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LET ME BE

Giuseppe Comuniello e Camilla Guarino

Come uno sguardo, come un soffio. Come quando qualcuno ti avvicina con cura una mano vicino alle labbra sporche ma tu capisci e lo precedi. Come la luce alle sei del mattino d’estate. Sai quando non riesci più a riaddormentarti e allora esci sul balcone per capire cosa fare? Come quando fai qualcosa che non avresti mai creduto di poter fare e pensi che allora forse è possibile. Forse a volte è possibile vedere la stessa cosa.

Un paesaggio di corpi, luci e storie si apre davanti a infiniti movimenti, interpretazioni, fisicità. Immaginari apparentemente uguali cambiano di volta in volta creando molteplici variazioni e punti di vista. Un piccolo mondo con un suo linguaggio, un pianeta contenitore di energie che esplodono in una rete di relazioni tra l’elemento descritto, chi descrive e chi immagina. Uno sguardo sempre più confuso che mette in discussione chi è che guida la visione dell’altro.

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Il progetto nasce nel 2019 dall’urgenza di Camilla Guarino e Giuseppe Comuniell

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Come uno sguardo, come un soffio. Come quando qualcuno ti avvicina con cura una mano vicino alle labbra sporche ma tu capisci e lo precedi. Come la luce alle sei del mattino d’estate. Sai quando non riesci più a riaddormentarti e allora esci sul balcone per capire cosa fare? Come quando fai qualcosa che non avresti mai creduto di poter fare e pensi che allora forse è possibile. Forse a volte è possibile vedere la stessa cosa.

Un paesaggio di corpi, luci e storie si apre davanti a infiniti movimenti, interpretazioni, fisicità. Immaginari apparentemente uguali cambiano di volta in volta creando molteplici variazioni e punti di vista. Un piccolo mondo con un suo linguaggio, un pianeta contenitore di energie che esplodono in una rete di relazioni tra l’elemento descritto, chi descrive e chi immagina. Uno sguardo sempre più confuso che mette in discussione chi è che guida la visione dell’altro.

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Il progetto nasce nel 2019 dall’urgenza di Camilla Guarino e Giuseppe Comuniello, di esternare come può svilupparsi la descrizione di uno spettacolo di danza, e più in generale di qualsiasi opera d’arte, a una persona cieca. Come arriva l’immagine a Giuseppe? E come Camilla può tradurla e trasmettergliela? Non esistono regole, esiste solo una complicità tra i due maturata nel tempo che permette loro di creare un linguaggio nuovo fatto di parole e movimento, arricchito di volta in volta da nuovi gesti e visioni. I due interpreti hanno deciso di guardarsi da fuori nel corso della descrizione di uno spettacolo. Durante questo processo si sono resi conto di aver creato a loro volta una piccola e intima partitura coreografica oltre che delle dinamiche relazionali. La rielaborazione della descrizione porta con sé riflessioni, associazioni, ricordi e visioni frutto di esperienze personali che se trasmesse possono influenzare la visione dell’altro. Si creano quindi dei filtri nella trasmissione di una visione che vanno a modificare la percezione di chi non vede. Anche chi descrive vedrà con occhi diversi la realtà che lo circonda. Un lavoro in cui si confondono ripetutamente gli sguardi, le immagini si intrecciano, non esistono guide, non esiste giusto o sbagliato.

 

Creazione e interpretazione: Giuseppe Comuniello e Camilla Guarino
Drammaturgia: Camilla Guarino
Assistente: Silvia Berti
Light Designer: Pietro Millosevich, Gabriele Termine
Artista sonoro: Umberto Foddis
Creazione video: Gabriele Termine
Prodotto da Versiliadanza
Co-prodotto da: Centro Internazionale della danza CID, MAD Murate Art District, Associazione MUS.E, Comune di Firenze.
Sostenuto da Compagnia Virgilio Sieni, Fondazione CR Firenze

LET ME BE

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Camilla Guarino

Danzatrice e performer

Camilla Guarino si avvicina alla danza classica e contemporanea fin da piccola, per poi integrare i suoi studi con laboratori teatrali e coreografici tenuti da Claudia Castellucci, Jacopo Jenna, Teatro Valdoca, Muta Imago e Armando Punzo. Si avvicina al coreografo Virgilio Sieni nel 2015, dopo un laboratorio di critica giornalistica tenuto da Massimo Marino e Altre Velocità. Laureata con una tesi magistrale sui Dieci anni di Accademia sull’arte del gesto di Virgilio Sieni, è coinvolta come interprete e stagista nel lavoro dell’artista. Nel 2015 collabora con la Biennale Danza di Venezia e nel 2018 vi partecipa con il progetto Biennale College ASAC seguito da Elisa Vaccarino. Fa parte dell’associazione BlaubArt – dance webzine, che si occupa di danza nel territorio bolognese e tiene corsi di teatro presso le scuole dell’infanzie e primarie. Attualmente frequenta il Master in drammaturgia presso l’Accademia d’arte Drammatica Silvio d’Amico e insieme al danzatore non ved

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Camilla Guarino si avvicina alla danza classica e contemporanea fin da piccola, per poi integrare i suoi studi con laboratori teatrali e coreografici tenuti da Claudia Castellucci, Jacopo Jenna, Teatro Valdoca, Muta Imago e Armando Punzo. Si avvicina al coreografo Virgilio Sieni nel 2015, dopo un laboratorio di critica giornalistica tenuto da Massimo Marino e Altre Velocità. Laureata con una tesi magistrale sui Dieci anni di Accademia sull’arte del gesto di Virgilio Sieni, è coinvolta come interprete e stagista nel lavoro dell’artista. Nel 2015 collabora con la Biennale Danza di Venezia e nel 2018 vi partecipa con il progetto Biennale College ASAC seguito da Elisa Vaccarino. Fa parte dell’associazione BlaubArt – dance webzine, che si occupa di danza nel territorio bolognese e tiene corsi di teatro presso le scuole dell’infanzie e primarie. Attualmente frequenta il Master in drammaturgia presso l’Accademia d’arte Drammatica Silvio d’Amico e insieme al danzatore non vedente Giuseppe Comuniello sta lavorando allo spettacolo Let Me Be.

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LET ME BE

Giuseppe Comuniello e Camilla Guarino

LET ME BE

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Lonely Planet

Residenza d'artista di Camilla Guarino e Giuseppe Comuniello

Come uno sguardo, come un soffio. Come quando qualcuno ti avvicina con cura una mano vicino alle labbra sporche ma tu capisci e lo precedi. Come la luce alle sei del mattino d’estate. Sai quando non riesci più a riaddormentarti e allora esci sul balcone per capire cosa fare? Come quando fai qualcosa che non avresti mai creduto di poter fare e pensi che allora forse è possibile. Forse a volte è possibile vedere la stessa cosa.

Un paesaggio di corpi, luci e storie si apre davanti a infiniti movimenti, interpretazionifisicità. Immaginari apparentemente uguali cambiano di volta in volta, giorno dopo giorno, creando molteplici variazioni e punti di vista su uno stesso tema.

Lonely Planet, un piccolo mondo con un suo linguaggio, un pianeta contenitore di energie che esplodono in una rete di relazioni tra l’elemento descritto, chi descrive e chi immagina. Uno sguardo sempre più confuso che mette in discussione chi è che guida la visione dell’altro.

 

Lonely Planet vuol

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Come uno sguardo, come un soffio. Come quando qualcuno ti avvicina con cura una mano vicino alle labbra sporche ma tu capisci e lo precedi. Come la luce alle sei del mattino d’estate. Sai quando non riesci più a riaddormentarti e allora esci sul balcone per capire cosa fare? Come quando fai qualcosa che non avresti mai creduto di poter fare e pensi che allora forse è possibile. Forse a volte è possibile vedere la stessa cosa.

Un paesaggio di corpi, luci e storie si apre davanti a infiniti movimenti, interpretazionifisicità. Immaginari apparentemente uguali cambiano di volta in volta, giorno dopo giorno, creando molteplici variazioni e punti di vista su uno stesso tema.

Lonely Planet, un piccolo mondo con un suo linguaggio, un pianeta contenitore di energie che esplodono in una rete di relazioni tra l’elemento descritto, chi descrive e chi immagina. Uno sguardo sempre più confuso che mette in discussione chi è che guida la visione dell’altro.

 

Lonely Planet vuole raccontare un’esperienza. Il progetto, costituito da due sezioni, nasce dall’urgenza di Camilla Guarino e Giuseppe Comuniello, non vedente, di far conoscere come può svilupparsi la descrizione di uno spettacolo di danza a una persona cieca. Come arriva l’immagine dei corpi a Giuseppe? E come Camilla può tradurla e trasmetterla a lui? Non esistono regole, esiste solo una complicità tra i due maturata nel tempo che permette loro di creare un linguaggio nuovo fatto di parole e movimento, arricchito di volta in volta da nuovi gesti e visioni. I due interpreti hanno deciso di guardarsi da fuori nel corso della descrizione di uno spettacolo. Durante questo processo si sono resi conto di aver creato a loro volta una piccola e intima partitura coreografica che costituisce la prima parte dello spettacolo.

Ma la fruizione di una performance non si ferma alla sola osservazione. La rielaborazione di ciò che abbiamo visto in scena è parte fondamentale del percorso percettivo. Riflessioni, associazioni, ricordi e visioni sono frutto di un’esperienza personale che se trasmessa può influenzare la visione dell’altro. Cosa ha visto quindi Giuseppe alla fine dello spettacolo? E come può rendersi conto se ciò che si è immaginato è realmente accaduto sul palco? Attraverso un confronto con gli altri spettatori l’interprete completa e arricchisce la sua esperienza percettiva. Allo stesso modo Camilla si domanda se ciò che ha cercato di tradurre è giusto o meno. Ma non esiste un giusto o sbagliato nella fruizione dell’arte. Le due visioni complementari infatti si uniscono creando uno spettacolo in cui si confondono lo sguardo reale con quello rielaborato da Giuseppe. Le immagini si intrecciano, non esistono guide, e Giuseppe lo mostrerà nella ricostruzione della coreografia, ribaltando questa volta la prospettiva; adesso è lui a mostrarci ciò che ha visto.

Al pubblico prima dello spettacolo verrà consegnato il Manifesto per un nuovo sguardo, una piccola guida sulla descrizione degli spettacoli di danza che possa stimolare l’interpretazione della prima parte dello spettacolo e che possa essere utilizzata dal pubblico in altre occasioni.

Lo spettacolo può essere preceduto da un laboratorio aperto a tutti costituito da un insieme di pratiche che si focalizzeranno sulla percezione dello spazio interno ed esterno, sull’ascolto dell’altro attraverso il linguaggio del corpo e attraverso l’incontro. Si può essere ovunque in qualsiasi momento, possiamo essere chiunque si voglia se la mente riesce a uscire dalle solite abitudini quotidiane, tra le quali quelle motorie. Le distanze si modificano, le voci e i suoni diventano un punto di riferimento, il corpo dell’altro un sostegno. Una parte del laboratorio sarà dedicata alla descrizione del movimento. Come poter descrivere e trasmettere una breve partitura coreografica attraverso parole e movimento? Anche in questo caso l’immaginazione sarà il punto di partenza.

Lonely Planet

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