sociale del discorso accademico e le strategie di network

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Justin Randolph Thompson è un artista dei nuovi media, facilitatore culturale ed educatore nato a Peekskill, NY nel ’79. Vive tra l’Italia e gli Stati Uniti dal 1999, Thompson è co-fondatore e direttore del Black History Month Florence, un’esplorazione sfaccettata delle culture diasporiche africane e africane nel contesto dell’Italia fondata nel 2016.
Thompson ha ricevuto il Louise Comfort Tiffany Award, il Franklin Furnace Fund Award, il Visual Artist Grant della Fundacion Marcelino Botin, due Foundation for Contemporary Arts Emergency Grants, una Jerome Fellowship dal Franconia Sculpture Park e una Emerging Artist Fellowship dal Socrates Sculpture Park. La sua vita e il suo lavoro cercano di approfondire le discussioni sulla stratificazione socio-culturale e l’organizzazione gerarchica, impiegando comunità temporanee e fugaci come monumenti e promuovendo progetti che collegano l’attivismo sociale del discorso accademico e le strategie di networking del fai da te in incontri annuali e biennali, condivisione e gesti di collettività.

Simao Amista

Antropologo

Simao Amista è un antropologo di origine italo-afro-brasiliana. Studioso di religioni e filosofie spirituali africane e afrodiscendenti, lavora da anni nel campo dell’ospitalità e dell’educazione.

Simao Amista è un antropologo di origine italo-afro-brasiliana. Studioso di religioni e filosofie spirituali africane e afrodiscendenti, lavora da anni nel campo dell’ospitalità e dell’educazione.

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Patrick Joël Tatcheda Yonkeu

Giornalista di moda e cultura e direttore creativo

Patrick Joël Tatcheda Yonkeu è nato in Camerun nel 1985, vive e lavora a Bologna. Si trasferisce in Italia nel 2009 dove ottiene una borsa di studio per l’Accademia di Belle Arti di Bologna e ottiene un Master in Arti Visive nel 2016 con un progetto di ricerca sul tema dello Zen nelle arti. Il suo interesse per la metafisica rimane la base della sua pratica, che riguarda il rapporto tra gli esseri umani e la natura e il nostro posto nell’universo, e cerca forme di spiritualità più adatte ai nostri tempi. La sua ricerca si basa sull’idea dell’esistenza come un flusso armonico il cui equilibrio deve essere preservato e fa spesso riferimento ai temi della vita e della morte, del visibile e dell’invisibile e dell’energia nelle sue infinite forme. Approfondisce questa ricerca attraverso numerose collaborazioni tra Africa e Italia e creando seminari di pittura interculturale con scuole e associazioni dell’Emilia-Romagna.

Nato e cresciuto a Kingst

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Patrick Joël Tatcheda Yonkeu è nato in Camerun nel 1985, vive e lavora a Bologna. Si trasferisce in Italia nel 2009 dove ottiene una borsa di studio per l’Accademia di Belle Arti di Bologna e ottiene un Master in Arti Visive nel 2016 con un progetto di ricerca sul tema dello Zen nelle arti. Il suo interesse per la metafisica rimane la base della sua pratica, che riguarda il rapporto tra gli esseri umani e la natura e il nostro posto nell’universo, e cerca forme di spiritualità più adatte ai nostri tempi. La sua ricerca si basa sull’idea dell’esistenza come un flusso armonico il cui equilibrio deve essere preservato e fa spesso riferimento ai temi della vita e della morte, del visibile e dell’invisibile e dell’energia nelle sue infinite forme. Approfondisce questa ricerca attraverso numerose collaborazioni tra Africa e Italia e creando seminari di pittura interculturale con scuole e associazioni dell’Emilia-Romagna.

Nato e cresciuto a Kingston Jamaica, Jordan Anderson è un giornalista di moda e cultura e direttore creativo che attualmente vive a Milano. Il suo lavoro spesso esplora anche temi politici dentro e fuori l’industria della moda, inclusi razza, genere, sessualità, identità ed etica culturale. Collabora a diverse pubblicazioni tra cui Document Journal, Teen Vogue, Vogue Italia, The Face e attualmente è online editor e editor-at-large rispettivamente per Twin Magazine e nss magazine.

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Jessica Sartiani

Formatrice ed esperta di caffè

Jessica Sartiani è una formatrice ed esperta di caffè fiorentina. Con un padre italiano e una madre metà filippina e metà afroamericana, è dalle sue origini che inizia il suo viaggio come donna del caffè. Come persona formata, operativa e attenta alle recenti sottoculture del caffè, ha iniziato il suo lavoro in una delle caffetterie pioniere di questo prodotto selezionato, Ditta Artigianale, dieci anni fa, studiando e scoprendo tutto il lavoro che precede il servizio in caffetteria, dando importanza ai paesi produttori. La sua esperienza si è evoluta con l’apertura del primo Speciality coffee in Italia, occupandosi della formazione dei baristi e dei clienti. Ha partecipato a vari concorsi come il Brewers cup, per migliorare il contatto con il pubblico e arricchire il suo background, e ha fatto parte di progetti di formazione in Honduras, Lituania e diverse start-up di caffè locali.

Jessica Sartiani è una formatrice ed esperta di caffè fiorentina. Con un padre italiano e una madre metà filippina e metà afroamericana, è dalle sue origini che inizia il suo viaggio come donna del caffè. Come persona formata, operativa e attenta alle recenti sottoculture del caffè, ha iniziato il suo lavoro in una delle caffetterie pioniere di questo prodotto selezionato, Ditta Artigianale, dieci anni fa, studiando e scoprendo tutto il lavoro che precede il servizio in caffetteria, dando importanza ai paesi produttori. La sua esperienza si è evoluta con l’apertura del primo Speciality coffee in Italia, occupandosi della formazione dei baristi e dei clienti. Ha partecipato a vari concorsi come il Brewers cup, per migliorare il contatto con il pubblico e arricchire il suo background, e ha fatto parte di progetti di formazione in Honduras, Lituania e diverse start-up di caffè locali.

Alexis Peskine

Artist

Dopo una mostra nel 2016 alla 1-54 Contemporary African Art Fair di Londra, Peskine ha tenuto la sua prima mostra personale alla October Gallery nel 2017 e a ha partecipato a fiere d’arte internazionali con la Gallery negli anni successivi.
Parallelamente, nel 2016, l’Institut Francais di Dakar, Senegal ha ospitato Raft of Medusa: Le retour de la vague, una mostra personale delle opere di Peskine.
Nel 2018, i suoi lavori sono stati presentati nella mostra In Their Own Form al Museum of Contemporary Photography, Chicago e nella mostra Second Generation dell’Africa House a New York. Ha ricevuto numerosi premi prestigiosi, tra cui una borsa di studio Fulbright e il premio Hennessy Black Masters Art Competition.
Negli ultimi dieci anni, Peskine ha lavorato con i giovani dei centri urbani in Francia, Senegal e Brasile per creare una serie di pezzi monumentali, il più grande dei quali è stato prodotto in Francia nel 2012. Musei e collezionisti importanti tra cui Peggy Coo


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Dopo una mostra nel 2016 alla 1-54 Contemporary African Art Fair di Londra, Peskine ha tenuto la sua prima mostra personale alla October Gallery nel 2017 e a ha partecipato a fiere d’arte internazionali con la Gallery negli anni successivi.
Parallelamente, nel 2016, l’Institut Francais di Dakar, Senegal ha ospitato Raft of Medusa: Le retour de la vague, una mostra personale delle opere di Peskine.
Nel 2018, i suoi lavori sono stati presentati nella mostra In Their Own Form al Museum of Contemporary Photography, Chicago e nella mostra Second Generation dell’Africa House a New York. Ha ricevuto numerosi premi prestigiosi, tra cui una borsa di studio Fulbright e il premio Hennessy Black Masters Art Competition.
Negli ultimi dieci anni, Peskine ha lavorato con i giovani dei centri urbani in Francia, Senegal e Brasile per creare una serie di pezzi monumentali, il più grande dei quali è stato prodotto in Francia nel 2012. Musei e collezionisti importanti tra cui Peggy Cooper Cafritz; Laurence Graff OBE; il New Britain Museum of American Art, New Britain, USA; The Harvard Art Fogg Museum, Cambridge, USA; Collezione Pizzuti del Columbus Museum of Art, Columbus, USA; e il Museum of Contemporary Photography (MoCP), Chicago, USA, hanno acquisito le opere di Peskine.

Residenza Alexis Peskine

A cura di BHMF in collaborazione con BHMBo, Murate Art District, Numeroventi, Villa Romana e October Gallery

Residenza Alexis Peskine

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In preparazione alla 6a edizione del Black History Month Florence | Residenza Alexis Peskine

A cura di BHMF in collaborazione con BHMBo, MAD, Numeroventi, Villa Romana e October Gallery

In preparazione alla 6a edizione del Black History Month Florence, la residenza e la mostra di Alexis Peskine sono organizzate da BHMF in collaborazione con Murate Art District, Numeroventi, Villa Romana, October Gallery e Black History Month Bologna.

Il progetto supporta l’artista nello sviluppo di una nuova serie di opere in dialogo con la storia afroitaliana. Peskine utilizzerà uno studio presso Murate Art District dal 4 gennaio al 4 febbraio 2020. Le opere risultanti saranno esposte in una mostra a Villa Romana nell’ambito della 6a edizione del Black History Month Florence.

Le opere più emblematiche di Alexis Peskine sono ritratti monumentali a tecnica mista, della diaspora africana, resi attraverso il martellamento di chiodi di diversa misura, con precisione millimetrica, su legno macchiato di caffè e fango. Applicando la foglia d’oro ai chiodi, l’artista crea immagini composite. Ritrae figure di forza e perseveranza, la cui energia ricorda le “figure

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In preparazione alla 6a edizione del Black History Month Florence, la residenza e la mostra di Alexis Peskine sono organizzate da BHMF in collaborazione con Murate Art District, Numeroventi, Villa Romana, October Gallery e Black History Month Bologna.

Il progetto supporta l’artista nello sviluppo di una nuova serie di opere in dialogo con la storia afroitaliana. Peskine utilizzerà uno studio presso Murate Art District dal 4 gennaio al 4 febbraio 2020. Le opere risultanti saranno esposte in una mostra a Villa Romana nell’ambito della 6a edizione del Black History Month Florence.

Le opere più emblematiche di Alexis Peskine sono ritratti monumentali a tecnica mista, della diaspora africana, resi attraverso il martellamento di chiodi di diversa misura, con precisione millimetrica, su legno macchiato di caffè e fango. Applicando la foglia d’oro ai chiodi, l’artista crea immagini composite. Ritrae figure di forza e perseveranza, la cui energia ricorda le “figure di potere” di Minkisi del bacino del Congo, con la loro carica spirituale.
Anche le sue opere video e fotografiche sono sorprendenti.

In preparazione alla 6a edizione del Black History Month Florence | Residenza Alexis Peskine

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Bendetta Manfriani

Artista visiva e cantante | Residenza d'Artista e Progetti

Bendetta Manfriani
Artista visiva e cantante
Bendetta Manfriani

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Benedetta Manfriani su Mediterranea # Habitus/Ethos

Mediterranea # Habitus/Ethos
Installazione multimediale e performativa di Benedetta Manfriani
Sound design Agnese Banti
Performers Coro CONfusion.

Benedetta Manfriani Mediterranea # Habitus/Ethos
Artista visiva e cantante | Residenza d'artista e Progetti
Benedetta Manfriani su Mediterranea # Habitus/Ethos

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Benedetta Manfriani su Togli il tuo piede dalle nostre gole

Artista visiva e cantante | Residenza d'artista e Progetti

Benedetta Manfriani su Togli il tuo piede dalle nostre gole
Artista visiva e cantante | Residenza d'artista e Progetti
Benedetta Manfriani su Togli il tuo piede dalle nostre gole

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L'arte prende casa nelle scuole

Residenza d'artista nelle scuole

Le aule (non utilizzate) diventano atelier e gli artisti offrono laboratori gratuiti ai ragazzi
Il progetto ideato da MAD Murate Art District in collaborazione con l’Assessorato all’istruzione del Comune di Firenze e Regione Toscana, è partito per l’anno scolastico 2018/2019 all’Istituto comprensivo Oltrarno e all’Istituto comprensivo Poliziano. I primi due artisti coinvolti sono stati Rossella Liccione e Francesco Pellegrino

A novembre 2018 ha inaugurato un importante progetto pilota di collaborazione tra artisti del territorio e gli istituti scolastici fiorentini partendo da un progetto della Associazione MUS.E con l’Istituto Comprensivo Oltrarno (Dirigente prof.ssa Paola Salmoiraghi), promosso dal Comune di Firenze (Direzione Istruzione).

L’iniziativa ha visto le strutture scolastiche mettere a disposizione un’aula non utilizzata per accogliere un artista contemporaneo che lavora quotidianamente a scuola. L’artista ospitato, ha offerto un laboratorio gratuito


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Le aule (non utilizzate) diventano atelier e gli artisti offrono laboratori gratuiti ai ragazzi
Il progetto ideato da MAD Murate Art District in collaborazione con l’Assessorato all’istruzione del Comune di Firenze e Regione Toscana, è partito per l’anno scolastico 2018/2019 all’Istituto comprensivo Oltrarno e all’Istituto comprensivo Poliziano. I primi due artisti coinvolti sono stati Rossella Liccione e Francesco Pellegrino

A novembre 2018 ha inaugurato un importante progetto pilota di collaborazione tra artisti del territorio e gli istituti scolastici fiorentini partendo da un progetto della Associazione MUS.E con l’Istituto Comprensivo Oltrarno (Dirigente prof.ssa Paola Salmoiraghi), promosso dal Comune di Firenze (Direzione Istruzione).

L’iniziativa ha visto le strutture scolastiche mettere a disposizione un’aula non utilizzata per accogliere un artista contemporaneo che lavora quotidianamente a scuola. L’artista ospitato, ha offerto un laboratorio gratuito per gli studenti dell’Istituto coinvolgendo di settimana in settimana classi diverse. Il progetto intendeva creare una situazione virtuosa di scambio tra scuole e artisti. Le strutture scolastiche che hanno messo a disposizione aule non utilizzate come studi d’artista, hanno accolto l’artista selezionato ad abitare quotidianamente la scuola e offrire un laboratorio settimanale gratuito per gli studenti.

La condivisione di spazi e ambienti ha creato una relazione tra artista e “abitanti della scuola” siano essi alunni, personale docente, di segreteria o collaboratori scolastici, dando vita ad una piccola comunità sperimentale aperta ad esperienze laboratoriali altamente innovative. Tali esperienze laboratoriali sono state guidate, seguite e monitorate da Mus.e, che ha supportato e incoraggiato progetti inediti e sperimentali.

Durante l’anno scolastico 2019/2020 il progetto è stato implementato portando a cinque il numero delle scuole coinvolte. MAD ha proposto cinque diverse residenze:

Rossella Liccione presso l’Istituto Comprensivo Poliziano
Francesco Pellegrino presso l’Istituto Comprensivo Oltrarno
Fosca presso l’Istituto Comprensivo Pirandello
Casey Kaufmann e Alessandro Cassigoli presso L’Istituto Comprensivo Vespucci
Torrick Ablack, in arte Toxic presso la Scuola Secondaria di primo grado “Dino Compagni”

Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’Assessorato all’Istruzione del Comune di Firenze e Regione Toscana nell’ambito di Toscanaincontemporanea 2018 e Toscanaincontemporanea 2019, con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio Firenze.

L'arte prende casa nelle scuole

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Toxic

Street artist

Nato nel Bronx nel 1965 da famiglia caraibica. Come molti altri ragazzi di quel quartiere turbolento, cercava di esprimere la sua rabbia giovanile attraverso una forma spontanea di affermazione d’identità: disegnando graffiti sui malconci muri di case tutte uguali, plumbee ed anonime o sui vagoni malandati e squallidi della metropolitana. Insieme ad alcuni dei suoi “colleghi” di maggior talento, viene notato e nel momento in cui so lancia il Graffitismo come forma d’arte a pieno titolo, Toxic è nel gruppo dei migliori. Compagno di strada di leggende dell’arte contemporanea come Basquiat, Haring, Rammelzee, A One ed altri, Toxic ha partecipato alla crescita di questa corrente artistica underground che dalle strade più povere della metropoli americana è poi approfata in alcune gallerie famose, transitando anche per la Factory di Andy Warhol, e in innumerevoli mostre museali. Toxic ha continuato a lavorare su tele (e muri), trasferendosi in Europa (Francia e Italia). Protago

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Nato nel Bronx nel 1965 da famiglia caraibica. Come molti altri ragazzi di quel quartiere turbolento, cercava di esprimere la sua rabbia giovanile attraverso una forma spontanea di affermazione d’identità: disegnando graffiti sui malconci muri di case tutte uguali, plumbee ed anonime o sui vagoni malandati e squallidi della metropolitana. Insieme ad alcuni dei suoi “colleghi” di maggior talento, viene notato e nel momento in cui so lancia il Graffitismo come forma d’arte a pieno titolo, Toxic è nel gruppo dei migliori. Compagno di strada di leggende dell’arte contemporanea come Basquiat, Haring, Rammelzee, A One ed altri, Toxic ha partecipato alla crescita di questa corrente artistica underground che dalle strade più povere della metropoli americana è poi approfata in alcune gallerie famose, transitando anche per la Factory di Andy Warhol, e in innumerevoli mostre museali. Toxic ha continuato a lavorare su tele (e muri), trasferendosi in Europa (Francia e Italia). Protagonista ormai di numerose mostre, attualmente Toxic vive e dipinge in Toscana.

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L'arte prende casa nelle scuole | Toxic

Residenza d'artista nelle scuole di Toxic

Firenze, da culla del Rinascimento a promotrice della street art, conferma nel tempo la sua vocazione all’arte in ogni sua forma ed espressione, offrendo anche una mappa on line in continuo aggiornamento. La Scuola Dino Compagni con l’opera di Toxic è stata parte di questo grande museo a cielo aperto.
La street art è rappresentazione della società contemporanea, è un linguaggio fatto di simboli e significati non sempre svelati ma che arriva diretta allo sguardo di chi la incontra, è’ racconto contemporaneo, storytelling in tempo reale. Un polo didattico e culturale completo, che si può immaginare come un microcosmo perfetto, nel quale ogni elemento costituisce parte integrante e fondamentale del tutto. Questa è la visione di Toxic espressa in VERITAS attraverso la rappresentazione dei 4 elementi acqua, fuoco, aria, terra, che costituiscono la composizione di ogni sostanza esistente. “è la prima scuola in città pensata e costruita con gli spazi e la funzionalità di un

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Firenze, da culla del Rinascimento a promotrice della street art, conferma nel tempo la sua vocazione all’arte in ogni sua forma ed espressione, offrendo anche una mappa on line in continuo aggiornamento. La Scuola Dino Compagni con l’opera di Toxic è stata parte di questo grande museo a cielo aperto.
La street art è rappresentazione della società contemporanea, è un linguaggio fatto di simboli e significati non sempre svelati ma che arriva diretta allo sguardo di chi la incontra, è’ racconto contemporaneo, storytelling in tempo reale. Un polo didattico e culturale completo, che si può immaginare come un microcosmo perfetto, nel quale ogni elemento costituisce parte integrante e fondamentale del tutto. Questa è la visione di Toxic espressa in VERITAS attraverso la rappresentazione dei 4 elementi acqua, fuoco, aria, terra, che costituiscono la composizione di ogni sostanza esistente. “è la prima scuola in città pensata e costruita con gli spazi e la funzionalità di un centro civico avanzato”.
La scuola secondo Plutarco non deve riempire le menti come un vaso, ma accendere il fuoco per il gusto della ricerca e l’amore della VERITÀ come potente mezzo per rendere l’uomo libero. Questo è stato il messaggio scelto da Toxic per la sua opera, VERITAS, che ha occupato circa 400 metri quadri di parete esterna della Dino Compagni.
Da sempre Toxic con la sua arte contribuisce attivamente a progetti di beneficenza e di valorizzazione artistica di spazi urbani come la nuova scuola di Campo di Marte.

L'arte prende casa nelle scuole | Toxic

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Rossella Liccione

Artista visivo

Rossella Liccione vive ed opera a Firenze presso il suo laboratorio artistico, collaborando con l’Accademia di Belle Arti di Firenze, affiancando i docenti nella Scuola di decorazione, dove ha conseguito il diploma Accademico di I livello in decorazione e successiva specializzazione di II livello in “Arti Visive e Discipline dello Spettacolo” ed un Master in Textile. L’Artista elabora un linguaggio di geometrie irregolari che sfruttano la luce e la trasparenza per esaltare l’intensità del colore.

Rossella Liccione vive ed opera a Firenze presso il suo laboratorio artistico, collaborando con l’Accademia di Belle Arti di Firenze, affiancando i docenti nella Scuola di decorazione, dove ha conseguito il diploma Accademico di I livello in decorazione e successiva specializzazione di II livello in “Arti Visive e Discipline dello Spettacolo” ed un Master in Textile. L’Artista elabora un linguaggio di geometrie irregolari che sfruttano la luce e la trasparenza per esaltare l’intensità del colore.

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L'arte prende casa nelle scuole | Rossella Liccione

Residenza d'artista nelle scuole di Rossella Liccione

Rossella Liccione durante la propria residenza d’artista a scuola ha lavorato con i ragazzi ed i docenti dell’Istituto Comprensivo Oltrarno durante l’anno scolastico 2018/2019 e presso l’Istituto Comprensivo Poliziano durante l’anno scolastico 2019/2020.

‘Emozione = Identità, è stato il titolo scelto per questo progetto di residenza d’artista. Vi è il tentativo, in questa esperienza, di riappropriarsi del proprio io, ovvero, io allievo emozionandomi comunico le diverse sensazioni, attraverso i colori le forme e le infinite combinazioni, interagendo con un materiale palpabile, facile da lavorare, come il pvc. Attraverso questo processo creativo, emerge il singolo “allievo” con le sue caratteristiche, la sua creatività, così da riconoscersi ed identificarsi attraverso tale espressione, per poter essere “se stessi” in mezzo al gruppo, per condividere il proprio elaborato, ed essere parte integrando del lavoro di squadra. I canali scelti per q

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Rossella Liccione durante la propria residenza d’artista a scuola ha lavorato con i ragazzi ed i docenti dell’Istituto Comprensivo Oltrarno durante l’anno scolastico 2018/2019 e presso l’Istituto Comprensivo Poliziano durante l’anno scolastico 2019/2020.

‘Emozione = Identità, è stato il titolo scelto per questo progetto di residenza d’artista. Vi è il tentativo, in questa esperienza, di riappropriarsi del proprio io, ovvero, io allievo emozionandomi comunico le diverse sensazioni, attraverso i colori le forme e le infinite combinazioni, interagendo con un materiale palpabile, facile da lavorare, come il pvc. Attraverso questo processo creativo, emerge il singolo “allievo” con le sue caratteristiche, la sua creatività, così da riconoscersi ed identificarsi attraverso tale espressione, per poter essere “se stessi” in mezzo al gruppo, per condividere il proprio elaborato, ed essere parte integrando del lavoro di squadra. I canali scelti per questa esperienza sono stati “i sensi”, punto focale di tutto il processo creativo, indipendenti dalle materie coinvolte per svolgere i laboratori con i ragazzi della scuola Machiavelli. La particolarità dell’esperienza è stata quella di lavorare con le diverse materie, così da allargare i punti di vista e comprendere che da una singola esperienza di emozioni, pensieri, il lavoro unico e personale di ogni allievo, apre a nuovi mondi. Un semplice elaborato di forme e colori può diventare una melodia, può esprimersi attraverso la poesia, combinare con le regole della matematica, esprimersi con un’altra lingua, etc…etc…. La sperimentazione di coinvolgere le diverse materie scolastiche, nell’attività creativa, ha dato risultati molto positivi. Semplicemente meraviglioso, lo stupore dei ragazzi nel vedere, che ciò di cui avevo esposto verbalmente all’inizio, di questa straordinaria esperienza, è stato possibile realizzarlo, e soprattutto che i principali attori erano loro. L’esperienza laboratoriale è cominciata ascoltando la musica, con gli occhi chiusi, per potersi emozionare, ed esprimere tale sensazione attraverso i colori e le sue combinazioni, creando svariate forme con il pvc, dando un nome o un titolo a ciascun elaborato. L’esperienza “si conclude” con la performance della “Campana della Vita”, gioco performativo, svolto nel giardino della scuola, dove ogni singolo allievo indossava degli auricolari, con gli occhi chiusi, e ascoltando la musica, doveva attraversare sette quadrati di diverso materiale, simulando il gioco della campana. In questo processo si attivano e prendono vita tutti i sensi: dall’udito al tatto alla vista, e inconsciamente, quando siamo in uno stato di pace interiore e serenità e gratificazione si attivano anche “l’olfatto e il gusto”, l’immaginazione, crea sogni, e ci porta in uno stato di sazietà, e dove l’aria che respiriamo ha il profumo della bellezza e dell’armonia’. Rossella Liccione

L'arte prende casa nelle scuole | Rossella Liccione

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Adji Dieye

Fotografa

Adji Dieye è una fotografa italo-senegalese nata a Milano nel 1991. Laureata in Nuove Tecnologie per l’Arte all’Accademia di Belle Arti di Brera. Negli ultimi anni ha viaggiato tra Milano e Dakar, concentrando la sua ricerca sull’influenza della pubblicità nella cultura visiva africana. Il suo lavoro esplora diversi aspetti delle società dell’Africa occidentale: l’influenza della pubblicità nella costruzione di un’identità nazionale e la spiritualità sincretica che rimane centrale per le comunità africane.

La pratica artistica di Adji Dieye spinge i confini della fotografia nel tentativo di indagare gli archetipi che costituiscono la cultura visiva africana. Nella sua ricerca il continente africano non è mai considerato fine a se stesso; rappresenta invece un ponte verso ulteriori indagini su realtà sociali e geopolitiche più ampie.

Adji Dieye è una fotografa italo-senegalese nata a Milano nel 1991. Laureata in Nuove Tecnologie per l’Arte all’Accademia di Belle Arti di Brera. Negli ultimi anni ha viaggiato tra Milano e Dakar, concentrando la sua ricerca sull’influenza della pubblicità nella cultura visiva africana. Il suo lavoro esplora diversi aspetti delle società dell’Africa occidentale: l’influenza della pubblicità nella costruzione di un’identità nazionale e la spiritualità sincretica che rimane centrale per le comunità africane.

La pratica artistica di Adji Dieye spinge i confini della fotografia nel tentativo di indagare gli archetipi che costituiscono la cultura visiva africana. Nella sua ricerca il continente africano non è mai considerato fine a se stesso; rappresenta invece un ponte verso ulteriori indagini su realtà sociali e geopolitiche più ampie.

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Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito

Black History Month Florence 2020

Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito

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M’barek Bouhchichi

Artista visivo e installativo, scultore

Nato nel 1975 ad Akka, in Marocco, vive e lavora a Tahanaout, vicino a Marrakech, dove insegna arte. Usando la pittura, la scultura, il disegno o anche il video, M’barek Bouhchichi ha sviluppato il suo lavoro attraverso un linguaggio provvisorio fondato sull’esplorazione dei limiti tra il nostro discorso interno e la sua estensione verso il mondo esterno, il reale, l’altro. Pone le sue opere al crocevia tra l’estetica e il sociale, esplorando i campi associati come possibilità di auto-definizione.

Recentemente, il suo lavoro è stato esposto con la mostra personale Les mains noires (Kulte, Rabat, Marocco, 2016), come mostra collettiva Documents bilingues (MUCEM, Marsiglia, Francia, 2017),  Le Maroc contemporain (Institut du Monde Arabe , Parigi, Francia, 2014), Between walls (Le 18, Marrakech, Morocco, 2017).

Nato nel 1975 ad Akka, in Marocco, vive e lavora a Tahanaout, vicino a Marrakech, dove insegna arte. Usando la pittura, la scultura, il disegno o anche il video, M’barek Bouhchichi ha sviluppato il suo lavoro attraverso un linguaggio provvisorio fondato sull’esplorazione dei limiti tra il nostro discorso interno e la sua estensione verso il mondo esterno, il reale, l’altro. Pone le sue opere al crocevia tra l’estetica e il sociale, esplorando i campi associati come possibilità di auto-definizione.

Recentemente, il suo lavoro è stato esposto con la mostra personale Les mains noires (Kulte, Rabat, Marocco, 2016), come mostra collettiva Documents bilingues (MUCEM, Marsiglia, Francia, 2017),  Le Maroc contemporain (Institut du Monde Arabe , Parigi, Francia, 2014), Between walls (Le 18, Marrakech, Morocco, 2017).

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M’barek Bouhchichi

Terre - Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito

M’barek Bouhchichi

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Adji Dieye

Red fever - Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito

Adji Dieye

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Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito

Black History Month Florence 2020

Questo progetto espositivo ha esaminato l’adempimento degli obblighi sociali nei confronti del lavoro sporco, le carenze di confronto culturale, l’annientamento della storia e le politiche di rispettabilità.
Gli artisti in mostra hanno attinto ciascuno da esperienze di permanenza in Italia che li spinge a coinvolgere le città di Roma, Umbertide, Milano e Firenze come siti di produzione culturale con la necessità di impegnare la storia senza esserne vittime.

L’attivista Pape Diaw, in un’intervista del 2013, ha parlato di “… sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito”. Questa contraddizione in termini è posta in un contesto sociale in cui il lavoro sporco sussiste per mantenere uno status governato da politiche di rispettabilità e di controllo sociale. Un’insistenza sulle narrazioni personali come una sostituzione delle appiattite proiezioni di Blackness, la costruzione di ponti tra un passato coloniale e una realtà neocoloniale contemporanea e l’inconsistenza de


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Questo progetto espositivo ha esaminato l’adempimento degli obblighi sociali nei confronti del lavoro sporco, le carenze di confronto culturale, l’annientamento della storia e le politiche di rispettabilità.
Gli artisti in mostra hanno attinto ciascuno da esperienze di permanenza in Italia che li spinge a coinvolgere le città di Roma, Umbertide, Milano e Firenze come siti di produzione culturale con la necessità di impegnare la storia senza esserne vittime.

L’attivista Pape Diaw, in un’intervista del 2013, ha parlato di “… sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito”. Questa contraddizione in termini è posta in un contesto sociale in cui il lavoro sporco sussiste per mantenere uno status governato da politiche di rispettabilità e di controllo sociale. Un’insistenza sulle narrazioni personali come una sostituzione delle appiattite proiezioni di Blackness, la costruzione di ponti tra un passato coloniale e una realtà neocoloniale contemporanea e l’inconsistenza della monumentalità permeano tutte queste opere con una meditazione sul passato come indicatore di ciò che è in arrivo.

La mostra, a cura di Black History Month Florence, nell’ambito della V edizione del BHMF, in collaborazione con Villa Romana (Florence), Civitella Ranieri Foundation (Umbertide) e Galleria Continua (San Gimignano), presenta il lavoro di 6 artisti internazionali che hanno utilizzato il contesto italiano come luogo di produzione artistica. Una serie di opere trasversali spinge a una rielaborazione di nozioni stereotipate del made in Italy che tendono a escludere gli afro-discendenti, svelando attitudini coloniali e invitando e rompere preconcetti.

Protagoniste le ricerche degli artisti M’Barek Bouhchichi (Morocco), Adji Dieye (Italy/Senegal), Sasha Huber (Switzerland/Finland), Delio Jasse (Angola/Italy), Amelia Umuhire (Rwanda/Germany), Nari Ward (Jamaica/USA).

Insieme hanno formato una melodia armonica che è discordante con la narrativa prescritta, centralizzata e consumata ma trova allineamento per trasmettere il suo potere e la capacità di arricchire la melodia secolare.

Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito

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Sasha Huber

Fotografa, video artista, performer

Sasha Huber è un’artista visiva svizzero-haitiana, nata a Zurigo, Svizzera nel 1975. Vive e lavora a Helsinki, in Finlandia. Il lavoro di Huber si occupa principalmente della politica della memoria e dell’appartenenza, in particolare in relazione ai residui coloniali abbandonati nell’ambiente. Sensibile ai fili sottili che collegano il passato e il presente, utilizza il materiale d’archivio all’interno di una pratica creativa stratificata che comprende interventi basati sulla performance, video, fotografia e collaborazioni. Huber rivendica anche l’uso della pistola ad aria compressa, consapevole del suo significato simbolico come arma, ma che offre al contempo il potenziale per rinegoziare dinamiche dove il potere non è bilanciato. È nota per il suo contributo di ricerca artistica alla campagna Demounting Louis Agassiz, che mira a smantellare l’eredità razzista meno conosciuta ma controversa del glaciologo. Questo progetto a lungo termine (dal

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Sasha Huber è un’artista visiva svizzero-haitiana, nata a Zurigo, Svizzera nel 1975. Vive e lavora a Helsinki, in Finlandia. Il lavoro di Huber si occupa principalmente della politica della memoria e dell’appartenenza, in particolare in relazione ai residui coloniali abbandonati nell’ambiente. Sensibile ai fili sottili che collegano il passato e il presente, utilizza il materiale d’archivio all’interno di una pratica creativa stratificata che comprende interventi basati sulla performance, video, fotografia e collaborazioni. Huber rivendica anche l’uso della pistola ad aria compressa, consapevole del suo significato simbolico come arma, ma che offre al contempo il potenziale per rinegoziare dinamiche dove il potere non è bilanciato. È nota per il suo contributo di ricerca artistica alla campagna Demounting Louis Agassiz, che mira a smantellare l’eredità razzista meno conosciuta ma controversa del glaciologo. Questo progetto a lungo termine (dal 2008) si è occupato di portare alla luce e riparare la storia poco conosciuta e le eredità culturali del naturalista e glaciologo svizzero Louis Agassiz (1807-1873), un influente sostenitore del razzismo “scientifico” che sosteneva la segregazione e l’ “igiene razziale”. Huber ha tenuto mostre personali alla Fondazione Hasselblad (Project Room) a Göteborg e ha partecipato a numerose mostre internazionali, tra cui la 56a Biennale di Venezia nel 2015 (mostra collaterale: Frontier Reimagined), la 19a Biennale di Sydney nel 2014 e alla 29a Biennale di San Paolo nel 2010.

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Sasha Huber

The Firsts-Edmonia Lewis - Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito

Sasha Huber

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Delio Jasse

Fotografo

Delio Jasse è nato nel 1980 a Luanda, in Angola, vive e lavora a Milano. Nel suo lavoro fotografico spesso intreccia immagini trovate con particolari di vite passate (foto tessere trovate, album di famiglia) per tracciare collegamenti tra la fotografia – in particolare il concetto di “immagine latente” – e la memoria.

Jasse è anche noto per aver sperimentato processi di stampa fotografica analogica, tra cui cianotipia, platino e primi processi di stampa come il “Van Dyke Brown”, oltre a sviluppare proprie tecniche di stampa personali.

Le sue mostre recenti includono: MAXXI, Roma (2018); Villa Romana, Firenze (2018); Biennale dell’immagine, Lugano (solo, 2017); Collezione Walther, Neu-Ulm (2017); SAVVY Contemporary, Berlino (2017); Bamako Encounters, Bamako (2017); Biennale di Lagos, Lagos (2017); Tiwani Contemporary, Londra (solo, 2016); Walther Collection Project Space, NY (2016); Mostra internazionale Dak’art Biennale (2016); e il Padigli

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Delio Jasse è nato nel 1980 a Luanda, in Angola, vive e lavora a Milano. Nel suo lavoro fotografico spesso intreccia immagini trovate con particolari di vite passate (foto tessere trovate, album di famiglia) per tracciare collegamenti tra la fotografia – in particolare il concetto di “immagine latente” – e la memoria.

Jasse è anche noto per aver sperimentato processi di stampa fotografica analogica, tra cui cianotipia, platino e primi processi di stampa come il “Van Dyke Brown”, oltre a sviluppare proprie tecniche di stampa personali.

Le sue mostre recenti includono: MAXXI, Roma (2018); Villa Romana, Firenze (2018); Biennale dell’immagine, Lugano (solo, 2017); Collezione Walther, Neu-Ulm (2017); SAVVY Contemporary, Berlino (2017); Bamako Encounters, Bamako (2017); Biennale di Lagos, Lagos (2017); Tiwani Contemporary, Londra (solo, 2016); Walther Collection Project Space, NY (2016); Mostra internazionale Dak’art Biennale (2016); e il Padiglione dell’Angola, 56a Biennale di Venezia (2015). È stato uno dei tre finalisti del BES Photo Prize (2014) e ha vinto l’Iwalewa Art Award nel 2015.

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Delio Jasse

Pontus - Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito

Delio Jasse

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Amelia Umuhire

Video artista, regista

Amelia Umuhire, nata nel 1991 a Kigali in Ruanda, vive come artista e regista a Berlino. Nel 2015 ha scritto e girato la sua prima serie web, Polyglot, in cui segue con la sua macchina fotografica giovani artisti ruandesi “sradicati” a Londra e Berlino. La serie è stata proiettata in numerosi festival, tra cui il Festival D’Angers, il Tribeca Film Festival e il Geneva International Film Festival, dove è stata nominata Best International Web Series nel 2015. Il suo cortometraggio Mugabo è un cortometraggio sperimentale ambientato a Kigali: esplora la questione di come tornare in patria e come affrontare il passato. Nel 2017 è stato premiato come miglior film sperimentale al Blackstar Film Festival ed è attualmente in tournée in festival in Nord America e, tra gli altri, proiettato al MOCA di Los Angeles, all’MCA Chicago, all’Ann Arbor Film Festival e allo Smithsonian African American Film Festival. Nel 2018 Amelia Umuhire ha prodotto il lungometraggio radiofo

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Amelia Umuhire, nata nel 1991 a Kigali in Ruanda, vive come artista e regista a Berlino. Nel 2015 ha scritto e girato la sua prima serie web, Polyglot, in cui segue con la sua macchina fotografica giovani artisti ruandesi “sradicati” a Londra e Berlino. La serie è stata proiettata in numerosi festival, tra cui il Festival D’Angers, il Tribeca Film Festival e il Geneva International Film Festival, dove è stata nominata Best International Web Series nel 2015. Il suo cortometraggio Mugabo è un cortometraggio sperimentale ambientato a Kigali: esplora la questione di come tornare in patria e come affrontare il passato. Nel 2017 è stato premiato come miglior film sperimentale al Blackstar Film Festival ed è attualmente in tournée in festival in Nord America e, tra gli altri, proiettato al MOCA di Los Angeles, all’MCA Chicago, all’Ann Arbor Film Festival e allo Smithsonian African American Film Festival. Nel 2018 Amelia Umuhire ha prodotto il lungometraggio radiofonico Vaterland per la stazione radio tedesca Deutschlandfunk Kultur. Racconta la storia di suo padre Innocent Seminega da giovane studente, insegnante, marito e padre fino alla sua morte per mano degli estremisti hutu. Nel febbraio di quest’anno Umuhire ha tenuto la sua prima mostra personale a Decad Berlin.

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Amelia Umuhire

Untitled - Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito

Amelia Umuhire

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Nari Ward

Fotografo, video artista, scultore

Nari Ward (nato nel 1963 a St. Andrew, Giamaica; vive e lavora a New York) è noto per le sue installazioni scultoree composte da materiale di scarto trovato e raccolto nel suo quartiere. Ha riutilizzato oggetti come passeggini, carrelli della spesa, bottiglie, porte, televisori, registratori di cassa e lacci delle scarpe.

Ward ricontestualizza questi oggetti trovati in giustapposizioni stimolanti che creano significati metaforici complessi per affrontare questioni sociali e politiche che circondano la razza, la povertà e la cultura del consumo. Lascia intenzionalmente aperto il significato del suo lavoro, consentendo allo spettatore di fornire la propria interpretazione.

Mostre personali del suo lavoro sono state organizzate presso l’Institute of Contemporary Art, Boston (2017); SocratesSculpture Park, New York (2017); The Barnes Foundation, Philadelphia (2016); Pérez Art Museum Miami (2015); Savannah College of Art e Design Museum of Art, Savannah, GA (2015); Museo d’ar

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Nari Ward (nato nel 1963 a St. Andrew, Giamaica; vive e lavora a New York) è noto per le sue installazioni scultoree composte da materiale di scarto trovato e raccolto nel suo quartiere. Ha riutilizzato oggetti come passeggini, carrelli della spesa, bottiglie, porte, televisori, registratori di cassa e lacci delle scarpe.

Ward ricontestualizza questi oggetti trovati in giustapposizioni stimolanti che creano significati metaforici complessi per affrontare questioni sociali e politiche che circondano la razza, la povertà e la cultura del consumo. Lascia intenzionalmente aperto il significato del suo lavoro, consentendo allo spettatore di fornire la propria interpretazione.

Mostre personali del suo lavoro sono state organizzate presso l’Institute of Contemporary Art, Boston (2017); SocratesSculpture Park, New York (2017); The Barnes Foundation, Philadelphia (2016); Pérez Art Museum Miami (2015); Savannah College of Art e Design Museum of Art, Savannah, GA (2015); Museo d’arte della Louisiana State University, Baton Rouge, LA (2014); The Fabric Workshop and Museum, Philadelphia (2011); Massachusetts Museum of Contemporary Art, North Adams, MA (2011); Isabella Stewart Gardner Museum, Boston (2002); e Walker Art Center, Minneapolis, MN (2001, 2000).

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Nari Ward

Immigrist Male Figure Wall Tryptich - Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito

Nari Ward

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Justin Randolph Thompson su BHMF 2020

Artista e Direttore Black History Month Florence | Residenza d'artista e Mostra 2020

Justin Randolph Thompson
Artista e Direttore Black History Month Florence | Residenza d'artista e Mostra 2020
Justin Randolph Thompson su BHMF 2020

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Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito BHMF 2020

Janine Gaëlle Dieudji su M'Barek Bouhchichi

Janine Gaëlle Dieudji su M'Barek Bouhchichi
Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito BHMF 2020

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Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito BHMF 2020

Janine Gaelle Dieudji su Adji Dieye

Janine Gaelle Dieudji su Adji Dieye
Sporcarsi le mani per fare un lavoro pulito BHMF 2020

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China Project 2019

China Project 2019 - Progetto RIVA

Il progetto di residenze di artisti cinesi in Italia si è rinnovato nel 2019 con due nuovi artisti selezionati per un periodo di residenza che è andato dal 7 ottobre al 1 novembre 2019 e che rientrava nel Progetto RIVA curato e diretto da Valentina Gensini, in collaborazione con Zhong Art International, realizzato in co-progettazione e con il contributo di Sensi Contemporanei nell’ambito dell’accordo di programma quadro tra Regione Toscana, Mibac Direzione Generale Cinema e Agenzia per la Coesione Territoriale.

I due artisti selezionati nel 2019 sono stati Xiang Zhang e Yanrong Liu.
È stato possibile visitare gli artisti nel loro studio 30 e il 31 ottobre 2019 e seguire così il lavoro che hanno portato avanti durante il loro periodo di residenza, con la possibilità di conversare con loro anche grazie alla collaborazione di Zhong Art International.


Il progetto di residenze di artisti cinesi in Italia si è rinnovato nel 2019 con due nuovi artisti selezionati per un periodo di residenza che è andato dal 7 ottobre al 1 novembre 2019 e che rientrava nel Progetto RIVA curato e diretto da Valentina Gensini, in collaborazione con Zhong Art International, realizzato in co-progettazione e con il contributo di Sensi Contemporanei nell’ambito dell’accordo di programma quadro tra Regione Toscana, Mibac Direzione Generale Cinema e Agenzia per la Coesione Territoriale.

I due artisti selezionati nel 2019 sono stati Xiang Zhang e Yanrong Liu.
È stato possibile visitare gli artisti nel loro studio 30 e il 31 ottobre 2019 e seguire così il lavoro che hanno portato avanti durante il loro periodo di residenza, con la possibilità di conversare con loro anche grazie alla collaborazione di Zhong Art International.

China Project 2019

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Xiang Zhang

Scultore

Zhang Xiang. Nasce nel 1982 a Dazhou, provincia di Si Chuan. Si è diplomato in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Sichuan con un Master in Scultura nel 2010, ha studiato come Visiting Scholar al Academy of Art liberty vision of The Hague. Attualmente è docente di Scultura dell’Accademia di Belle Arti di Sichuan, Direttore del cross-media studio, membro della Chongqing Sculpture Society e anche corrispondente speciale della Chinese Sculpture Society. Le sue opere sono state collezionate dal China Sculpture Society, dal Hubei Museum of Art, dal The Gallery Magazine e anche collezionisti privati.

Zhang Xiang. Nasce nel 1982 a Dazhou, provincia di Si Chuan. Si è diplomato in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Sichuan con un Master in Scultura nel 2010, ha studiato come Visiting Scholar al Academy of Art liberty vision of The Hague. Attualmente è docente di Scultura dell’Accademia di Belle Arti di Sichuan, Direttore del cross-media studio, membro della Chongqing Sculpture Society e anche corrispondente speciale della Chinese Sculpture Society. Le sue opere sono state collezionate dal China Sculpture Society, dal Hubei Museum of Art, dal The Gallery Magazine e anche collezionisti privati.

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China Project 2019 - Xiang Zhang

China Project 2019 - Progetto RIVA

China Project 2019 - Xiang Zhang

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Yanrong Liu

Pittrice

Nasce nel 1987 a Hangzhou, provincia di Zhejiang. Attualmente lavora e vive a Chongqing e Hangzhou, è docente nel Dipartimento di Grafica, dell’Accademia di Belle Arti di Sichuan. La direzione della sua ricerca artistica si concentra su “tempo e spazio”, con “oggetti” e “luce” come materie principali. Attua modalità di azione artistica diverse dalla mostra attraverso la scrittura e la pittura.  

Nasce nel 1987 a Hangzhou, provincia di Zhejiang. Attualmente lavora e vive a Chongqing e Hangzhou, è docente nel Dipartimento di Grafica, dell’Accademia di Belle Arti di Sichuan. La direzione della sua ricerca artistica si concentra su “tempo e spazio”, con “oggetti” e “luce” come materie principali. Attua modalità di azione artistica diverse dalla mostra attraverso la scrittura e la pittura.  

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China Project 2019 - Yanrong Liu

China Project - Progetto RIVA

China Project 2019 - Yanrong Liu

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Gabriele Dini

Scultore e artista installativo

Nato a Viareggio, Gabriele Dini dopo aver concluso gli studi presso il dipartimento di Nuove Tecnologie dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, segue un biennio di specializzazione presso il Royal College of Art di Londra. Tra il 2017 e il 2019 ha partecipato a quattro residenze d’artista, la prima nel 2017 presso il MAC Museum of Contemporary Art, Istituto Italiano di Cultura, in Cile; nel 2018 viene ospitato dal Siena Art Institute, poi la Fondazione Pistoletto di Biella e infine le Murate Art District e il Sichuan Arti Institute nel 2019. Molte le sue esposizioni, tra le quali alcune personali, a palazzo Ridolfi a Firenze nel 2019, con Iconosmash, ad Asciano in provincia di Siena l’anno seguente, presso il Museo Archeologico Palazzo Corboli, con dormancy; infine a Carrara nel 2017, la Tekè Gallery ospita Augmented fragility. Nel 2014 vince il Thames Barrier Award a Londra e nello stesso anno riceve l’Augustus Martin Award presso il Royal College of Art di Londr

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Nato a Viareggio, Gabriele Dini dopo aver concluso gli studi presso il dipartimento di Nuove Tecnologie dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, segue un biennio di specializzazione presso il Royal College of Art di Londra. Tra il 2017 e il 2019 ha partecipato a quattro residenze d’artista, la prima nel 2017 presso il MAC Museum of Contemporary Art, Istituto Italiano di Cultura, in Cile; nel 2018 viene ospitato dal Siena Art Institute, poi la Fondazione Pistoletto di Biella e infine le Murate Art District e il Sichuan Arti Institute nel 2019. Molte le sue esposizioni, tra le quali alcune personali, a palazzo Ridolfi a Firenze nel 2019, con Iconosmash, ad Asciano in provincia di Siena l’anno seguente, presso il Museo Archeologico Palazzo Corboli, con dormancy; infine a Carrara nel 2017, la Tekè Gallery ospita Augmented fragility. Nel 2014 vince il Thames Barrier Award a Londra e nello stesso anno riceve l’Augustus Martin Award presso il Royal College of Art di Londra.

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China Project 2019 - Every fragment is a gift

Residenza d'artista in Cina di Gabriele Dini

In antropologia, l’idea che i valori sociali di una civiltà siano imbevuti nei materiali è ben nota e consolidata da ampie ricerche su scambi e regali come parte di rituali del passato. I banchetti etruschi cosi’ come i protocolli descritti nei primi testi cinesi ci aiutano a comprendere come le cose trascendano la loro funzione dall’ utile al simbolico. Cosi’, quando intatti e quando in detriti, i frammenti degli oggetti in ceramica arrivano fino a noi come un dono fatto da mondi che vengono da lontano su cui continuare a intessere storie fatte di associazioni, classificazioni tipologiche, narrative personali, connessioni storiografiche.

Il progetto artistico e’ stato finalizzato alla produzione di una serie di opere ispirate dalla civilta’ etrusca e quella cinese, che si formano su credenze e tradizioni legate alla ceramica, ai suoi processi e al valore del dono.

Nel 2014 e’ stata scoperta in Cina una lavorazione della ceramica finora sconosciuta chiamata ‘Coal-Clay

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In antropologia, l’idea che i valori sociali di una civiltà siano imbevuti nei materiali è ben nota e consolidata da ampie ricerche su scambi e regali come parte di rituali del passato. I banchetti etruschi cosi’ come i protocolli descritti nei primi testi cinesi ci aiutano a comprendere come le cose trascendano la loro funzione dall’ utile al simbolico. Cosi’, quando intatti e quando in detriti, i frammenti degli oggetti in ceramica arrivano fino a noi come un dono fatto da mondi che vengono da lontano su cui continuare a intessere storie fatte di associazioni, classificazioni tipologiche, narrative personali, connessioni storiografiche.

Il progetto artistico e’ stato finalizzato alla produzione di una serie di opere ispirate dalla civilta’ etrusca e quella cinese, che si formano su credenze e tradizioni legate alla ceramica, ai suoi processi e al valore del dono.

Nel 2014 e’ stata scoperta in Cina una lavorazione della ceramica finora sconosciuta chiamata ‘Coal-Clay Composite Ceramics’ che utilizza impasti e metodologie simili a quelle del bucchero etrusco. Ci sono due botteghe a conduzione familiare che tramandano questa tradizione alle generazioni successive: Zeng Qinghong workshop in Yingjing, e Huang Bin Xue in Gaoxian County, entrambi nella provincia di Sichuan.

China Project 2019 - Every fragment is a gift

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Giulio Saverio Rossi

Artista visivo

Giulio Saverio Rossi (Massa, 1988) vive e lavora a Torino. Ha studiato pittura all’Accademia di Venezia e all’Accademia Albertina di Torino. Attualmente è docente all’Accademia di Belle Arti di Urbino.

Fra le sue mostre personali Il giardino di notte, Casa Masaccio (San Giovanni Valdarno, 2021); Nuova Scuola delle Nuvole e della Nebbia, Sichuan Fine Arts Institue (Chongqing, Cina, 2019). Il suo lavoro è stato presentato in mostre collettive, spazi istituzionali e musei fra cui Istituo Italiano di Cultura di Tokyo (Tokyo, 2021) e GAM (Torino, 2020).  Ha partecipato a programmi internazionali fra cui China Project, promosso da MAD Murate Art District e Zhong Art International (Chongqing, 2019); Mediterranea18, BJCEM (Albania, 2017); Real Presence, Castello di Rivoli Museo d’arte contemporanea (Belgrado, Rivoli, 2008). Nel 2020 è vincitore dell’avviso pubblico Cantica21. Italian contemporary art everywhere, promosso da MIC (DGCC) e MAECI (DGSP).  La sua

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Giulio Saverio Rossi (Massa, 1988) vive e lavora a Torino. Ha studiato pittura all’Accademia di Venezia e all’Accademia Albertina di Torino. Attualmente è docente all’Accademia di Belle Arti di Urbino.

Fra le sue mostre personali Il giardino di notte, Casa Masaccio (San Giovanni Valdarno, 2021); Nuova Scuola delle Nuvole e della Nebbia, Sichuan Fine Arts Institue (Chongqing, Cina, 2019). Il suo lavoro è stato presentato in mostre collettive, spazi istituzionali e musei fra cui Istituo Italiano di Cultura di Tokyo (Tokyo, 2021) e GAM (Torino, 2020).  Ha partecipato a programmi internazionali fra cui China Project, promosso da MAD Murate Art District e Zhong Art International (Chongqing, 2019); Mediterranea18, BJCEM (Albania, 2017); Real Presence, Castello di Rivoli Museo d’arte contemporanea (Belgrado, Rivoli, 2008). Nel 2020 è vincitore dell’avviso pubblico Cantica21. Italian contemporary art everywhere, promosso da MIC (DGCC) e MAECI (DGSP).  La sua opera è entrata recentemente a far parte della collezione Cassa Depositi e Prestiti.

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China Project 2019 - Nuova scuola delle nuvole e della nebbia

Residenza d'artista in Cina di Giulio Saverio Rossi

Il progetto Nuova scuola delle nuvole e della nebbia si sviluppa a partire dalla pratica del disegno, inteso come elemento che si trova alla base sia della tradizione rinascimentale che dell’evoluzione artistica in Cina.

Durante le quattro settimane di residenza si è creato una scuola temporanea dedicata al disegno continuo delle nuvole così come appaiono in cielo. Partendo dai recenti studi che teorizzano la possibilità che le nuvole scompaiano definitivamente dai nostri cieli a causa del riscaldamento globale si è elaborato una continua mappatura delle nuvole, tesa da un lato a raccogliere la forma del transitorio, dall’altro a creare una mappatura visiva non più basata sulla conoscenza del suolo ma sulle nuvole.

Il progetto ha creato un incontro ideale fra le due identità coinvolte nella residenza, la Toscana e La Cina, che trova una propria affermazione all’interno del medium del disegno inteso duplicemente sia come accettazione dell’effimero della forma che del suo t

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Il progetto Nuova scuola delle nuvole e della nebbia si sviluppa a partire dalla pratica del disegno, inteso come elemento che si trova alla base sia della tradizione rinascimentale che dell’evoluzione artistica in Cina.

Durante le quattro settimane di residenza si è creato una scuola temporanea dedicata al disegno continuo delle nuvole così come appaiono in cielo. Partendo dai recenti studi che teorizzano la possibilità che le nuvole scompaiano definitivamente dai nostri cieli a causa del riscaldamento globale si è elaborato una continua mappatura delle nuvole, tesa da un lato a raccogliere la forma del transitorio, dall’altro a creare una mappatura visiva non più basata sulla conoscenza del suolo ma sulle nuvole.

Il progetto ha creato un incontro ideale fra le due identità coinvolte nella residenza, la Toscana e La Cina, che trova una propria affermazione all’interno del medium del disegno inteso duplicemente sia come accettazione dell’effimero della forma che del suo tentativo di fermarla sulla carta tentando, in un gesto simbolico e paradossale, di impedire la scomparsa delle nuvole.

E’ stato chiesto di partecipare sia a persone senza una particolare preparazione artistica, sia ad artisti cinesi emergenti o affermati che si renderanno disponibili su invito diretto a diventare membri della Scuola.

China Project 2019 - Nuova scuola delle nuvole e della nebbia

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Mohammad Alfaraj

Fotografo, video artist

La pratica di Mohammad Alfaraj (nato nel 1993 ad Al Hassa, KSA, dove vive e lavora), è incentrata sulla sua esplorazione della relazione tra forme e concetti, ed è visibile attraverso storie sovrapposte nei suoi collage fotografici, raggruppando e mettendo in contrasto soggetti reali e non. Il lavoro di Alfaraj utilizza spesso anche materiali naturali trovati nella sua città natale e li combina con giochi per bambini e storie di persone che lavorano la terra, nel tentativo di creare un piano dove uomo e natura convivono, con un sottofondo di speranza. Un attivista socio-ambientale nel cuore, il suo breve documentario Lost, 2015 (che è stato premiato al primo posto nella categoria studenti al Saudi Film Festival), cattura lo stato latente della nozione di temporalità per gli arabi apolidi, che vivono come rifugiati nel loro luogo di nascita e l’effetto disumanizzante che questo provoca. Questo contesto “poco familiare” ritrae la bellezza velenosa della natura quan

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La pratica di Mohammad Alfaraj (nato nel 1993 ad Al Hassa, KSA, dove vive e lavora), è incentrata sulla sua esplorazione della relazione tra forme e concetti, ed è visibile attraverso storie sovrapposte nei suoi collage fotografici, raggruppando e mettendo in contrasto soggetti reali e non. Il lavoro di Alfaraj utilizza spesso anche materiali naturali trovati nella sua città natale e li combina con giochi per bambini e storie di persone che lavorano la terra, nel tentativo di creare un piano dove uomo e natura convivono, con un sottofondo di speranza. Un attivista socio-ambientale nel cuore, il suo breve documentario Lost, 2015 (che è stato premiato al primo posto nella categoria studenti al Saudi Film Festival), cattura lo stato latente della nozione di temporalità per gli arabi apolidi, che vivono come rifugiati nel loro luogo di nascita e l’effetto disumanizzante che questo provoca. Questo contesto “poco familiare” ritrae la bellezza velenosa della natura quando è vissuta come una nemesi durante la paralisi politica.
Alfaraj si è laureato in ingegneria meccanica alla KFUPM nel 2017. La sua recente mostra personale; Still Life and Plastic Dreams, Athr Gallery, Jeddah KSA (2020) e mostre collettive includono I Love You Urgently, 21,39 SAC, Jeddah, KSA (2020), Durational Portrait; Una breve panoramica della video arte in Arabia Saudita, Athr Gallery, Jeddah, KSA (2020), Sharjah Islamic Festival, Sharjah, UAE (2019). Il suo lavoro è stato anche mostrato alla Sharjah Art Foundation; Le Murate Pac, Firenze (2019); Athr Gallery, Jeddah (2018); 21,39 Jeddah Arts (2017, 2019); Saudi Film Festival, Dammam (2015) e Dubai International Film Festival (2014). Alfaraj ha lavorato come programmatore sia al Saudi Film Festival che al festival della casa di poesia a Dammam.

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The glass between us

Mostra di punta del Middle East Now Festival 2019

THE GLASS BETWEEN US MOHAMMAD ALFARAJ

L’artista saudita protagonista di una residenza realizzata da Middle East Now, MAD Murate Art District e Crossway Foundation Residency in collaborazione con PIA Palazzina Indiano Arte della Compagnia Virgilio Sieni.

La quinta edizione di “Middle East Now x Crossway Foundation Residency”, in partnership con una delle più importanti organizzazioni che promuove i giovani creativi dal Medio Oriente ha proposto la mostra personale di Mohammad Alfaraj, nato in Arabia Saudita nel 1993 e attualmente residente nella provincia Est del paese.

“The glass between us“ è il titolo della sua prima mostra personale che ha presentato a Firenze: una sperimentazione sul suono e sull’immagine per guardare alla vita attraverso gli occhi di un bambino.
In questo nuovo lavoro di ricerca la sorpresa e l’inaspettato nella vita quotidiana creano un enorme mosaico.

La mostra ha proposto opere realizzate dall’artista in Arabia Saudita e a Firenze


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THE GLASS BETWEEN US MOHAMMAD ALFARAJ

L’artista saudita protagonista di una residenza realizzata da Middle East Now, MAD Murate Art District e Crossway Foundation Residency in collaborazione con PIA Palazzina Indiano Arte della Compagnia Virgilio Sieni.

La quinta edizione di “Middle East Now x Crossway Foundation Residency”, in partnership con una delle più importanti organizzazioni che promuove i giovani creativi dal Medio Oriente ha proposto la mostra personale di Mohammad Alfaraj, nato in Arabia Saudita nel 1993 e attualmente residente nella provincia Est del paese.

“The glass between us“ è il titolo della sua prima mostra personale che ha presentato a Firenze: una sperimentazione sul suono e sull’immagine per guardare alla vita attraverso gli occhi di un bambino.
In questo nuovo lavoro di ricerca la sorpresa e l’inaspettato nella vita quotidiana creano un enorme mosaico.

La mostra ha proposto opere realizzate dall’artista in Arabia Saudita e a Firenze nell’ambito di un laboratorio per bambini: un’esperienza sensoriale e visiva semplice nella forma, ma che approfondisce un tema fondamentale e importante, attorno al quale vuole creare un dialogo.

Un progetto di Middle East Now Now, Crossway Foundation e MAD Murate Art District
Il Progetto è stato realizzato nell’ambito di Toscanaincontemporanea2019 con il sostegno di Regione Toscana e Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze

The glass between us

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The glass between us

Mostra di punta del Middle East Film Festival 2019

The glass between us

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Progetto RIVA | 2019

a cura di Valentina Gensini

Nel 2019 sono proseguiti i talk e i workshop internazionali, tra cui è di particolare rilevanza l’incontro presentato a MAD con Michelangelo Pistoletto, in collaborazione con  Accademia di belle Arti, e le conferenze curate da LWCircus, oltre al ciclo di incontri a cura del Prof. Antonio Capestro, in collaborazione con CISDU e Università degli Studi di Firenze. Allo stesso modo è continuata la costante manutenzione del parco fluviale del Terzo Giardino e le relative visite guidate a cura dell’area mediazione dell’Associazione Mus.e. È stato portato avanti il progetto di collaborazione con Zhong Art International, ha visto due professori dell’Accademia di Belle Arti di Sichuan effettuare un periodo residenza presso Murate Art District. Questi eventi hanno permesso di compiere un percorso di avvicinamento alla grande mostra del pluriennale Progetto RIVA, prevista nel 2020, e posticipata al 2021 a causa delle restrizioni messe in atto per contrastare la pandemia da Covid-19.

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Nel 2019 sono proseguiti i talk e i workshop internazionali, tra cui è di particolare rilevanza l’incontro presentato a MAD con Michelangelo Pistoletto, in collaborazione con  Accademia di belle Arti, e le conferenze curate da LWCircus, oltre al ciclo di incontri a cura del Prof. Antonio Capestro, in collaborazione con CISDU e Università degli Studi di Firenze. Allo stesso modo è continuata la costante manutenzione del parco fluviale del Terzo Giardino e le relative visite guidate a cura dell’area mediazione dell’Associazione Mus.e. È stato portato avanti il progetto di collaborazione con Zhong Art International, ha visto due professori dell’Accademia di Belle Arti di Sichuan effettuare un periodo residenza presso Murate Art District. Questi eventi hanno permesso di compiere un percorso di avvicinamento alla grande mostra del pluriennale Progetto RIVA, prevista nel 2020, e posticipata al 2021 a causa delle restrizioni messe in atto per contrastare la pandemia da Covid-19.

 

Progetto RIVA | 2019

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Karyn Olivier

Artista installativo

Karyn Olivier è nota per installazioni su larga scala che provocano un’interruzione degli spazi pubblici e privati. Le forme familiari, alterate nella funzione e nella sostanza, creano inquietanti meditazioni sul ristagno, divisione e peso della materialità. Le sue installazioni esplorano la poetica dello spazio e il ruolo degli spettatori nel plasmare la propria esperienza e il proprio coinvolgimento.

Karyn Olivier è nota per installazioni su larga scala che provocano un’interruzione degli spazi pubblici e privati. Le forme familiari, alterate nella funzione e nella sostanza, creano inquietanti meditazioni sul ristagno, divisione e peso della materialità. Le sue installazioni esplorano la poetica dello spazio e il ruolo degli spettatori nel plasmare la propria esperienza e il proprio coinvolgimento.

Because time in this place does not obey an order

Because time in this place does not obey an order - Black History Month Florence 2019

Because Time In This Place Does Not Obey An Order | Karyn Olivier

A cura di Black History Month Florence
Con la partnership di MAD Murate Art District

In collaborazione con:
Boomker Sound Studios
Syracuse University Florence
SRISA
Vivaio Il Giardiniere
Antonella Bundu
Chris Norcross

Pretesto:
E non si respire più
E non ci si vede più
Ma nella fuga, compagno
Nella paura, compagno
Come nella lotta, compagno
Resterò sempre a fianco a te.
Collettivo Victor Jara, Le Murate

Queste erano le parole scritte e cantate dal collettivo musicale Victor Jara giorni dopo la rivolta del 1974 alle prigioni de Le Murate. La protesta contro le condizioni di vita non idonee e le forze oppressive sono frequenti nei siti che separano, volontariamente o con la forza, i gruppi sociali dal mondo che li circonda.

La natura socio-spirituale di ciò che è giusto e il valore umano sono alla radice della contemplazione nell’ isolamento. Questi sentimenti scaturiti dall’incontro dell’artista con Le Murate.















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Because Time In This Place Does Not Obey An Order | Karyn Olivier

A cura di Black History Month Florence
Con la partnership di MAD Murate Art District

In collaborazione con:
Boomker Sound Studios
Syracuse University Florence
SRISA
Vivaio Il Giardiniere
Antonella Bundu
Chris Norcross

Pretesto:
E non si respire più
E non ci si vede più
Ma nella fuga, compagno
Nella paura, compagno
Come nella lotta, compagno
Resterò sempre a fianco a te.
Collettivo Victor Jara, Le Murate

Queste erano le parole scritte e cantate dal collettivo musicale Victor Jara giorni dopo la rivolta del 1974 alle prigioni de Le Murate. La protesta contro le condizioni di vita non idonee e le forze oppressive sono frequenti nei siti che separano, volontariamente o con la forza, i gruppi sociali dal mondo che li circonda.

La natura socio-spirituale di ciò che è giusto e il valore umano sono alla radice della contemplazione nell’ isolamento. Questi sentimenti scaturiti dall’incontro dell’artista con Le Murate. Progetti Arte Contemporanea, hanno guidato il progetto.

Per la quarta edizione del Black History Month Firenze Karyn Olivier, l’attuale Borsista del Rome Prize all’American Academy in Rome, ha presentato Because Time In This Place Does Not Obey An Order, una serie di installazioni site specific che si cimentano con il rapporto tra giustizia e spiritualità.

Le opere hanno coinvolto la storia del complesso de Le Murate e la sua trasformazione da sito di reclusione spirituale a spazio carcerario, in lotta tra la continuità e il contrasto tra le storie che evoca. La salute mentale, la critica sociale, l’isolamento, la chiusura della storia e la confusione dei sensi mettono i giardini di clausura in dialogo con le parole ferme di Martin Luther King Jr. scritte da una cella di prigionia rivelando tracce di una vita a porte chiuse che reclama diritti universali.

Because time in this place does not obey an order

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Because time in this place does not obey an order

Because time in this place does not obey an order - Black History Month Florence 2019

Because time in this place does not obey an order

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Justin Randolph Thompson | BHMF 2019

Artista e Direttore Black History Month Florence | Residenza d'artista e Mostra 2019

Justin Randolph Thompson
Artista e Direttore Black History Month Florence | Residenza d'artista e Mostra 2019
Justin Randolph Thompson | BHMF 2019

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Black Archive Alliance VOL 1

Mira a fornire la scintilla fondamentale per la ricerca futura in questo campo per rimediare allo stato di amnesia che isola la presenza diasporica africana nella città e nel paese come fenomeno esclusivamente contemporaneo

Gli obiettivi della iniziativa mirano a presentare materiali d’archivio in siti sparsi per la città allargando l’accesso ai risultati per evidenziare le cronologie che sono state spesso omesse dalla memoria locale. Fornire la scintilla fondamentale per la ricerca futura in questo campo per rimediare allo stato di amnesia che isola la presenza diasporica africana nella città e nel paese come fenomeno esclusivamente contemporaneo. Evidenziare la ricerca e i ricercatori che hanno già svolto questo lavoro, producendo testi e materiali per mostre fotografiche come risorse educative. All’interno di questo progetto a Murate Art District si presenteranno  due elementi.  

Elemento I: Cartoline dalle Colonie
Sala Laura Orvieto
27  novembre 2018 h.17.30

Progetto di Villa Romana in collaborazione con BHMF, MAD Murate Art Districte Cantiere Toscana.

Cartoline dalle Colonie è una raccolta di tre serie di cartoline e una seria di Francobolli delle colonie Italiane in Eritr



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Gli obiettivi della iniziativa mirano a presentare materiali d’archivio in siti sparsi per la città allargando l’accesso ai risultati per evidenziare le cronologie che sono state spesso omesse dalla memoria locale. Fornire la scintilla fondamentale per la ricerca futura in questo campo per rimediare allo stato di amnesia che isola la presenza diasporica africana nella città e nel paese come fenomeno esclusivamente contemporaneo. Evidenziare la ricerca e i ricercatori che hanno già svolto questo lavoro, producendo testi e materiali per mostre fotografiche come risorse educative. All’interno di questo progetto a Murate Art District si presenteranno  due elementi.  

Elemento I: Cartoline dalle Colonie
Sala Laura Orvieto
27  novembre 2018 h.17.30

Progetto di Villa Romana in collaborazione con BHMF, MAD Murate Art Districte Cantiere Toscana.

Cartoline dalle Colonie è una raccolta di tre serie di cartoline e una seria di Francobolli delle colonie Italiane in Eritrea, Etiopia e Somalia che presentano un immaginario della presenza Italiana in Africa Orientale, un laudo alle truppe e un invito ai soldati accompagnato da un testo contestuale di critica che esamina queste colonie dal punto di vista Italiano nel periodo della loro occupazione.  Con un testo di Julia Snyder, Sarina Patel, Willa Konsmo

Architettura di paesaggio. Parchi urbani e giardini botanici in Africa
Michele Dantini © 2008
Per Black Archive Alliance Michele Dantini presenta una ricerca radicata in vari archivi internazionali che indaga sui giardini botanici africani, sul loro concezione coloniale e sul loro significato oggi. La storia dei parchi urbani e dei giardini botanici africani si intreccia con le vicende politiche o sociali degli stati, i processi di colonizzazione e decolonizzazione, l’instaurarsi delle nuove nazioni; e in modi alterni con la storia dell’agricoltura e della foresta. Si intreccia soprattutto con una fantasia profondamente inscritta nell’immaginazione coloniale europea, quella di un Eden africano adatto alla caccia e alle emozioni senza tempo, e con le norme, le demarcazioni, i divieti che le hanno dato vita attraverso la creazione di parchi naturali e aree protette, sottratte all’uso delle popolazioni locali.

Elemento II:  Preparing a Recovery Plan
Film Screening Curated by BHMF Sala Ketty La Rocca 27Novembre 2018 h.18.00 Progetto di Villa Romana in collaborazione con BHMF, MAD Murate Art Districte Cantiere Toscana.

Preparing a Recovery Plan è un film screening dedicato a un impegno proattivo lungimirante riguardo le complesse narrazioni sulla tradizionale visione “occidentale”. Un lavoro per la rigenerazione e ricalibrazione della attribuzione dei valori. Promuovere la preparazione preventiva per il disastro previsto della cancellazione storica. Il progetto fa parte del progetto Black Archive Alliance. Artisti: Kevin Jerome Everson Alessandra Ferrini Lerato Shadi

Altri Spazi in cui si sviluppa l’iniziativa: 

Biblioteca Marucelliana, Via Camillo Cavour, 43, 50129 Florence;  8.30 am – 6.30 pm
Biblioteca Medicea Laurenziana, Piazza San Lorenzo 9, 50123 Florence; 9.30 am -1.30 pm
British Institute of Florence/ Harold Acton Library, Lungarno Guicciardini 9, 50125 Florence; 10 am – 6 pm
Mediateca Toscana, Via San Gallo 25, 50129 Florence; 10 am – 1 pm / 2 – 7 pm
Centro Studi La Pira, Via dei Pescioni 3, 50123 Florence, 9  am – 7 pm
Fondazione Santa Maria Nuova, Piazza Santa Maria Nuova 1, 50122 Florence; 10 am-1 pm / 3 – 7 pm
SACI/ Worthington Library, Palazzo dei Cartelloni, Via Sant Antonio 11, 50123 Florence; 9 am – 9 pm
Syracuse University Florence/ Syracuse Florence Library, Piazza Fra’ Girolamo Savonarola 15, 50132 Florence; 9 am -1.30 pm / 3 – 8 pm

Villa Romana collabora con BHMF e Cantiere Toscana sponsorizzate dalla Regione di Toscana organizzando una serie di mini-mostre basate sugli archivi, collezioni e biblioteche private e pubblici di Firenze con documenti che riflettono le realtà e le storie delle popolazioni  Africani, della loro diaspora e la loro rappresentazione.
Questa serie di mostre si apre per tre giorni nell’ultima settimana di novembre creando una mappa virtuale di questa presenza archivistica nella città. Un catalogo risultante intende assistere la ricerca futura fornendo informazioni dettagliate a coloro che visitano la gamma di spazi dislocati in tutta Firenze e oltre con cui siamo in collaborazione.

Black Archive Alliance VOL 1

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Alessandra Ferrini 

Visual Artist & Researcher

Alessandra Ferrini è un’artista, ricercatrice ed educatrice con base a Londra. La sua pratica è fondata sul lens-based media nella teoria postcoloniale, negli studi sulla memoria e sulla critica dell’essere bianco, nelle pratiche storiografiche e archivistiche. Sperimentando l’espansione e l’ibridazione del film documentario, interroga le eredità durature del colonialismo e del fascismo con un interesse specifico nella rete di relazioni passate e presenti tra l’Italia, la regione mediterranea e il continente africano.

Ha esposto a livello internazionale, tra cui a: Casablanca Biennal (2021); Manifesta 13 Paralléles du Sud Marseille (2020); Villa Romana (personale 2019); Depo Istanbul Biennal Collaterale (2019); Lagos Biennal (2019); Sharjah Foundation Film Platform (2019); Manifesta 12 Film Programme (2018).

www.alessandraferrini.info

Alessandra Ferrini è un’artista, ricercatrice ed educatrice con base a Londra. La sua pratica è fondata sul lens-based media nella teoria postcoloniale, negli studi sulla memoria e sulla critica dell’essere bianco, nelle pratiche storiografiche e archivistiche. Sperimentando l’espansione e l’ibridazione del film documentario, interroga le eredità durature del colonialismo e del fascismo con un interesse specifico nella rete di relazioni passate e presenti tra l’Italia, la regione mediterranea e il continente africano.

Ha esposto a livello internazionale, tra cui a: Casablanca Biennal (2021); Manifesta 13 Paralléles du Sud Marseille (2020); Villa Romana (personale 2019); Depo Istanbul Biennal Collaterale (2019); Lagos Biennal (2019); Sharjah Foundation Film Platform (2019); Manifesta 12 Film Programme (2018).

www.alessandraferrini.info

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Michele Dantini 

Storico dell’arte contemporanea, critico e saggista

Michele Dantini è uno storico dell’arte contemporanea, critico e saggista, insegna all’Università del Piemonte orientale ed è visiting professor presso università nazionali e internazionali. Laureatosi e perfezionatosi (Ph.D.) in storia della filosofia e storia dell’arte presso la Scuola Normale Superiore di Pisa; Eberhard Karls Universität, Tubinga; The Courtauld Institute, Londra; Ludwig-Maximilians-Universität München, collabora con i principali musei di arte contemporanea italiani ed è responsabile del Master MAED al Castello di Rivoli. Scrive di arte contemporanea, politiche culturali e dell’innovazione, tecnologia, Rete e digitale. Tra le pubblicazioni recenti Geopolitiche dell’arte italiana. Arte e critica d’arte nel contesto internazionale (Milano 2012); Arte contemporanea, ecologia e sfera pubblica (Roma 2012); Humanities e innovazione sociale (Milano 2012); Apple cosmica. Come le narrazioni fantascientifiche modellano il design e il marketing della Me

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Michele Dantini è uno storico dell’arte contemporanea, critico e saggista, insegna all’Università del Piemonte orientale ed è visiting professor presso università nazionali e internazionali. Laureatosi e perfezionatosi (Ph.D.) in storia della filosofia e storia dell’arte presso la Scuola Normale Superiore di Pisa; Eberhard Karls Universität, Tubinga; The Courtauld Institute, Londra; Ludwig-Maximilians-Universität München, collabora con i principali musei di arte contemporanea italiani ed è responsabile del Master MAED al Castello di Rivoli. Scrive di arte contemporanea, politiche culturali e dell’innovazione, tecnologia, Rete e digitale. Tra le pubblicazioni recenti Geopolitiche dell’arte italiana. Arte e critica d’arte nel contesto internazionale (Milano 2012); Arte contemporanea, ecologia e sfera pubblica (Roma 2012); Humanities e innovazione sociale (Milano 2012); Apple cosmica. Come le narrazioni fantascientifiche modellano il design e il marketing della Mela (Milano 2012); Horses and other herbivores (Bezalel Academy of Art and Design, Jerusalem 2010). Coautore dei manifesti TQ “università e ricerca” e “patrimonio storico-artistico e ambientale”, è interessato ai temi della diversità culturale e del cosmopolitismo postcoloniale. Il suo Diario Namibiano (e/o, Milano 2003), inchiesta sulle trasformazioni delle abilità tradizionali in Africa australe all’ingresso nel mercato globale condotta in collaborazione con la National Gallery di Windhoek, è stato finalista del premio Paola Biocca|Società Italo Calvino nel 2002. Suoi reportage e fieldworks sono stati presentati alla Fondazione Merz, Torino; CCCS Strozzina, Firenze; Centro di arte contemporanea Luigi Pecci, Prato; Centre de la Photographie, Ginevra; MAO, Torino. Collabora a L’Huffington, Alfabeta2, Doppiozero, ROARS, Il giornale dell’arte, il manifesto. Lista degli istituzioni/archivi: Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, Archivio Enrico Romero, Archivio Leonard Bundu/ David Weiss, Archivio Storico Fratelli Alinari, Biblioteca Marucelliana, Biblioteca Medicea Laurenziana, British Institute of Florence/ Harold Acton Library, Cineteca di Firenze, Collezione Palli, Fondazione La Pira, Fondazione Santa Maria Nuova, Gli Uffizi, Kunsthistorisches Institut Florenz, Le Murate Progetti Arte Contemporanea/ MUS.E, New York University Florence/ Villa La Pietra Poste Italiane, SACI/ Worthington Library, Sahara Desert, Syracuse University Florence/ Syracuse Florence Library

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Lerato Shadi

Visual Artist

Lerato Shadi lives and works in Berlin. She earned a M.A. (Space Strategies) from Kunsthochschule Berlin Weißensee in 2018 and she received a B.A. (Visual Art) from University of Johannesburg in 2006. From 2010 to 2012 Shadi was a member of the ‘Bag Factory artist studios’ in Johannesburg. Her work was featured at the Dak’art Biennale and in the III Moscow International Biennale in 2012. She is a fellow of Sommerakademie 2013 (Zentrum Paul Klee). Shadi was awarded with the mart stam studio grant, Berlin in 2014 and received the Alumni Dignitas Award of the University of Johannesburg in 2016. She presented her solo show Noka Ya Bokamoso at the South African National Arts Festival in Grahamstown in 2016. Shadi participated in The Parliament of Bodies, the Public Programs of documenta 14 and was awarded with the AFRICA’SOUT! residency program (Brooklyn, NY) in 2017. Shadi is fellow of the German Villa Romana Prize in Florence (Italy) for 2018.

Lerato Shadi lives and works in Berlin. She earned a M.A. (Space Strategies) from Kunsthochschule Berlin Weißensee in 2018 and she received a B.A. (Visual Art) from University of Johannesburg in 2006. From 2010 to 2012 Shadi was a member of the ‘Bag Factory artist studios’ in Johannesburg. Her work was featured at the Dak’art Biennale and in the III Moscow International Biennale in 2012. She is a fellow of Sommerakademie 2013 (Zentrum Paul Klee). Shadi was awarded with the mart stam studio grant, Berlin in 2014 and received the Alumni Dignitas Award of the University of Johannesburg in 2016. She presented her solo show Noka Ya Bokamoso at the South African National Arts Festival in Grahamstown in 2016. Shadi participated in The Parliament of Bodies, the Public Programs of documenta 14 and was awarded with the AFRICA’SOUT! residency program (Brooklyn, NY) in 2017. Shadi is fellow of the German Villa Romana Prize in Florence (Italy) for 2018.

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Kevin Jerome Everson

Artist-filmmaker

Kevin Jerome Everson (nato nel 1965) è un artista che lavora nel cinema, nella pittura, nella scultura e nella fotografia. È nato a Mansfield, Ohio e attualmente risiede in Virginia. Ha conseguito un MFA presso la Ohio University e un BFA presso l’Università di Akron, ed è Professore di Arte presso l’Università della Virginia, Charlottesville.

 

I film di Everson ritraggono spesso persone che lavorano e vivono nelle comunità della classe operaia. Molte delle sue opere si concentrano sulla migrazione di comunità e individui afroamericani dal sud americano verso nord in cerca di lavoro. “Everson rifiuta il ruolo di analista culturale nel suo lavoro, optando invece per una scelta che pone l’onere della comprensione sul pubblico e sul suo stesso lavoro. In questo modo, si è ritagliato un posto al di fuori sia delle aspettative tipiche del documentario che delle convenzioni della finzione rappresentativa, tentando di lavorare dai materiali dei mondi che

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Kevin Jerome Everson (nato nel 1965) è un artista che lavora nel cinema, nella pittura, nella scultura e nella fotografia. È nato a Mansfield, Ohio e attualmente risiede in Virginia. Ha conseguito un MFA presso la Ohio University e un BFA presso l’Università di Akron, ed è Professore di Arte presso l’Università della Virginia, Charlottesville.

 

I film di Everson ritraggono spesso persone che lavorano e vivono nelle comunità della classe operaia. Molte delle sue opere si concentrano sulla migrazione di comunità e individui afroamericani dal sud americano verso nord in cerca di lavoro. “Everson rifiuta il ruolo di analista culturale nel suo lavoro, optando invece per una scelta che pone l’onere della comprensione sul pubblico e sul suo stesso lavoro. In questo modo, si è ritagliato un posto al di fuori sia delle aspettative tipiche del documentario che delle convenzioni della finzione rappresentativa, tentando di lavorare dai materiali dei mondi che incontra per creare qualcosa di diverso.”

 

Everson impiega spesso riprese manuali e usa il 16 mm per creare molti dei suoi film. Il suo lavoro è stato oggetto di proiezioni retrospettive al Media City Film Festival (2011), Tate Modern (2017), online al Mubi (2018) e Cinéma du Réel al Centre Pompidou (2019)

 

Everson ha diretto quasi una dozzina di lungometraggi e oltre 100 corti.

 

I film di Everson sono stati oggetto di retrospettive mid-career al Modern and Contemporary Art Museum, Seoul, Korea (febbraio 2017); Viennale (2014); Visions du Reel, Nyon, Svizzera (2012), The Whitney Museum of American Art, NY e Media City Film Festival (2011) e Centre Pompidou, Parigi nel 2009. Il suo lavoro è stato presentato alla Biennale di Whitney del 2008, 2012 e 2017 , i Media City Film Festival del 2010, 2011, 2013, 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018 e la Biennale di Sharjah del 2013.

Edoardo Delille

Fotografo

Edoardo Delille è nato a Firenze nel 1974. Dopo gli studi in Giurisprudenza termina il corso triennale di Fotografia alla Fondazione Studio Marangoni di Firenze. Nel 2001 si muove a Milano dove inizia a collaborare con fotografi di moda e pubblicità.  Dopo pochi anni inizia a scattare le prime campagne pubblicitarie e i primi editoriali per la rivista Uomo Vogue. Non abbandona mai la sua passione per il reportage sociale e nel corso degli anni le sue storie   appaiono sulle più importanti riviste di settore (Sunday Times, Wired Uk, Geo Francia, Stern, Le Monde, Marie Claire USA, Neon, IoDonna Corriere, D Repubblica, Sportweek). Lavora da molti anni sul concetto di confine in quasi tutti i paesi del Medio Oriente dove ha vissuto per lunghi periodi, alternando l’attività di storytelling con quella di ritrattista su assignment per riviste internazionali. Lavora per grandi aziende private e pubbliche (Enel, Camera di Commercio di Milano, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare)

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Edoardo Delille è nato a Firenze nel 1974. Dopo gli studi in Giurisprudenza termina il corso triennale di Fotografia alla Fondazione Studio Marangoni di Firenze. Nel 2001 si muove a Milano dove inizia a collaborare con fotografi di moda e pubblicità.  Dopo pochi anni inizia a scattare le prime campagne pubblicitarie e i primi editoriali per la rivista Uomo Vogue. Non abbandona mai la sua passione per il reportage sociale e nel corso degli anni le sue storie   appaiono sulle più importanti riviste di settore (Sunday Times, Wired Uk, Geo Francia, Stern, Le Monde, Marie Claire USA, Neon, IoDonna Corriere, D Repubblica, Sportweek). Lavora da molti anni sul concetto di confine in quasi tutti i paesi del Medio Oriente dove ha vissuto per lunghi periodi, alternando l’attività di storytelling con quella di ritrattista su assignment per riviste internazionali. Lavora per grandi aziende private e pubbliche (Enel, Camera di Commercio di Milano, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) realizzando corporate e progetti fotografici dedicati. Membro del collettivo di fotografi Riverboom, negli ultimi anni usa diversi mezzi espressivi (video, stop-motion, uso di droni, collage) per raccontare le sue storie sempre impegnate da un fine sociale. Le foto dei suoi progetti sono state esposte in numerose mostre internazionali e fanno parte di collezioni private.

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Paolo Woods

Fotografo

Nato in Olanda da padre canadese e madre olandese, Paolo Woods cresce in Italia e vive a Parigi e a Haiti. Sfruttando la fotografia come strumento d’investigazione, si dedica a progetti di lunga durata dai quali nasce ogni volta una mostra, un libro e una serie di pubblicazioni nella stampa internazionale. Dopo un’indagine sul mondo del petrolio e un’inchiesta sulle guerre americane in Afghanistan e Iraq, si è interessato alla conquista cinese dell’Africa, esperienza da cui è nato CHINAFRICA, libro co-firmato con il giornalista Serge Michel e tradotto in undici lingue. Nel 2010 ha completato il progetto Walk on my Eyes, un ritratto intimo della società iraniana. Tra il 2010 e il 2014 Woods ha vissuto ad Haiti, esperienza che ha portato sia la pubblicazione (2013) di STATE e PEPE che la mostra prodotta dal Musée de l’Elysée di Losanna. Ha esposto in Francia, Italia, Stati Uniti, China, Spagna, Germania, Austria e Olanda, e i suoi lavori sono conservati in molte collezio

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Nato in Olanda da padre canadese e madre olandese, Paolo Woods cresce in Italia e vive a Parigi e a Haiti. Sfruttando la fotografia come strumento d’investigazione, si dedica a progetti di lunga durata dai quali nasce ogni volta una mostra, un libro e una serie di pubblicazioni nella stampa internazionale. Dopo un’indagine sul mondo del petrolio e un’inchiesta sulle guerre americane in Afghanistan e Iraq, si è interessato alla conquista cinese dell’Africa, esperienza da cui è nato CHINAFRICA, libro co-firmato con il giornalista Serge Michel e tradotto in undici lingue. Nel 2010 ha completato il progetto Walk on my Eyes, un ritratto intimo della società iraniana. Tra il 2010 e il 2014 Woods ha vissuto ad Haiti, esperienza che ha portato sia la pubblicazione (2013) di STATE e PEPE che la mostra prodotta dal Musée de l’Elysée di Losanna. Ha esposto in Francia, Italia, Stati Uniti, China, Spagna, Germania, Austria e Olanda, e i suoi lavori sono conservati in molte collezioni pubbliche e private. Ha ricevuto vari premi fra cui due World Press Photo Awards.

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Incontri Confluenti

Progetto RIVA

Nell’autunno 2017 i fotografi Davide Virdis, Martino Marangoni e Giuseppe Toscano hanno elaborato un progetto originale per San Francesco, Comune di Pelago, e per Pontassieve. Il tema principale di questo lavoro era il rapporto tra il fiume Sieve e la comunità. Questo gruppo di ricerca ha prodotto un lavoro originale sul territorio tra Pelago e Pontassieve presentato durante la festa del patrono a Pelago-Pontassieve il 29 settembre 2018, in una esposizione pubblica delle fotografie prodotte. L’esposizione nello spazio pubblico, sui pannelli di affissione che permeano la dimensione urbana, viene proposta dunque in una dimensione di immediata e spontanea accessibilità. I tre autori hanno inoltre condotto un workshop sul campo con quattro giovani fotografe.

Nell’autunno 2017 i fotografi Davide Virdis, Martino Marangoni e Giuseppe Toscano hanno elaborato un progetto originale per San Francesco, Comune di Pelago, e per Pontassieve. Il tema principale di questo lavoro era il rapporto tra il fiume Sieve e la comunità. Questo gruppo di ricerca ha prodotto un lavoro originale sul territorio tra Pelago e Pontassieve presentato durante la festa del patrono a Pelago-Pontassieve il 29 settembre 2018, in una esposizione pubblica delle fotografie prodotte. L’esposizione nello spazio pubblico, sui pannelli di affissione che permeano la dimensione urbana, viene proposta dunque in una dimensione di immediata e spontanea accessibilità. I tre autori hanno inoltre condotto un workshop sul campo con quattro giovani fotografe.

Incontri Confluenti

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The Time of discretion. Chapter one

Ciclo Global Identity

The time of Discretion. Chapter one
di Lisa Batacchi, a cura di Veronica Caciolli
Chiude il ciclo GLOBAL IDENTITIES. Postcolonial and cross-cultural Narratives L’esposizione è stata una metaforica e necessaria retrospettiva su un ciclo di lavori sviluppati specificamente sul tema della discrezione e intesi come il suo primo capitolo, dal 2015 al 2017. La mostra constava di due opere realizzate nel sud della Cina assieme al popolo Hmong e di circa venti nuovi lavori prodotti espressamente per questa occasione, tra batik, installazioni, arazzi, video, fotografie, archivio documentario e reperti simbolici. The Time of Discretion è un progetto transnazionale in progress, che schiude questioni complesse ed estremamente sensibili, che valicano largamente i confini dell’arte.
La mostra incrociava esperienza e rappresentazione, poneva drammaticamente a confronto Oriente e Occidente, avanzando un denso scenario teorico in relazione ai processi di globalizzazione. Il progetto prendeva le m


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The time of Discretion. Chapter one
di Lisa Batacchi, a cura di Veronica Caciolli
Chiude il ciclo GLOBAL IDENTITIES. Postcolonial and cross-cultural Narratives L’esposizione è stata una metaforica e necessaria retrospettiva su un ciclo di lavori sviluppati specificamente sul tema della discrezione e intesi come il suo primo capitolo, dal 2015 al 2017. La mostra constava di due opere realizzate nel sud della Cina assieme al popolo Hmong e di circa venti nuovi lavori prodotti espressamente per questa occasione, tra batik, installazioni, arazzi, video, fotografie, archivio documentario e reperti simbolici. The Time of Discretion è un progetto transnazionale in progress, che schiude questioni complesse ed estremamente sensibili, che valicano largamente i confini dell’arte.
La mostra incrociava esperienza e rappresentazione, poneva drammaticamente a confronto Oriente e Occidente, avanzando un denso scenario teorico in relazione ai processi di globalizzazione. Il progetto prendeva le mosse dalla partecipazione di Lisa Batacchi alla Land Art Mongolia Biennal del 2016, il cui tema da declinare riguardava l’interpretazione dell’asse che divide il cielo dalla terra. Per farlo, l’artista ha raggiunto Guizhou, un villaggio montano della Cina meridionale dove l’antico popolo dei Hmong (originario dell’area siberiano-mongolica), osserva quotidianamente una ritualità tradizionale. Custodisce in particolare una pratica specifica, considerata divinatoria, quella della tintura naturale ad indaco. Una grande tenda così realizzata dall’artista, manualmente, con lentezza e discrezione, assieme alle donne Hmong, è stata in seguito trasportata in processione verso il monte sacro Altan Ovoo, per la performance di inaugurazione della Biennale. Il cavallo-mucca ivi rappresentato, espone una simbologia derivata da un oracolo cinese della tradizione classica, interrogato preliminarmente dall’artista, le cui sentenze sono governate da una logica di casualità, attraverso il lancio ripetuto di monete. Una casualità intesa evidentemente come non casuale ma segretamente determinata, regola anche deliberatamente, il comportamento progressivo di Lisa Batacchi.
Una successiva esperienza presso questo popolo le ha permesso la tintura di un altro tessuto, che attinge ancora ai significati espressi nel quarantesimo e nel secondo esagramma dell’I-Ching (La liberazione – Il ricettivo). A questi, si affiancano in mostra ulteriori venti lavori multimediali, prodotti per questa esposizione e mostrati in anteprima per lo spazio de Le murate. La collaborazione con differenti tipi di maestrie, attività che caratterizza una delle direzioni del progetto, è stata estesa dall’artista anche al territorio locale, dapprima nella città di Firenze, dove attraverso gli antichi telai della Fondazione Lisio, ha potuto realizzare cinque arazzi in tessuto. Un toli, amuleto usualmente indossato e utilizzato dagli sciamani mongoli, è stato invece riprodotto su larga scala, a fini performativi oltre che espositivi, in parternship con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
La mostra è stata inoltre arricchita da quattro serie fotografiche che da una parte documentano la performance svolta per la Land Art Mongolia Biennal, il backstage materiale di questo primo capitolo e da una raccolta che rappresenta la bellezza, la persistenza della tradizione e la fragilità di un mondo parzialmente isolato, alle soglie della globalizzazione ma ancora magicamente possibile. Un video, che anticipa un lungometraggio di prossima produzione, ripercorreva le tappe paesaggistiche, relazionali e culturali della Mongolia, dell’Inner Mongolia e della Cina meridionale, in cui poesia, immaginari e narrazioni si confondono.

The Time of discretion. Chapter one

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Ka Long Wong

Scultore e insegnante

Ka Long Wong, figlio d’arte, è nato nella Macao portoghese nel 1977. La sua pratica, sia come professore presso il politecnico di Macao, sia come artista, è profondamente influenzata dai suoi viaggi sulla Via della Seta e dalla sua esperienza come cittadino coloniale, in cui i confini di aggressione e civilizzazione si fondono. Wong ha completato i suoi studi di  Scultura alla Accademia di Belle Arti di Guangzhou.

Ka Long Wong, figlio d’arte, è nato nella Macao portoghese nel 1977. La sua pratica, sia come professore presso il politecnico di Macao, sia come artista, è profondamente influenzata dai suoi viaggi sulla Via della Seta e dalla sua esperienza come cittadino coloniale, in cui i confini di aggressione e civilizzazione si fondono. Wong ha completato i suoi studi di  Scultura alla Accademia di Belle Arti di Guangzhou.

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The impossible black tulip

Ciclo Global Identity

The Impossible Black Tulip, terzo appuntamento del ciclo diretto da Valentina Gensini
GLOBAL IDENTITIES Postcolonial and cross-cultural Narratives, è un progetto che trova la sua ragione nell’esplorazione del concetto di appartenenza.
La mostra ha preso il nome dalla più antica mappa cinese che fonde concetti cartografici cinesi e occidentali. Mappe e identità hanno una correlazione profonda: trattandosi di rappresentazioni territoriali e di confini nazionali, l’azione di cartografare si collega alla politica identitaria nazionale di un paese.
Questa mappa, simbolo di ibridità culturale, mina il nostro concetto di identità e non a caso fu chiamata l’Impossibile Tulipano Nero, per la sua rarità e esotismo. Attraverso l’esposizione e l’azione partecipata, questa iniziativa vuole sondare e approfondire i dibattiti post-coloniali relativi ai concetti di ibridità, decolonizzazione e identità fluida.
Macao ne rappresenta un caso esemplare: colonia portoghese per quattrocent



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The Impossible Black Tulip, terzo appuntamento del ciclo diretto da Valentina Gensini
GLOBAL IDENTITIES Postcolonial and cross-cultural Narratives, è un progetto che trova la sua ragione nell’esplorazione del concetto di appartenenza.
La mostra ha preso il nome dalla più antica mappa cinese che fonde concetti cartografici cinesi e occidentali. Mappe e identità hanno una correlazione profonda: trattandosi di rappresentazioni territoriali e di confini nazionali, l’azione di cartografare si collega alla politica identitaria nazionale di un paese.
Questa mappa, simbolo di ibridità culturale, mina il nostro concetto di identità e non a caso fu chiamata l’Impossibile Tulipano Nero, per la sua rarità e esotismo. Attraverso l’esposizione e l’azione partecipata, questa iniziativa vuole sondare e approfondire i dibattiti post-coloniali relativi ai concetti di ibridità, decolonizzazione e identità fluida.
Macao ne rappresenta un caso esemplare: colonia portoghese per quattrocento anni, dopo l’annessione alla Cina nel 1999 come regione speciale amministrativa (SAR), ha scelto di affrontare la problematica identitaria attraverso un processo di costruzione orientato all’ggregazione anziché alla repressione o all’emarginazione dell’“altro”.
In che modo si relaziona il concetto di ibridità con quello di appartenenza? Insieme alla comunità cinese, tre artisti di Macao Eric FOK, Gue Jie CAI, Ka Long WONG hanno indagato i diversi modi di declinare questi concetti. Ci hanno fatto interrogare sulla legittimità di fondare una identità locale solo su alcuni aspetti di storia coloniale; sulla relazione tra appartenenza e proprietà; e infine, sul rapporto tra memoria del territorio e appropriazione del paesaggio da parte di una precisa idea architettonica di modernità. Le diverse manifestazioni anti-migratorie e il crescente successo dei partiti sovranisti rende urgente una revisione contemporanea di concetti come “identità nazionale” e “alterità”. Come definire oggi il termine “identità”?

The impossible black tulip

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Guo Jie Cai

Artista installativo, pittore, curatore

Guo Jie Cai è un artista, insegnante e curatore di installazioni. Nato a Hsin Chu, Taiwan, si è trasferito a Macao nel 2011. Cai ha conseguito una laurea in tecnica pittorica e un MFA in installazione presso la National Taiwan University of Arts. La sua pratica include pittura, installazioni, curatela e l’insegnamento. Attualmente è docente presso la Scuola d’arte del Politecnico di Macao, l’Istituto di Studi sul Turismo; il Museo d’Arte di Macao ed è membro della Società Artistica di Macao. Ricopre la carica di vicedirettore alla Società “Arte per Tutti” e consulente artistico presso Wind Box Community Development. Le mostre personali più recenti includono “As Memory Whispers”, Nan Vam Lake Art Gallery, Macao Artists Society, Macao; “Between States of Mind -Cai Guo Jie Solo Exhibition”, New Tile House, Innoart, Taiwan; “Cores da Cidade de Macao”, Rui Cunha Foundation Gallery, Macao, Cina

Guo Jie Cai è un artista, insegnante e curatore di installazioni. Nato a Hsin Chu, Taiwan, si è trasferito a Macao nel 2011. Cai ha conseguito una laurea in tecnica pittorica e un MFA in installazione presso la National Taiwan University of Arts. La sua pratica include pittura, installazioni, curatela e l’insegnamento. Attualmente è docente presso la Scuola d’arte del Politecnico di Macao, l’Istituto di Studi sul Turismo; il Museo d’Arte di Macao ed è membro della Società Artistica di Macao. Ricopre la carica di vicedirettore alla Società “Arte per Tutti” e consulente artistico presso Wind Box Community Development. Le mostre personali più recenti includono “As Memory Whispers”, Nan Vam Lake Art Gallery, Macao Artists Society, Macao; “Between States of Mind -Cai Guo Jie Solo Exhibition”, New Tile House, Innoart, Taiwan; “Cores da Cidade de Macao”, Rui Cunha Foundation Gallery, Macao, Cina

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The impossible black tulip

Ciclo Global Identity

The impossible black tulip

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Lisa Batacchi

Artista visiva

Lisa Mara Batacchi si forma al Polimoda di Firenze con una lurea in fashion design lavorando in seguito per vari marchi di alta moda, in particolare per Vivienne Westwood a Londra. Successivamente consegue una laurea in Arti Visive presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Le sue opere sono state esposte in numerose mostre personali e collettive, fra cui ricordiamo: 2°Something Else Cairo Biennale, Murate Art District (personale) a Firenze, Manifesta12 evento collaterale a Palermo, Art & Globalization Pavillion durante la 57a Biennale di Venezia, Dust space gallery a Milano, 4°Land Art Mongolia Biennale a Ulan Bator, Textile Arts Center a New York, Villa Ada a Roma, Clark House Initiative (personale) a Bombay, Villa Pacchiani a Pisa, riss (e) Zentrum (personale) a Varese, Mac, n a Pistoia. È vincitrice, tra gli altri, del premio italiano Movin’up per giovani artisti italiani all’estero. Negli ultimi anni ha tenuto laboratori e collaborato a progetti educativ

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Lisa Mara Batacchi si forma al Polimoda di Firenze con una lurea in fashion design lavorando in seguito per vari marchi di alta moda, in particolare per Vivienne Westwood a Londra. Successivamente consegue una laurea in Arti Visive presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Le sue opere sono state esposte in numerose mostre personali e collettive, fra cui ricordiamo: 2°Something Else Cairo Biennale, Murate Art District (personale) a Firenze, Manifesta12 evento collaterale a Palermo, Art & Globalization Pavillion durante la 57a Biennale di Venezia, Dust space gallery a Milano, 4°Land Art Mongolia Biennale a Ulan Bator, Textile Arts Center a New York, Villa Ada a Roma, Clark House Initiative (personale) a Bombay, Villa Pacchiani a Pisa, riss (e) Zentrum (personale) a Varese, Mac, n a Pistoia. È vincitrice, tra gli altri, del premio italiano Movin’up per giovani artisti italiani all’estero. Negli ultimi anni ha tenuto laboratori e collaborato a progetti educativi con Palazzo Strozzi a Firenze, con ACAF Foundation a Shanghai, con Siena Art Institute, con Lottozero a Prato.

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The Time of discretion. Chapter one

Ciclo Global Identity

The Time of discretion. Chapter one

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Eric Fok

Artista concettuale

Eric Fok è un’artista nato nell’ ultima fase della colonizzazione portoghese. Con le sue mappe meticolose esplora l’identità di Macao attraverso le sue trasformazioni, sviluppi e fenomeni post-coloniali, fondendo il tempo e lo spazio in una nuova e fascinante dimensione. I suoi lavori sono stati inclusi in: “Mostra degli illustratori” alla Children’s Book Fair di Bologna (2013), “Art Nova100 in China”, Fondazione Orientale. Sono state collezionate dal Museo Orientale (Portogallo), il Museo dell’ Università di Hong Kong, dal Governo di Macao e l’Istituto Culturale di Macao S.A.R. Website: www.behance.net/EricFok

Eric Fok è un’artista nato nell’ ultima fase della colonizzazione portoghese. Con le sue mappe meticolose esplora l’identità di Macao attraverso le sue trasformazioni, sviluppi e fenomeni post-coloniali, fondendo il tempo e lo spazio in una nuova e fascinante dimensione. I suoi lavori sono stati inclusi in: “Mostra degli illustratori” alla Children’s Book Fair di Bologna (2013), “Art Nova100 in China”, Fondazione Orientale. Sono state collezionate dal Museo Orientale (Portogallo), il Museo dell’ Università di Hong Kong, dal Governo di Macao e l’Istituto Culturale di Macao S.A.R. Website: www.behance.net/EricFok

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Victoria DeBlassie

Artista interdisciplinare

Victoria DeBlassie è nata e cresciuta ad Albuquerque, New Mexico. Ha studiato presso The University of New Mexico nel 2009 e il California College of the Arts nel 2011. Di recente, ha ricevuto una borsa di studio Fulbright per l’Italia per l’anno accademico 2012-2013. Ha partecipato a numerose residenze artistiche, come F.AIR a Firenze, Italia, Atelier Real a Lisbona, Portogallo, Lakkos AIR a Heraklion, Crete, e più recentemente Apulia Land Arts Festival a Margherita di Savoia, Italia. Ha esposto a livello nazionale e internazionale, in sedi tra cui [AC] 2 Gallery di Albuquerque, NM, The de Young Museum di San Francisco, CA, e la Fondazione Biagiotti Progetto a Firenze, Italia. http://www.victoriadeblassie.com

Victoria DeBlassie è nata e cresciuta ad Albuquerque, New Mexico. Ha studiato presso The University of New Mexico nel 2009 e il California College of the Arts nel 2011. Di recente, ha ricevuto una borsa di studio Fulbright per l’Italia per l’anno accademico 2012-2013. Ha partecipato a numerose residenze artistiche, come F.AIR a Firenze, Italia, Atelier Real a Lisbona, Portogallo, Lakkos AIR a Heraklion, Crete, e più recentemente Apulia Land Arts Festival a Margherita di Savoia, Italia. Ha esposto a livello nazionale e internazionale, in sedi tra cui [AC] 2 Gallery di Albuquerque, NM, The de Young Museum di San Francisco, CA, e la Fondazione Biagiotti Progetto a Firenze, Italia. http://www.victoriadeblassie.com

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Maria Nissan

Artista installativa

Maria Nissan è un’artista installativa diplomata allo Studio Arts College International con una laurea in educazione artistica e una in disegno e pittura alla University of Georgia. Durante il suo soggiorno a Firenze Maria si è dedicata alla realizzazione di installazioni immersive e sensoriali. Il suo lavoro crea un’esperienza attraverso la trasformazione e manipolazione del riciclo organico dei materiali e coinvolgendo tutti i sensi. “Il mio lavoro vuole investigare i temi centrali dell’identità culturale e il concetto etereo di casa. Provenendo da una famiglia irachena e assira, con una educazione di stampo americano, il mio contesto genera il mio desiderio di creare progetti artistici multiculturali. Questi progetti legano insieme tendenze diverse e a volte opposte nel mio essere come i paesi nei quali ho sviluppato il mio lavoro.” www.marianissan.com

 

Maria Nissan è un’artista installativa diplomata allo Studio Arts College International con una laurea in educazione artistica e una in disegno e pittura alla University of Georgia. Durante il suo soggiorno a Firenze Maria si è dedicata alla realizzazione di installazioni immersive e sensoriali. Il suo lavoro crea un’esperienza attraverso la trasformazione e manipolazione del riciclo organico dei materiali e coinvolgendo tutti i sensi. “Il mio lavoro vuole investigare i temi centrali dell’identità culturale e il concetto etereo di casa. Provenendo da una famiglia irachena e assira, con una educazione di stampo americano, il mio contesto genera il mio desiderio di creare progetti artistici multiculturali. Questi progetti legano insieme tendenze diverse e a volte opposte nel mio essere come i paesi nei quali ho sviluppato il mio lavoro.” www.marianissan.com

 

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Interpretation of a seed

Ciclo Global Identities

Ci sono molti modi per affrontare questioni globali, equilibri complicati, politiche che coinvolgono diverse aree del mondo, e uno di questi è una riflessione concettuale e fisica sul caffè. Il caffè – bevanda originaria dell’Etiopia e diffusa da centinaia di anni in molte aree del pianeta – riesce a unire in maniera transnazionale culture diverse e può essere un simbolo di un momento condiviso, ma anche elemento che sottolinea sfruttamenti e politiche di commercio globale estremamente controverse. E’ su questo crinale che si muove il lavoro presentato dalle artiste Maria Nissan e Victoria DeBlassie che hanno lavorato insieme sul tema da alcuni mesi. L’intervento che hanno proposto per MAD Murate Art District dal titolo Interpretation of a seed è stato il risultato delle domande che le artiste si sono poste. Tutto ha avuto origine dalla pratica comune della raccolta dei fondi di caffè della moka e del caffè americano che sono diventati il materiale

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Ci sono molti modi per affrontare questioni globali, equilibri complicati, politiche che coinvolgono diverse aree del mondo, e uno di questi è una riflessione concettuale e fisica sul caffè. Il caffè – bevanda originaria dell’Etiopia e diffusa da centinaia di anni in molte aree del pianeta – riesce a unire in maniera transnazionale culture diverse e può essere un simbolo di un momento condiviso, ma anche elemento che sottolinea sfruttamenti e politiche di commercio globale estremamente controverse. E’ su questo crinale che si muove il lavoro presentato dalle artiste Maria Nissan e Victoria DeBlassie che hanno lavorato insieme sul tema da alcuni mesi. L’intervento che hanno proposto per MAD Murate Art District dal titolo Interpretation of a seed è stato il risultato delle domande che le artiste si sono poste. Tutto ha avuto origine dalla pratica comune della raccolta dei fondi di caffè della moka e del caffè americano che sono diventati il materiale grezzo che mescolato con sale e farina e cotte al forno ha dato origine a oggetti scultorei. Le artiste hanno anche raccolto i sacchi di iuta, materiale per il trasporto dei chicchi di caffè diventato materiale installativo nello spazio. Questi elementi utilizzati diversamente sono il terreno comune di un pensiero formale sviluppato nello spazio della mostra. Interpretation of a seed prende corpo in due stanze del piano terra  due luoghi simili ma diversi. Uno spazio – quello di Maria Nissan – è attivato da caratteristiche più sensoriali e materiche con la presenza di elementi organici come lo zucchero, le sculture di caffè e i sacchi come sedute che invitano ad un momento di rilassamento e condivisione, alla ‘coffee culture’ come momento aggregativo. Gli elementi dell’installazione alludono alla cultura medio orientale dell’artista (di origini irakene) alla cultura americana, mescolate con quella italiana dove la presenza del caffè è un elemento culturale evidente e identitario. L’altra stanza realizzata di Victoria DeBlassie, pur avendo elementi comuni con la prima, ricorda più  le caffetterie ‘indie’ (apparentemente più rispettose del processo produttivo ma in realtà spesso gestite da multinazionali come Starbucks) come Ethiocha Koffiehuis, nome che l’artista ha pensato per il suo spazio. Qui gli elementi materici si fondono con un’azione di protesta concettuale. Su delle lavagne sono raccolti elementi e dati che sottolineano gli aspetti più complicati del commercio globale, e ai muri sono affisse immagini che sembrano alludere agli slogan usati per catturare i consumatori, ma giocano sull’ambiguità dei messaggi proposti che sposta l’attenzione sugli aspetti nascosti e manipolatori dell’informazione. La doppia installazione avvolge il visitatore sia dal punto di vista sensoriale, materico, olfattivo che come spazio di pensiero e aggregazione. A partire dal caffè le due artiste hanno spaziato nella storia e nelle diverse geografie riattivando la nostra consapevolezza – a partire da un gesto semplice e ordinario come prendere un caffè – su aspetti culturali, storici, politici.

Interpretation of a seed

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Interpretation of a seed

Ciclo Global Identity

Interpretation of a seed

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Ignas Krunglevičius

Compositore e artista visivo

Ignas Krunglevičius è compositore e artista visivo. Crea installazioni con suoni e immagini, video e oggetti che esplorano la psicologia dei processi del potere e il loro condizionamento sulla mente umana.

Il sonoro di questa installazione s’ispira all’opera Good Boy Bad Boy (1985) dell’artista americano Bruce Nauman, rivisitandola da un punto di vista attuale: gli attori che recitavano nel lavoro di Nauman sono stati sostituiti da una voce sintetica, sviluppata con una tecnologia che permette di simulare le inflessioni emotive, mentre lo scritto è stato modificato per riflettere il linguaggio auto-rappresentativo dei social media.

Ignas Krunglevičius è compositore e artista visivo. Crea installazioni con suoni e immagini, video e oggetti che esplorano la psicologia dei processi del potere e il loro condizionamento sulla mente umana.

Il sonoro di questa installazione s’ispira all’opera Good Boy Bad Boy (1985) dell’artista americano Bruce Nauman, rivisitandola da un punto di vista attuale: gli attori che recitavano nel lavoro di Nauman sono stati sostituiti da una voce sintetica, sviluppata con una tecnologia che permette di simulare le inflessioni emotive, mentre lo scritto è stato modificato per riflettere il linguaggio auto-rappresentativo dei social media.

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Ieva Rojūtė

Artista interdisciplinare

Ieva Rojūtė con le sue opere esplora le connessioni tra persone, ciò che sottende alla costruzione della famiglia, i conflitti interni alla identità individuali, le abitudini della vita quotidiana. A partire da ciò ritornano alcuni temi come la possibilità di fallire, la sfortuna, l’ansia, la paura, l’immaginazione, il non riuscire a realizzarsi. Nell’installazione site-specific Lithuanian sadness (traducibile come “tristezza lituana”) l’artista combina in modo diverso frasi già presenti in altri suoi lavori: «alcune espressioni tristi che ho raccolto nel tempo, che usiamo in riferimento alla vita e all’esistenza quando pur non essendoci niente di negativo non ci sentiamo bene lo stesso.»

Ieva Rojūtė con le sue opere esplora le connessioni tra persone, ciò che sottende alla costruzione della famiglia, i conflitti interni alla identità individuali, le abitudini della vita quotidiana. A partire da ciò ritornano alcuni temi come la possibilità di fallire, la sfortuna, l’ansia, la paura, l’immaginazione, il non riuscire a realizzarsi. Nell’installazione site-specific Lithuanian sadness (traducibile come “tristezza lituana”) l’artista combina in modo diverso frasi già presenti in altri suoi lavori: «alcune espressioni tristi che ho raccolto nel tempo, che usiamo in riferimento alla vita e all’esistenza quando pur non essendoci niente di negativo non ci sentiamo bene lo stesso.»

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Arnas Anskaitis

Artista interdisciplinare

Arnas Anskaitis è un artista interdisciplinare, nei suoi lavori confluiscono esperienze da aree differenti come fotografia, film, filosofia, linguistica. La sua nuova video installazione Letters from Home riguarda proprio il rapporto tra la lingua e la percezione: «La scrittura per me è interessante non solo nell’ambito del linguaggio, ma anche per la pratica della calligrafia. Come nascono le lettere dell’alfabeto? Sembra che la loro forma derivi dalla mano umana. Come sembrerebbero allora se non fossero scritte su un foglio di carta ma simulate in uno spazio tridimensionale?» I modelli 3D delle lettere nella proiezione generano un flusso di immagini. Significato letterale e d’immaginazione si sovrappongono, in riferimento all’origine della scrittura stessa, uno degli elementi primari della nostra identità umana.

Arnas Anskaitis è un artista interdisciplinare, nei suoi lavori confluiscono esperienze da aree differenti come fotografia, film, filosofia, linguistica. La sua nuova video installazione Letters from Home riguarda proprio il rapporto tra la lingua e la percezione: «La scrittura per me è interessante non solo nell’ambito del linguaggio, ma anche per la pratica della calligrafia. Come nascono le lettere dell’alfabeto? Sembra che la loro forma derivi dalla mano umana. Come sembrerebbero allora se non fossero scritte su un foglio di carta ma simulate in uno spazio tridimensionale?» I modelli 3D delle lettere nella proiezione generano un flusso di immagini. Significato letterale e d’immaginazione si sovrappongono, in riferimento all’origine della scrittura stessa, uno degli elementi primari della nostra identità umana.

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Andrej Polukord

Artista installativo e pittore

Andrej Polukord lavora con la pittura, l’installazione, la performance e il video per creare ambienti imprevedibili e situazioni assurde che producono doppi sensi e ambiguità: «Ciò che mi interessa in modo particolare è creare un senso di sorpresa. L’assurdo ci libera dalla serietà che caratterizza la nostra vita.» In questo caso l’artista attraverso una grande stampa a parete, un video e una serie di piccole sculture in ceramica – sospesi tra naturale e artificiale – elabora con fantasia uno degli elementi fondamentali della natura lituana, il fungo: simbolo del cercare e del trovare (ma come una sorpresa).

Andrej Polukord lavora con la pittura, l’installazione, la performance e il video per creare ambienti imprevedibili e situazioni assurde che producono doppi sensi e ambiguità: «Ciò che mi interessa in modo particolare è creare un senso di sorpresa. L’assurdo ci libera dalla serietà che caratterizza la nostra vita.» In questo caso l’artista attraverso una grande stampa a parete, un video e una serie di piccole sculture in ceramica – sospesi tra naturale e artificiale – elabora con fantasia uno degli elementi fondamentali della natura lituana, il fungo: simbolo del cercare e del trovare (ma come una sorpresa).

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A certain identity

A certain identity - Global Identities

GLOBAL IDENTITIES Postcolonial and cross-cultural Narratives
A certain identity Italia/Lituania
Arnas Anskaitis, Ignas Krunglevičius, Andrej Polukord, Ieva Rojūtė A cura di Matteo Innocenti in collaborazione con Adrius Pocius, Alesia e Yuliya Savitskaya

Secondo appuntamento del ciclo GLOBAL IDENTITIES, diretto da Valentina Gensini, A certain identity è un progetto che mette in relazione artisti di differente nazionalità intorno alla questione dell’identità, migrando in diversi paesi europei. Per la prima mostra sono stati invitati in Italia i giovani artisti lituani Arnas Anskaitis, Ignas Krunglevičius, Andrej Polukord, Ieva Rojūtė. Il titolo con la parola “certain”, in italiano “certa”, assume il doppio significato possibile: come aggettivo è sinonimo di certezza – l’identità in cui ci si può senza dubbio riconoscere – invece come aggettivo indefinito, senza qualità né quantità, indica un’identità tra molte possibili. Quattro artisti di una particolar



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GLOBAL IDENTITIES Postcolonial and cross-cultural Narratives
A certain identity Italia/Lituania
Arnas Anskaitis, Ignas Krunglevičius, Andrej Polukord, Ieva Rojūtė A cura di Matteo Innocenti in collaborazione con Adrius Pocius, Alesia e Yuliya Savitskaya

Secondo appuntamento del ciclo GLOBAL IDENTITIES, diretto da Valentina Gensini, A certain identity è un progetto che mette in relazione artisti di differente nazionalità intorno alla questione dell’identità, migrando in diversi paesi europei. Per la prima mostra sono stati invitati in Italia i giovani artisti lituani Arnas Anskaitis, Ignas Krunglevičius, Andrej Polukord, Ieva Rojūtė. Il titolo con la parola “certain”, in italiano “certa”, assume il doppio significato possibile: come aggettivo è sinonimo di certezza – l’identità in cui ci si può senza dubbio riconoscere – invece come aggettivo indefinito, senza qualità né quantità, indica un’identità tra molte possibili. Quattro artisti di una particolare nazionalità – scelti dal curatore del progetto in collaborazione con le istituzioni museali o Accademie di Belle Arti dei rispettivi paesi – sono invitati a “rappresentare” secondo la particolare inclinazione della propria ricerca, e secondo la cultura di provenienza, il fattore identitario attraverso una esposizione presso un paese ospite. La storia e la collocazione geografica della Lituania la rendono significativa sia per la questione dell’identità che per quella dei confini e dei rapporti all’interno del continente: poiché essa, al pari degli altri paesi baltici, si è costruita secondo un doppio moto di indipendenza e di annessione, tra la Russia e l’Europa – di cui è membro dal 2004 -. Il 2018 segna inoltre il centenario dell’indipendenza della nazione, avvenuta nel febbraio del 1918, a cui è seguito il costituirsi in Repubblica. Vernissage e artists talk: 5 aprile ore 17.30. La mostra è prodotta grazie alla collaborazione de Le Murate. Progetti Arte Contemporanea – Mus.e con TUM associazione culturale (Italia/Italy), Fondazione per lo sviluppo della cultura dell’istruzione della persona (Bielorussia/Belarus), Vilnius Pataphysic Institute (Lituania/Lithuania). Con il contributo di Ministry of Culture of the Republic of Lithuania, Lithuanian Council for Culture. Con il patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica di Lituana nella Repubblica Italiana e del Consolato della Repubblica Lituana di Firenze

A certain identity

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A certain identity

Ciclo Global Identities

A certain identity

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Barthélémy Toguo

Artista

Barthélémy Toguo è nato in Camerun nel 1967 e ha studiato Belle Arti ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Si è trasferito in Europa nel 1993 e ha iniziato a esibirsi e fare performance mentre terminava i suoi studi a Grenoble (Francia), poi a Dusseldorf (Germania).
La geografia politica e i confini personali sono stati un argomento implicito nel suo lavoro in studio e esplicito nelle sue performance. Da un lato, i suoi acquerelli forniscono un forte impatto visivo, utilizzando un repertorio limitato di immagini e colori per rappresentare un mondo onirico di metamorfosi umane, animali e vegetali. D’altra parte, la realizzazione delle sue installazioni su larga scala è generalmente approssimativa e rapida e sottolinea i conflitti, i paradossi e l’estremismo dell’uomo. Le sue installazioni possono essere visti come un’inversione metaforica dello storico saccheggio dell’Africa subita durante il periodo coloniale.
Toguo ha recentemente tenuto una mostra pe

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Barthélémy Toguo è nato in Camerun nel 1967 e ha studiato Belle Arti ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Si è trasferito in Europa nel 1993 e ha iniziato a esibirsi e fare performance mentre terminava i suoi studi a Grenoble (Francia), poi a Dusseldorf (Germania).
La geografia politica e i confini personali sono stati un argomento implicito nel suo lavoro in studio e esplicito nelle sue performance. Da un lato, i suoi acquerelli forniscono un forte impatto visivo, utilizzando un repertorio limitato di immagini e colori per rappresentare un mondo onirico di metamorfosi umane, animali e vegetali. D’altra parte, la realizzazione delle sue installazioni su larga scala è generalmente approssimativa e rapida e sottolinea i conflitti, i paradossi e l’estremismo dell’uomo. Le sue installazioni possono essere visti come un’inversione metaforica dello storico saccheggio dell’Africa subita durante il periodo coloniale.
Toguo ha recentemente tenuto una mostra personale, “The Sick Opera”, al Palais de Tokyo di Parigi. La mostra ha incluso il suo lavoro dal 1999 al 2004. Ha esposto in molti altri prestigiosi musei, gallerie e Biennali a livello internazionale come il Bass Museum of Art di Miami, il Centre George Pompidou di Parigi, lo Houston Museum of Art, il Guangdong Museum of Art , Il Museo Migros di Zurigo e il Palazzo Strozzi di Firenze da quattro anni. Test di prova per mostre personali e collettive selezionate.

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Il viaggio immaginario

di Barthélémy Toguo a cura di Janine Gaelle Dieudji e Justin Randolph Thompson, realizzata in collaborazione con Black History Month Florence e Institut Francais Italia

Il viaggio immaginario

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Justin Randolph Thompson | BHMF 2018

Artista e Direttore Black History Month Florence | Residenza d'artista e Mostra 2018

Justin Randolph Thompson
Artista e Direttore Black History Month Florence | Residenza d'artista e Mostra 2018
Justin Randolph Thompson | BHMF 2018

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Cristina Mariani

Fiber artist

MOSTRE PASSATE / ESPERIENZE LAVORATIVE
Trame a Corte – Rocca di Sala Baganza (PR) (2017) – Associazione Arcadia
Fiber Art II Contaminazioni – Officina d’Arte e Tessuti e Museo del Tessile, Spoleto (PG) (2017) – Officina d’Arte e Tessuti, Comune di Spoleto
Young Fiber Contest II – Premio Maria Luisa Sponga, Imbiancheria del Vajro, Chieri (TO) (2017) – Comune di Chieri
Memoria Tessile – Casa della Memoria e della Storia, Roma, (2017) – Casa della Memoria e della Storia
Premio Valcellina 10 edizione – Palazzo d’Attimis, Maniago (PN) (2017) – Le Arti Tessili
Sculture Tessili – Museo Civico Archeologico di Anzio (RM) (2016) – Comune di Anzio, Museo Civico Archeologico
Trame a Corte – Rocca di Sala Baganza (PR) (2016) – Associazione Arcadia
Young Fiber Contest – Premio Maria Luisa Sponga, Imbiancheria del Vajro, Chieri (TO) (2016) – Comune di Chieri
Italia – Polonia. Suggestioni delle presenze polacche in Italia








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MOSTRE PASSATE / ESPERIENZE LAVORATIVE
Trame a Corte – Rocca di Sala Baganza (PR) (2017) – Associazione Arcadia
Fiber Art II Contaminazioni – Officina d’Arte e Tessuti e Museo del Tessile, Spoleto (PG) (2017) – Officina d’Arte e Tessuti, Comune di Spoleto
Young Fiber Contest II – Premio Maria Luisa Sponga, Imbiancheria del Vajro, Chieri (TO) (2017) – Comune di Chieri
Memoria Tessile – Casa della Memoria e della Storia, Roma, (2017) – Casa della Memoria e della Storia
Premio Valcellina 10 edizione – Palazzo d’Attimis, Maniago (PN) (2017) – Le Arti Tessili
Sculture Tessili – Museo Civico Archeologico di Anzio (RM) (2016) – Comune di Anzio, Museo Civico Archeologico
Trame a Corte – Rocca di Sala Baganza (PR) (2016) – Associazione Arcadia
Young Fiber Contest – Premio Maria Luisa Sponga, Imbiancheria del Vajro, Chieri (TO) (2016) – Comune di Chieri
Italia – Polonia. Suggestioni delle presenze polacche in Italia – Spazio 5, Roma (2016) – Associazione Zabaglia
Grafica e Web Designer (freelance), Milano – Lisbona – Roma (2010 – presente)
Clienti: Lydia Predominato, Museo Civico Archeologico di Anzio, Vilda Magazine, Cecilia De Paolis, Valentina Valoroso, Kering Group, Cascina Oro, IED Milano, Vanessa Marques Language Studio, Conexões em Movimento, Comitato 25, Espaço Espiral, The Food Temple, Stralis, Ambar Filmes, Left&Right, Studio Le Quattro Valli.
Mostra Collettiva di Artigianato Artistico – Art Casa, Lisbona (Portogallo) (2013) – Art Casa
Web Designer – YOOX, Milano (2011-2012)
Dissipatio HG – Mostra Collettiva, Chiostro di Voltorre (VA) (2011) – Associazione Stralis
Dissiparty – Mostra Collettiva, Parco Morselli, Gavirate (VA) (2011) – Associazione Stralis
Web Designer – TheHookCom, Milano (2010-2011)
Web Designer – AB Comunicazioni, Milano (2009-2010)
Grafica – Istituto Europeo di Design, Evento Fuorisalone, Milano (2008) – IED Milano, Segis
Airswap – Partecipazione al progetto in mostra a Manifesta 7, Manifattura Tabacchi, Rovereto (TN) (2008) – Airswap
Grafica – La Gallina Matta, collezione tessile, Milano (2007-2008)
Assistente di Sissy Rizzatto, artista, Milano (2007-2008)
Assistente di Angela Florio, artista e decoratrice, Milano (2007-2008)
Assistente di Katja Noppes, artista, Milano (2007)
Assistente di Italo Zuffi, artista, Milano (2006)
Gemine Muse – Young Artists in European Museums – Mostra Collettiva, Amstelkring Museum, Amsterdam (Paesi
Bassi) (2005) – NABA, GAI Giovani Artisti Italiani
Who Uses the Space? – Mostra Collettiva, Isola Art Center, Milano (2005) – NABA
PREMI E RICONOSCIMENTI
Menzione Speciale “per il recupero dell’immagine tradizionale dell’arazzo rivisitato con tecniche ed immagini digitali”
per l’opera “Circuit”, Young Fiber Contest – Premio Maria Luisa Sponga, Chieri (TO) (2016)
Secondo Premio per l’opera “Silk Road”, Trame a Corte, Rocca di Sala Baganza (PR) (2016)
COLLEZIONI
Museo Civico Archeologico di Anzio (RM), “Pro itu et reditu” donazione temporanea
Collezione Arazzi e Fiber Art Associazione Arcadia (PR), “Silk Road”
PUBBLICAZIONI
Premio Valcellina 10 edizione, catalogo mostra 2017 – Le Arti Tessili (in preparazione)
Tessere a mano, settembre 2017, Inaugurata la 14a edizione di Trame a Corte di Eva Basile
Trame a Corte 2017, catalogo mostra – Associazione Arcadia
Fiber Art II Contaminazioni , catalogo mostra 2017 – Officina d’Arte e Tessuti
Texere Newsletter , estate 2017, Art as Memory di Renata Pompas
Karmanews, giugno 2017, Arte come Memoria di Renata Pompas
TG Lazio, 30 maggio 2017 edizione delle 14, servizio sulla mostra Memoria Tessile alla Casa della Memoria
Il Messaggero Roma, 6 maggio 2017, Non pennelli ma ago e filo: ecco a voi la Fiber art di Silvia Donat Cattin
Portale Comune di Roma, maggio 2017, Memoria tessile, in mostra alla Casa della Memoria
Restart – Young Fiber Contest II, catalogo mostra 2017 – Comune di Chieri
Voce Romana, novembre-dicembre 2016, Sculture Tessili di Stefania Severi
Tessere a mano, settembre 2016, Trame a Corte 2016 di Gianpaolo Dal Maso
Trame a Corte 2016, catalogo mostra – Associazione Arcadia
Tramanda – Young Fiber Contest, catalogo mostra 2016 – Comune di Chieri
Dissipatio HG, catalogo mostra 2011 – Associazione Stralis
Gemine Muse 05, catalogo mostra 2005 – GAI
FORMAZIONE
Arazzo, Telaio Verticale, corso biennale, Scuola delle Arti Ornamentali San Giacomo – Roma (2015 – 2017)
Insegnante: Federica Luzzi
Tessitura, Telaio Orizzontale, corso biennale, Scuola delle Arti Ornamentali San Giacomo – Roma (2015 – 2017)
Insegnante: Lucia Pagliuca
Corso di tintura all’indaco naturale e tecnica a riserva shibori, Rosella Cilano, Associazione Tintura Naturale,
Milano (2016)
Feltro e seta, seminario, Sergio Milioni e Daniela Costanzo Giorgio, Accademia Koefia – Roma (2016)
Intangible Cultural Heritage, Workshop formativo sull’applicazione della Convenzione Unesco Patrimonio Culturale
Immateriale – UNESCO – Regione Lombardia – Tirano (SO), Poschiavo (Svizzera)(2015)
Web Design, Multimediamente – Milano (2009)
Product Design, indirizzo Arte e Design, Diploma di Laurea, Nuova Accademia di Belle Arti – Milano (2007)
Disegno e Figura dal vero , Scuola delle Arti Applicate del Castello Sforzesco – Milano (2002)
Maturità Classica, Liceo Classico Bartolomeo Zucchi – Monza (MB) (2001)

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Muratessili

Residenza d'artista e installazione di Cristina Mariani

MURATESSILI

All’interno del complesso delle murate un progetto che collega passato e presente grazie all’opera della fiber artist Cristina Mariani.

Dalle antiche maestranze fiorentine dell’Arte della Lana e di Calimala al progetto di Cristina Mariani vincitrice della Open Call per artisti contemporanei di MAD Murate art District 2017. Un progetto sostenuto grazie al finanziamento della Regione Toscana che affonda le proprie radici nell’arte della tessitura e riprende tecniche tramandate dalle maestranze artigianali toscane nel corso dei secoli. MURATESSILI è una lunga striscia di quasi 13 metri tessuta manualmente al telaio con la tecnica dello spolinato. Questa prevede, oltre all’ordito e alla trama di fondo, una seconda trama detta trama d’opera che forma il disegno vero a proprio tessuto con vari materiali tessili come lana maremmana, lino, seta lucchese, damaschi, velluti e broccati in grado di restituire i colori del variegato paesaggio toscano: gialli, ocra, marroni,

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MURATESSILI

All’interno del complesso delle murate un progetto che collega passato e presente grazie all’opera della fiber artist Cristina Mariani.

Dalle antiche maestranze fiorentine dell’Arte della Lana e di Calimala al progetto di Cristina Mariani vincitrice della Open Call per artisti contemporanei di MAD Murate art District 2017. Un progetto sostenuto grazie al finanziamento della Regione Toscana che affonda le proprie radici nell’arte della tessitura e riprende tecniche tramandate dalle maestranze artigianali toscane nel corso dei secoli. MURATESSILI è una lunga striscia di quasi 13 metri tessuta manualmente al telaio con la tecnica dello spolinato. Questa prevede, oltre all’ordito e alla trama di fondo, una seconda trama detta trama d’opera che forma il disegno vero a proprio tessuto con vari materiali tessili come lana maremmana, lino, seta lucchese, damaschi, velluti e broccati in grado di restituire i colori del variegato paesaggio toscano: gialli, ocra, marroni, verdi, azzurri. Alla ricerca artistica e alla pratica produzione tessile, si unisce l’elemento sonoro: il canto che è sempre stato una costante nel lavoro tessile come ritmo e elemento di coesione tra le lavoratrici, diventa l’elemento conduttore e rappresentazione grafica nella trama d’opera che si esprime in un’onda sonora di un canto popolare. Traccia e struttura del lavoro è una partitura visiva ispirata all’Inno delle tessitrici. legato agli scioperi del 1910, e simbolo del sentimento comune di lavoratrici che invocano unione nella riconquista dei diritti femminili.  In collaborazione con il Museo del Tessuto di Prato Si ringrazia l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi per la concessione dell’Inno delle tessitrici

Muratessili

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Muratessili

Residenza d'artista e installazione di Cristina Mariani

Muratessili

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Justin Randolph Thompson | BHMF 2017

Artista e Direttore Black History Month Florence | Residenza d'artista e Mostra

Justin Randolph Thompson su BHMF 2017
Artista e Direttore Black History Month Florence | Residenza d'artista e Mostra
Justin Randolph Thompson | BHMF 2017

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Robert Pettena

Fotografo, video artist, artista installativo

Nato a Penbury (UK) nel 1970, Robert Pettena ha trascorso gran parte della sua giovinezza e adolescenza tra Brixton (Londra) e San Giovenale (Reggello, Italia). Nel 1990 si trasferisce a Firenze, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti.

Robert Pettena è un artista-viaggiatore che indaga le meraviglie e le incongruenze del mondo, cogliendo aspetti contrastanti della realtà in modo poetico e provocatorio.
Oltre alla fotografia, alla videoarte e alle installazioni, il suo lavoro comprende performance e progetti site-specific che coinvolgono altri attori oltre a lui, spesso provenienti dall’underground artistico in cui Pettena ha individuato un potenziale e un’energia che trasferisce e canalizza in una varietà di situazioni. , innescando un cortocircuito nei sensi del suo pubblico. La sua arte può essere sia massiccia che “distruttiva”, come i suoi scavi all’interno dello studio Gum di Carrara, o minimale, come l’inserimento di un giradischi nel panor

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Nato a Penbury (UK) nel 1970, Robert Pettena ha trascorso gran parte della sua giovinezza e adolescenza tra Brixton (Londra) e San Giovenale (Reggello, Italia). Nel 1990 si trasferisce a Firenze, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti.

Robert Pettena è un artista-viaggiatore che indaga le meraviglie e le incongruenze del mondo, cogliendo aspetti contrastanti della realtà in modo poetico e provocatorio.
Oltre alla fotografia, alla videoarte e alle installazioni, il suo lavoro comprende performance e progetti site-specific che coinvolgono altri attori oltre a lui, spesso provenienti dall’underground artistico in cui Pettena ha individuato un potenziale e un’energia che trasferisce e canalizza in una varietà di situazioni. , innescando un cortocircuito nei sensi del suo pubblico. La sua arte può essere sia massiccia che “distruttiva”, come i suoi scavi all’interno dello studio Gum di Carrara, o minimale, come l’inserimento di un giradischi nel panorama desolato del lago artificiale di Santa Barbara, intitolato Alla conquista dell’inutile [ Conquistare l’inutile].

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L'enigma del Nobel

Residenza d'artista e installazione di Robert Pettena

E’ stata inaugurata giovedì 3 marzo 2016, presso MAD Murate Art District, l’Enigma di Nobel, installazione dell’artista Robert Pettena nata da un lungo lavoro di ricerca compiuto a partire dai siti SIPE-Nobel del territorio italiano. Alfred Nobel, noto come l’ideatore dell’omonimo premio, fu anche e soprattutto l’inventore della dinamite: nei primi anni Settanta dell’Ottocento, dopo aver incontrato varie difficoltà in molti Paesi del nord Europa, Nobel giunse in Italia per installare i suoi impianti di produzione di esplosivi. Più tardi la sua società “Dynamite Nobel” stabilì una fruttuosa joint venture con la Società Italiana Prodotti Esplodenti, dando vita alla SIPE Nobel S.p.A. L’Enigma di Nobel è stato il secondo capitolo di un ampio progetto dedicato a Nobel, iniziato qualche anno fa all’interno di una delle sue ex-fabbriche, la polveriera di Forte dei Marmi, poi proseguito negli altri stabilimenti siti lungo la penisola e presentato al pubblico co

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E’ stata inaugurata giovedì 3 marzo 2016, presso MAD Murate Art District, l’Enigma di Nobel, installazione dell’artista Robert Pettena nata da un lungo lavoro di ricerca compiuto a partire dai siti SIPE-Nobel del territorio italiano. Alfred Nobel, noto come l’ideatore dell’omonimo premio, fu anche e soprattutto l’inventore della dinamite: nei primi anni Settanta dell’Ottocento, dopo aver incontrato varie difficoltà in molti Paesi del nord Europa, Nobel giunse in Italia per installare i suoi impianti di produzione di esplosivi. Più tardi la sua società “Dynamite Nobel” stabilì una fruttuosa joint venture con la Società Italiana Prodotti Esplodenti, dando vita alla SIPE Nobel S.p.A. L’Enigma di Nobel è stato il secondo capitolo di un ampio progetto dedicato a Nobel, iniziato qualche anno fa all’interno di una delle sue ex-fabbriche, la polveriera di Forte dei Marmi, poi proseguito negli altri stabilimenti siti lungo la penisola e presentato al pubblico con la mostra Noble Explosion presso la Galleria civica di Modena.

All’interno degli spazi di MAD la mostra ha ospitato alcune fotografie delle architetture industriali, abbandonate e sopraffatte dalla vegetazione spontanea, e un’installazione densa di suggestioni: un ambiente che è allo stesso tempo laboratorio, archivio (con disegni tecnici, maquette, libri paga, materiale d’archivio, visori e negativi stereoscopici), serra per la coltivazione di orchidee, nonché un omaggio a Gino De Dominicis. Gli spazi hanno accolto materiali ritrovati da Pettena all’interno delle fabbriche o acquistati da antiquari, che riportano in superficie una storia ormai dimenticata e restituiscono un ritratto articolato di Alfred Nobel: una riflessione sugli aspetti più contraddittori della sua figura, spesso citata per le sue capacità visionarie, ma ancora poco rappresentata e indagata.

“La passione di Nobel per le piante”, ha dichiarato l’artista “si muove con la stessa intensità del suo impegno in numerosissimi brevetti,[…] nella dimora ad Avenue Malakoff, ora Avenue Raymond Poincaré, a Parigi, aveva un giardino d’inverno dove coltivava le sue orchidee mentre nel laboratorio a fianco sperimentava nuove sostanze esplodenti. […] Il suo rapporto contraddittorio con l’uso degli esplodenti per la produzione di ordigni bellici come per grandi opere civili, si muoveva di pari passo con la filantropia nel sostegno di organizzazioni pacifiste e in particolare quella capeggiata Bertha von Suttner, già sua segretaria. […] Gli improvvisi boati prodotti dalla nitroglicerina tanto odiati dai vicini e la sorprendente rigogliosità della vegetazione nelle sue serre, inducono adesso a percepire una sottile connessione in equilibrio tra il senso di pace nato dall’interesse per la botanica e lo studio approfondito dei materiali dalle caratteristiche instabili. […] L’installazione l’Enigma di Nobel, un laboratorio/serra, vuole essere un luogo in cui innescare tali sinergie in una ricostruzione atemporale in cui ogni oggetto, seppur distante di luogo o di significato, può creare un cortocircuito generatore di interessanti invenzioni”.

In occasione del vernissage, alle ore 18.30, si è svolta una performance ideata dall’artista Robert Pettena e interpretata dalla performer Chiara Macinai.

Il nome di Alfred Nobel è indissolubilmente legato ai prestigiosi premi che ogni anno vengono attribuiti in diversi campi della scienza: fisica, chimica, medicina, delle lettere e dell’economia, oltre al premio Nobel per la pace che assume spesso un’importante rilevanza anche sul piano politico. Forse non a tutti è noto, invece, che Nobel è stato un geniale inventore, autore di oltre 350 brevetti in settori fra loro anche molto diversi, il più noto dei quali è senz’altro collegato alla scoperta della dinamite. Grazie ai proventi delle attività industriali basate sulle sue invenzioni, Nobel lasciò in eredità gran parte della sua fortuna per creare i premi che portano il suo nome da assegnare a coloro che “portano importanti benefici all’umanità” per le loro ricerche e invenzioni, per le opere letterarie e per l’impegno in favore della pace “da conferire senza distinzione alcuna di nazionalità”.

 

L'enigma del Nobel

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Alfred & Bertha, Enigma of Nobel | una performance ideata dall’artista Robert Pettena e interpretata dalla performer Chiara Macinai

Alfred & Bertha, Enigma of Nobel, Murate Art District, Firenze, 2016
In occasione del vernissage si è svolta una performance ideata dall’artista Robert Pettena e interpretata dalla performer Chiara Macinai.

Alfred & Bertha, Enigma of Nobel, Firenze, 2016
Una performance ideata dall’artista Robert Pettena e interpretata dalla performer Chiara Macinai
Alfred & Bertha, Enigma of Nobel | una performance ideata dall’artista Robert Pettena e interpretata dalla performer Chiara Macinai

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L'enigma del Nobel

Residenza d'artista e installazione di Robert Pettena

L'enigma del Nobel

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Katharina Anna Loidl

Artista concettuale

Laureata con lode nel 2012 alla University of Art & Design Linz (Austria), ricercatrice e artista concettuale, dal 2009 realizza installazioni e progetti site-specific combinando scultura, video e fotografia. L’espansione dello spazio, lo scetticismo verso il visibile e le sottili irritazioni del quotidiano forniscono lo stimolo per il suo modo concettuale di lavorare. Nel suo vocabolario artistico delle forme, esamina l’elemento di collegamento dell’astratto con la rappresentazione, lo storico con il contemporaneo, la natura rurale con l’architettura urbana. Premiata con riconoscimenti e produzioni internazionali, Katharina Loidl è stata artist-in-residence a Berlino, Marsiglia, Berna (Stadtgalerie) e Algeri, in Indonesia (Sewon Art Space, Yogykarta) e Quebec (Sporobole-Centre en art actuel, Sherbrooke), ed ha realizzato progetti di arte pubblica in Austria. Sue opere sono state acquisite da istituzioni pubbliche e private in Austria e Canada.

Laureata con lode nel 2012 alla University of Art & Design Linz (Austria), ricercatrice e artista concettuale, dal 2009 realizza installazioni e progetti site-specific combinando scultura, video e fotografia. L’espansione dello spazio, lo scetticismo verso il visibile e le sottili irritazioni del quotidiano forniscono lo stimolo per il suo modo concettuale di lavorare. Nel suo vocabolario artistico delle forme, esamina l’elemento di collegamento dell’astratto con la rappresentazione, lo storico con il contemporaneo, la natura rurale con l’architettura urbana. Premiata con riconoscimenti e produzioni internazionali, Katharina Loidl è stata artist-in-residence a Berlino, Marsiglia, Berna (Stadtgalerie) e Algeri, in Indonesia (Sewon Art Space, Yogykarta) e Quebec (Sporobole-Centre en art actuel, Sherbrooke), ed ha realizzato progetti di arte pubblica in Austria. Sue opere sono state acquisite da istituzioni pubbliche e private in Austria e Canada.

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Panopticon

Installazione site-specific di Katharina Anna Loidl

Il 14 gennaio 2016 Katharina Anna Loidl, vincitrice della Open Call internazionale per residenza d’artista promossa da Le Murate. Progetti Arte Contemporanea, ha presentato al pubblico il progetto finale del suo periodo di residenza presso l’ex carcere delle Murate.  Scelta dalla giuria tecnica tra un centinaio di candidature, per l’alta qualità del progetto proposto, pertinente alle finalità del bando e alla specificità del luogo, l’artista austriaca ha alle spalle un percorso significativo con premi presso Yogyakarta Indonesia e Consel des Arts et des Lettres Quèbec (CA), Upper Austrian Culture Quarter di Linz, e residenze a Berna, Quebec, Yogyakarta, Algeri, Berlino. L’installazione site-specific dell’artista è stata frutto della riflessione su uno spazio storicamente connotato come quello dell’ex carcere maschile e parte dal concetto di Panopticon: disegno ideale di carcere progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham

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Il 14 gennaio 2016 Katharina Anna Loidl, vincitrice della Open Call internazionale per residenza d’artista promossa da Le Murate. Progetti Arte Contemporanea, ha presentato al pubblico il progetto finale del suo periodo di residenza presso l’ex carcere delle Murate.  Scelta dalla giuria tecnica tra un centinaio di candidature, per l’alta qualità del progetto proposto, pertinente alle finalità del bando e alla specificità del luogo, l’artista austriaca ha alle spalle un percorso significativo con premi presso Yogyakarta Indonesia e Consel des Arts et des Lettres Quèbec (CA), Upper Austrian Culture Quarter di Linz, e residenze a Berna, Quebec, Yogyakarta, Algeri, Berlino. L’installazione site-specific dell’artista è stata frutto della riflessione su uno spazio storicamente connotato come quello dell’ex carcere maschile e parte dal concetto di Panopticon: disegno ideale di carcere progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham  e struttura architettonica in cui a un unico sorvegliante viene permesso di osservare da una torre centrale tutti i detenuti senza che essi sappiano se in quel momento si trovano o meno sotto gli occhi della guardia carceraria. Il termine “panopticon” affonda le proprie radici nella mitologia greca, in cui Argo Panoptes gigante dai cento occhi era considerato il guardiano per eccellenza. A queste suggestioni Katharina Loidl ha attinto per realizzare il proprio progetto installativo, che rievoca il concetto di osservazione, traslato in termini contemporanei. L’artista austriaca ha creato un legame tra il Panopticon e il controllo cui quotidianamente ci sottoponiamo tramite l’uso costante della tecnologia, che ci espone costantemente a uno spazio dove non esistono confini della sfera privata. Come il carcere, il web viene percepito quale un “mondo altro”:  in quanto eterotòpico è il luogo in cui l’uomo vive un’altra realtà.

A cura di Valentina Gensini

 “Un nuovo modo per ottenere potere mentale sulla mente in maniera e quantità mai vista prima”. Jeremy Bentham

Panopticon

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Panopticon

Installazione site-specific di Katharina Anna Loidl

Panopticon

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Valeria Muledda

Artista multisciplinare, attrice e performer

Lavora come artista, attrice e performer. Si forma nella scena del teatro di ricerca internazionale e nella prassi artistica di differenti linguaggi e strumenti privilegiando l’esplorazione della relazione corpo-spazio. Lavora attualmente costruendo dispositivi di partecipazione che hanno alla base l’indistinzione tra le arti ed una rinnovata relazione col quotidiano. E’ Docente di Performing Art presso differenti istituzioni nazionali ed europee. Nel 2002 è tra i fondatori del multiple-name Svarnet (selezione nazionale Es.terni 2007, finalista PREMIO EXTRA 2008). Vive tra l’italia e la Francia, dove collabora con le Centre d’Etude des Arts Contemporains (CEAC) e con l’Université de Lille 3, France; qui è parte dell’equipe de Le Jeu d’Orchestre, Recherche-action en art dans les lieux de privation de liberté (Lille 3, Esagramma, Hors Cadre). Nel Gennaio 2012 è fondatrice di STUDIOVUOTO – Studio di architettura che non costruisce, laboratorio transdisciplinare di s

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Lavora come artista, attrice e performer. Si forma nella scena del teatro di ricerca internazionale e nella prassi artistica di differenti linguaggi e strumenti privilegiando l’esplorazione della relazione corpo-spazio. Lavora attualmente costruendo dispositivi di partecipazione che hanno alla base l’indistinzione tra le arti ed una rinnovata relazione col quotidiano. E’ Docente di Performing Art presso differenti istituzioni nazionali ed europee. Nel 2002 è tra i fondatori del multiple-name Svarnet (selezione nazionale Es.terni 2007, finalista PREMIO EXTRA 2008). Vive tra l’italia e la Francia, dove collabora con le Centre d’Etude des Arts Contemporains (CEAC) e con l’Université de Lille 3, France; qui è parte dell’equipe de Le Jeu d’Orchestre, Recherche-action en art dans les lieux de privation de liberté (Lille 3, Esagramma, Hors Cadre). Nel Gennaio 2012 è fondatrice di STUDIOVUOTO – Studio di architettura che non costruisce, laboratorio transdisciplinare di studi e pratiche artistiche che chiama a sé artisti ed abitanti in progetti di attraversamento, mitopoiesi, e trasformazione del territorio a partire da processi condivisi di indagine e creazione. Valeria Muledda ha esposto e sviluppato progetti a Milano, Firenze, Venezia, Lille, Tallin, Londra, Basilea, Barcellona. Per Le Murate Progetti Arte Contemporanea ha prodotto, in collaborazione con Francesco Casciaro (Tempo Reale), l’installazione sonora site-specific per gli spazi dell’ex carcere duro delle Murate di Firenze Nuclei (Vitali). Immagine tratta da: Studio per una cena con R.M. , Valeria Muledda, 2013. Courtesy by Valeria Muledda.

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Nuclei (Vitali)

Residenza d'artista e Installazione permanente di Valeria Muledda

La lingua italiana chiama nucleo la parte centrale e più densa della cellula (diminutivo del lat. cella, piccola stanza), l’unità alla base di ogni forma di vita considerata come la più piccola struttura classificabile come vivente. Il progetto Nuclei (Vitali) chiama con questa espressione di vita e movimento gli spazi delle celle dure del carcere delle Murate di Firenze, concentrando simbolicamente in questo luogo l’anima dello spazio detentivo dell’intero complesso carcerario. Il processo artistico che ha portato all’installazione sonora esperibile in questo luogo ha considerato come vitale la possibilità di attraversare e vivere gli spazi delle Murate, incontrando alcuni di coloro che oggi o ieri hanno vissuto e vivono tratti della sua storia. Vitale è stato sedersi tra queste pietre e da qui guardare la città, ritrovando invertita la direzione abituale dello sguardo: guardare la città dal carcere, e non l’inverso. Osservare lo spazio urbano, l’abitare e

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La lingua italiana chiama nucleo la parte centrale e più densa della cellula (diminutivo del lat. cella, piccola stanza), l’unità alla base di ogni forma di vita considerata come la più piccola struttura classificabile come vivente. Il progetto Nuclei (Vitali) chiama con questa espressione di vita e movimento gli spazi delle celle dure del carcere delle Murate di Firenze, concentrando simbolicamente in questo luogo l’anima dello spazio detentivo dell’intero complesso carcerario. Il processo artistico che ha portato all’installazione sonora esperibile in questo luogo ha considerato come vitale la possibilità di attraversare e vivere gli spazi delle Murate, incontrando alcuni di coloro che oggi o ieri hanno vissuto e vivono tratti della sua storia. Vitale è stato sedersi tra queste pietre e da qui guardare la città, ritrovando invertita la direzione abituale dello sguardo: guardare la città dal carcere, e non l’inverso. Osservare lo spazio urbano, l’abitare ed il convivere da questo insieme separato di cel(lu)le respinte, considerarlo a partire dai più piccoli moduli abitativi viventi, aiuta a sgomberare lo sguardo per guardare ancora la città. Il carcere è un luogo continuamente rimosso dal nostro quotidiano. L’abitante e il cittadino non sono chiamati a pensarlo, considerarlo, attraversarlo, o passarci vicino. Il presente invece ci porta oggi alle Murate per considerare questo luogo come elemento da sempre parte della città, della sua storia e del suo presente. Dalla metà dell’800 il carcere delle Murate é abitato dalla resistenza quotidiana di ogni persona privata della libertà e dall’importante presenza resistente che in momenti cruciali della storia italiana ha combattuto per la libertà ed i diritti fondamentali (tra gli altri, Gaetano Salvemini, Nello Rosselli, Carlo L. Ragghianti, Tosca Bucarelli, Anna Maria Enriques Agnoletti, Orsola Biasutti, Enrica Calabresi, Nathan Cassuto, Aldo Braibanti, Guido Calogero, Aldo Capitini, Oreste Ristori, Tristano Codignola, Carlo Levi, …), sino al 1983 – quando il carcere delle Murate viene chiuso ed i suoi detenuti trasferiti fuori dalla città nel complesso detentivo del nuovo carcere di Sollicciano – attraversando quel processo che porterà prima alla riforma legislativa penitenziaria del 1975 e alla legge M. Gozzini poi (1986). Nuclei (Vitali) ha quindi a che fare con la base necessaria, con le relazioni tra noi e lo spazio che fanno lo spazio della città. La presenza delle Murate, la presenza di questa città murata ora aperta, apre il percorso e lo interroga. Quel che i luoghi lasciano ha a che fare con la voce, col quel canto degli edifici (Paul Valery) che suona e muove la città. Nuclei (Vitali) ha cercato di vivere questi spazi senza superarli, senza sovrastarli, nella volontà di un vero ascolto. I limiti coi quali doveva lavorare (lo spazio non poteva essere in nessun modo veramente modificato) hanno aiutato il processo in questa direzione. Il risultato è un’installazione cellulare, una narrazione-traduzione che è una respirazione cellulare con le pietre. L’idea dell’elaborazione sonora di Nuclei (Vitali) è quella di una struttura “viva” in cui diversi elementi dialogano tra loro assumendo lentamente ma in maniera continua una trasformazione, una metamorfosi. Il fruitore-abitante del carcere duro è in questo modo compreso in un corpo architettonico-cellulare più grande nel quale fa esperienza ma che anche contribuisce a modificare attivamente a partire dalla sua stessa presenza. I sensori normalmente parte di sistemi di controllo vengono quindi qui utilizzati per “ascoltare lo spazio” e la relazione con esso, in una continuità tra corpo fisico e corpo architettonico. Il processo sviluppato non può esaurire la complessità storica e sociale che Le Murate portano con sé, ma vuole condividere il suo percorso comprendendo nei suoi nuclei vitali il fruitore-abitante che li attraversa, così come il carcere comprende ed è parte della città. Nuclei (Vitali) è un “raccontatore”, uno storyteller, un esercizio di presenza che si siede tra le pietre del carcere duro e da qui ascolta ancora le storie che gli hanno raccontato. L’installazione raccoglie e distribuisce nello spazio circa 20 ore di materiale che costituiscono l’archivio sonoro del progetto. Questo si compone di sei parti: una parte raccoglie i racconti, per via diretta e indiretta, relativi al carcere delle Murate ed al contesto storico-urbano che ne ha influenzato l’identità e la percezione da parte della città; una seconda parte comprende le sonorità registrate a contatto degli spazi fisici stessi delle Murate; la terza parte dell’archivio comprende i racconti e le prese d’ambiente registrate all’interno del nuovo carcere di Sollicciano; una quarta sezione raccoglie la descrizione dello spazio vitale/architettonico delle celle e dei carceri attraversati da un detenuto italiano nei suoi ultimi 25 anni di vita; la quinta parte dell’archivio comprende le rielaborazioni “cellulari” delle sonorità ambientali registrate; una sesta parte infine raccoglie una selezione di 590 “impronte” delle pietre delle Murate (una per ogni anno dalla fondazione nel 1424 ad oggi) ottenute attraverso una pratica fisica del frottage. Le 590 impronte che formano questa sezione dell’archivio fungono da vera e propria partitura sonora dell’intero lavoro, da vetrino di osservazione cellulare della materia delle Murate, della sua presenza, e della sua relazione con lo spazio del corpo e della città. Nuclei (Vitali) – ringrazia tutto quel che ha sostenuto questo lavoro. Ringraziamenti speciali vanno alle persone che ha incontrato, che lo hanno reso possibile, e che hanno voluto prendervi parte. Nuclei (Vitali) ringrazia in particolare: l’Area Educativa del Carcere di Sollicciano, il settore Arti per lo Spettacolo della BNCF, l’associazione Altro Diritto, l’Ateneo Libertario di Firenze, Giovanni Azzurro, Barbara Bacci, Ennio Bazzoni, Alessandro Bellucci, Liliana Benvenuti “Angela”, Valerio Biscalkin, Sandra Brigida, Oreste Cacurri, Pamela Calamai, Francesco Casciaro, Raffaele Catuogno, Marisa Cecchi, Sofia Ciufoletti, Marcello Citano “Sugo”, Giulio Consigli, la Comunità di Ricorboli, Roberto Cossi, Franco Corleone, Francesco D’Ausilio, Pietro Demontis, la Fondazione Giovanni Michelucci, Natale Fosco, Valentina Gensini, Alessandro Giobbi, Francesco Giomi, Giampaolo Ietro, il Laboratorio “16 sbarre” CAT – IPM Firenze, Camilla Lastrucci, Giovanna Lori Geddes, Camilla Macchi, Corrado Marcetti, Alessandro Margara, Giada Margheri, Maria Antonietta Marletta, Umberto Mattei, Gabriele Mattioli, Vittorio Meoni “Sosso”, Lucia Meoni, Simonetta Michelotti, Vincenzo Mordini, Vida Mokhtari, l’associazione Mus.e, le Musiquorum, Lorenzo Niccolai Napoli, Raffaele Palmisano, Roberto Perotti, le persone detenute incontrate nelle sezioni del carcere di Sollicciano, Mario Pittalis, Gianfranco Politi, Alessandra Povia, il RFK Center Europe, Maurizio Romani, Enrico Rossi, Giorgio Sacchetti, Linda Salvadori, Alessandro Sardelli, SuperN*, l’associazione Tempo Reale, Stefano Tocci, Sabrina Tosi Cambini, Michele Verrengia, Italo Zanda. Nuclei (Vitali) è dedicato a Olmo e alla libertà che ogni giorno porta con sé.

Nuclei (Vitali)

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