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Progetto RIVA | 2018
Progetto RIVA 2021
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In I Guess the River Never Knew (Il fiume ignaro) il rapporto con il fiume è rappresentato dall’ostacolo fisico della propria abitazione, che separa gli abitanti dall’ambiente naturale, e al tempo stesso o re sempre una finestra aperta che, come un diaframma, introietta il paesaggio fluviale come parte della dimensione domestica, ricomponendo questa distanza.
In I Guess the River Never Knew (Il fiume ignaro) il rapporto con il fiume è rappresentato dall’ostacolo fisico della propria abitazione, che separa gli abitanti dall’ambiente naturale, e al tempo stesso o re sempre una finestra aperta che, come un diaframma, introietta il paesaggio fluviale come parte della dimensione domestica, ricomponendo questa distanza.
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Rielaborando in modo digitale vecchie foto d’archivio del Comune di Pontassieve legate all’alluvione del 1966, Flow (Flusso) crea sovrapposizioni spazio-temporali tra passato e presente: un’indagine attenta ha ricondotto la fotografa nelle vie ritratte subito dopo l’inondazione, per ritrovare luoghi e punti di vista, qui restituiti in uno straniante dialogo che a da il 1966 al bianco e nero innestando elementi del presente, restituiti a colori.
Rielaborando in modo digitale vecchie foto d’archivio del Comune di Pontassieve legate all’alluvione del 1966, Flow (Flusso) crea sovrapposizioni spazio-temporali tra passato e presente: un’indagine attenta ha ricondotto la fotografa nelle vie ritratte subito dopo l’inondazione, per ritrovare luoghi e punti di vista, qui restituiti in uno straniante dialogo che a da il 1966 al bianco e nero innestando elementi del presente, restituiti a colori.
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Il ritratto di Adelmo nasce dalla volontà di riunire in un’unica immagine i momenti di una vita intera. Il lavoro è infatti composto da migliaia di piccole fotografie che raccontano i luoghi, i lavori, gli a etti del signor Adelmo, abitante di San Francesco che ha intrecciato la sua esistenza con le acque della Sieve.
Il ritratto di Adelmo nasce dalla volontà di riunire in un’unica immagine i momenti di una vita intera. Il lavoro è infatti composto da migliaia di piccole fotografie che raccontano i luoghi, i lavori, gli a etti del signor Adelmo, abitante di San Francesco che ha intrecciato la sua esistenza con le acque della Sieve.
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La terza sponda del fiume presenta una foto a doppia esposizione, stampata su organza e immersa nell’acqua. Nel lavoro si osserva il fiume come simbolo del confine, tema più volte indagato dall’autrice, ma anche come opportunità di un luogo nuovo da vivere e condividere, in cui immaginare e costruire poetiche storie d’acqua.
La terza sponda del fiume presenta una foto a doppia esposizione, stampata su organza e immersa nell’acqua. Nel lavoro si osserva il fiume come simbolo del confine, tema più volte indagato dall’autrice, ma anche come opportunità di un luogo nuovo da vivere e condividere, in cui immaginare e costruire poetiche storie d’acqua.
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Il Terzo Giardino (2016) è un parco di oltre 10.000 metri quadri situato sulla sponda sinistra del fiume Arno restituito alla città ed esplorabile grazie a percorsi disegnati nella vegetazione di piante spontanee in memoria degli antichi orti dei semplici. L’aggettivo “terzo” richiama il terzo paesaggio di Gilles Clément, che ci ricorda quanto la vegetazione spontanea costituisca una straordinaria riserva di biodiversità e potenziale evolutivo. Il parco, qui rappresentato in una fotografia area di Gabriele Galimberti, è visitabile con ingresso da Piazza Poggi.
L’intervento ambientale Stones Stories (Storie di pietre, 2018) nasce dagli incontri con gli abitanti di San Francesco (Pelago) e dal loro racconto del fiume Sieve: nel loro immaginario, come possiamo ascoltare dalle interviste, il fiume è sempre visto dal suo interno, a contatto con l’acqua. Per questo il nuovo passaggio da riva a riva riconnette due comunità e consente di vivere il fiume dal centro de
Il Terzo Giardino (2016) è un parco di oltre 10.000 metri quadri situato sulla sponda sinistra del fiume Arno restituito alla città ed esplorabile grazie a percorsi disegnati nella vegetazione di piante spontanee in memoria degli antichi orti dei semplici. L’aggettivo “terzo” richiama il terzo paesaggio di Gilles Clément, che ci ricorda quanto la vegetazione spontanea costituisca una straordinaria riserva di biodiversità e potenziale evolutivo. Il parco, qui rappresentato in una fotografia area di Gabriele Galimberti, è visitabile con ingresso da Piazza Poggi.
L’intervento ambientale Stones Stories (Storie di pietre, 2018) nasce dagli incontri con gli abitanti di San Francesco (Pelago) e dal loro racconto del fiume Sieve: nel loro immaginario, come possiamo ascoltare dalle interviste, il fiume è sempre visto dal suo interno, a contatto con l’acqua. Per questo il nuovo passaggio da riva a riva riconnette due comunità e consente di vivere il fiume dal centro del suo corso, magari sostando su una pietra circondati dall’acqua.
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Incontri Confluenti (2018) è un progetto inedito elaborato in collaborazione con Fondazione Studio Marangoni. L’interesse di Toscano si è concentrato sul rapporto tra paesaggio fluviale e paesaggio urbano nei territori di San Francesco (Pelago) e Pontassieve, dove la Sieve incontra l’Arno e anonimi particolari antropici segnano il panorama. Le immagini, spesso colte in verticale, si propongono come una sorta di carotaggio della stratificazione del territorio e, a sse sugli angoli degli edifici del Complesso delle Murate, richiamano l’articolato rapporto tra architettura e natura.
Incontri Confluenti (2018) è un progetto inedito elaborato in collaborazione con Fondazione Studio Marangoni. L’interesse di Toscano si è concentrato sul rapporto tra paesaggio fluviale e paesaggio urbano nei territori di San Francesco (Pelago) e Pontassieve, dove la Sieve incontra l’Arno e anonimi particolari antropici segnano il panorama. Le immagini, spesso colte in verticale, si propongono come una sorta di carotaggio della stratificazione del territorio e, a sse sugli angoli degli edifici del Complesso delle Murate, richiamano l’articolato rapporto tra architettura e natura.
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Realizzata dall’artista berlinese Katrinem durante una residenza artistica a Montelupo Fiorentino in collaborazione con Tempo Reale, Path of awareness (2018) è un Percorso di Consapevolezza che esplora l’esperienza, individuale e personale, di camminare in uno spazio aperto, prestando particolare attenzione all’interazione tra l’evento sonoro legato alla presenza del nostro corpo (i passi) e il soundscape (ambiente sonoro) circostante: una passeggiata sonora sull’interazione tra presenza umana e paesaggio intorno al fiume. La camminata di Katrinem, che con la presenza e il rumore del suo corpo misura liberamente l’ambiente circostante, viene qui proposta nel carcere duro, che negli anni della Resistenza antifascista è stato luogo di so erenza civile e di privazione della libertà di pensiero e di movimento.
Realizzata dall’artista berlinese Katrinem durante una residenza artistica a Montelupo Fiorentino in collaborazione con Tempo Reale, Path of awareness (2018) è un Percorso di Consapevolezza che esplora l’esperienza, individuale e personale, di camminare in uno spazio aperto, prestando particolare attenzione all’interazione tra l’evento sonoro legato alla presenza del nostro corpo (i passi) e il soundscape (ambiente sonoro) circostante: una passeggiata sonora sull’interazione tra presenza umana e paesaggio intorno al fiume. La camminata di Katrinem, che con la presenza e il rumore del suo corpo misura liberamente l’ambiente circostante, viene qui proposta nel carcere duro, che negli anni della Resistenza antifascista è stato luogo di so erenza civile e di privazione della libertà di pensiero e di movimento.
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40.000 chiodi (2018) contrassegna permanentemente la seconda cella al terzo piano delle Murate dopo il lungo lavoro realizzato su commissione del Progetto RIVA per la mostra QUI (2018). La parete, una sorta di mappa geografica del dolore, ha preso vita in maniera circostanziata, nel progredire spontaneo del lavoro e nella reazione stessa del muro e del suo disgregarsi sotto la vibrazione del martello e la ferita dei chiodi.
In questo luogo prima di clausura e poi di detenzione, Masi ha voluto restituire il legame obbligato di chi abitava le celle prigioniero delle loro pareti, allo stesso tempo ostili e rappresentanti l’unica alterità con cui al detenuto è dato rapportarsi. Da qui nasce la contrapposizione con il fiume, in eterno movimento, le cui acque non abitano mai lo stesso luogo.
40.000 chiodi (2018) contrassegna permanentemente la seconda cella al terzo piano delle Murate dopo il lungo lavoro realizzato su commissione del Progetto RIVA per la mostra QUI (2018). La parete, una sorta di mappa geografica del dolore, ha preso vita in maniera circostanziata, nel progredire spontaneo del lavoro e nella reazione stessa del muro e del suo disgregarsi sotto la vibrazione del martello e la ferita dei chiodi.
In questo luogo prima di clausura e poi di detenzione, Masi ha voluto restituire il legame obbligato di chi abitava le celle prigioniero delle loro pareti, allo stesso tempo ostili e rappresentanti l’unica alterità con cui al detenuto è dato rapportarsi. Da qui nasce la contrapposizione con il fiume, in eterno movimento, le cui acque non abitano mai lo stesso luogo.
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Tracce sul territorio comprende due serie di polaroid realizzate nel corso della residenza artistica dell’autore presso MAD per il Progetto RIVA nel 2018.
Dedicati uno al Complesso delle Murate e l’altro al fiume Arno, i due cicli, uno a colori e l’altro in bianco e nero, qui rappresentati in una selezione significativa, uniscono i due luoghi non solo dal punto di vista concettuale, ma anche stilistico.
Le serie di polaroid, realizzate fino dagli anni Settanta, testimoniano l’attenzione ossessiva dell’artista per il segno. Negli scatti ravvicinati lo sguardo dissolve il contesto e si concentra unicamente sulle tracce, impronte umane o naturali, cristallizzate dalla fotografia che ne restituisce racconti cifrati, sequenze iconiche e preziose capaci di rappresentare l’anima profonda dei luoghi.
Tracce sul territorio comprende due serie di polaroid realizzate nel corso della residenza artistica dell’autore presso MAD per il Progetto RIVA nel 2018.
Dedicati uno al Complesso delle Murate e l’altro al fiume Arno, i due cicli, uno a colori e l’altro in bianco e nero, qui rappresentati in una selezione significativa, uniscono i due luoghi non solo dal punto di vista concettuale, ma anche stilistico.
Le serie di polaroid, realizzate fino dagli anni Settanta, testimoniano l’attenzione ossessiva dell’artista per il segno. Negli scatti ravvicinati lo sguardo dissolve il contesto e si concentra unicamente sulle tracce, impronte umane o naturali, cristallizzate dalla fotografia che ne restituisce racconti cifrati, sequenze iconiche e preziose capaci di rappresentare l’anima profonda dei luoghi.
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Nel progetto fotografico Sospesi (2018/2019), i cittadini di San Francesco (Pelago) e Pontassieve che transitavano nei pressi del fiume sono stati chiamati a compiere una insolita performance. Invitati a saltare su un trampolino portato appositamente sul posto, hanno compiuto un atto che, senza manipolazioni o fotomontaggi, ha consentito un loro ritratto in sovrapposizione diretta con le acque della Sieve. Gli scatti degli autori hanno così restituito una prospettiva in cui gli abitanti del quartiere, sospesi in aria, sono tanto prossimi quanto sovrapposti al fiume, ricostruendo visivamente un rapporto uomo/acqua che va oltre il semplice immergersi o porsi in posa di fronte alle rive.
La scelta, condivisa con gli abitanti, di esporre in facciata di MAD e delle case popolari delle Murate le opere monumentali prodotte da Delille e Woods per il Progetto RIVA, è stata guidata dalla volontà di richiamare il forte legame tra il complesso delle Murate e l’Arno, dal momento che il p
Nel progetto fotografico Sospesi (2018/2019), i cittadini di San Francesco (Pelago) e Pontassieve che transitavano nei pressi del fiume sono stati chiamati a compiere una insolita performance. Invitati a saltare su un trampolino portato appositamente sul posto, hanno compiuto un atto che, senza manipolazioni o fotomontaggi, ha consentito un loro ritratto in sovrapposizione diretta con le acque della Sieve. Gli scatti degli autori hanno così restituito una prospettiva in cui gli abitanti del quartiere, sospesi in aria, sono tanto prossimi quanto sovrapposti al fiume, ricostruendo visivamente un rapporto uomo/acqua che va oltre il semplice immergersi o porsi in posa di fronte alle rive.
La scelta, condivisa con gli abitanti, di esporre in facciata di MAD e delle case popolari delle Murate le opere monumentali prodotte da Delille e Woods per il Progetto RIVA, è stata guidata dalla volontà di richiamare il forte legame tra il complesso delle Murate e l’Arno, dal momento che il primo nucleo del convento si trovava proprio sul fiume, sull’attuale Ponte alle Grazie. Si è deciso così di valorizzare in ambito pubblico il loro progetto, anche per la suggestione simbolica relativa al contesto: Sospesi, liberi, i protagonisti spiccano sugli elementi naturali di acqua e aria, esposti a dimensione monumentale in un luogo a lungo destinato alla detenzione e finalmente
restituito alla comunità.
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Incontri confluenti (2018) è un progetto originale elaborato in collaborazione con Fondazione Studio Marangoni. Tre fotografi professionisti, cui abbiamo chiesto di indagare il territorio di San Francesco (Pelago) e Pontassieve, hanno lavorato sul paesaggio fluviale. Il loro interesse si è concentrato sul rapporto tra il fiume e la presenza umana, che vede alternarsi paesaggi poetici dove la Sieve incontra l’Arno, e scorci antropizzati suburbani, tra il cementificio abbandonato, gli orti curati dagli abitanti, i roveti anonimi, il viadotto grigio su cui campeggiano i gra ti. Nella Sala Ketty La Rocca si trovano i lavori di Marangoni (a destra) e Virdis (a sinistra), mentre la serie di Toscano, a ssa sugli angoli degli edifici, abita lo spazio pubblico del Complesso delle Murate. Alcuni di questi lavori sono stati esposti nel contesto cittadino di Pelago, Pontassieve e Firenze, occupando gli spazi di a ssione pubblica e restituendo così all’interno delle aree urbane immagin
Incontri confluenti (2018) è un progetto originale elaborato in collaborazione con Fondazione Studio Marangoni. Tre fotografi professionisti, cui abbiamo chiesto di indagare il territorio di San Francesco (Pelago) e Pontassieve, hanno lavorato sul paesaggio fluviale. Il loro interesse si è concentrato sul rapporto tra il fiume e la presenza umana, che vede alternarsi paesaggi poetici dove la Sieve incontra l’Arno, e scorci antropizzati suburbani, tra il cementificio abbandonato, gli orti curati dagli abitanti, i roveti anonimi, il viadotto grigio su cui campeggiano i gra ti. Nella Sala Ketty La Rocca si trovano i lavori di Marangoni (a destra) e Virdis (a sinistra), mentre la serie di Toscano, a ssa sugli angoli degli edifici, abita lo spazio pubblico del Complesso delle Murate. Alcuni di questi lavori sono stati esposti nel contesto cittadino di Pelago, Pontassieve e Firenze, occupando gli spazi di a ssione pubblica e restituendo così all’interno delle aree urbane immagini appartenenti al paesaggio fluviale dell’area metropolitana.
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Progetto RIVA 2021
Nel lavoro seriale Rivers (Fiumi, 2018) due fiumi si intrecciano in un continuum sonoro: da un lato il paesaggio sonoro del fiume, registrato ed elaborato elettronicamente dal compositore israeliano Yuval Avital nella composizione originale con il soundscape dell’Arno, qui riprodotta; dall’altro il fiume umano creato dalla stratificazione di voci, versi di animali, respiri e frammenti di storie sussurrate in lingue
diverse dal coro Con-Fusion, invitato a Montelupo da Yuval Avital con la collaborazione di Tempo Reale su commissione del Progetto RIVA 2018. Il coro, diretto da Benedetta Manfriani, ha eseguito una performance creando così un nuovo flusso, intrecciandosi in modo intenso e vitalistico con la composizione elettronica. Il risultato è l’unione di elementi complementari (locale/universale, umano/animale, acustico/digitale, memoria/presente) alla ricerca di un punto di incontro empatico tra opera e pubblico.
Rivers rappresenta sia una metafora sia una concreta azione
Nel lavoro seriale Rivers (Fiumi, 2018) due fiumi si intrecciano in un continuum sonoro: da un lato il paesaggio sonoro del fiume, registrato ed elaborato elettronicamente dal compositore israeliano Yuval Avital nella composizione originale con il soundscape dell’Arno, qui riprodotta; dall’altro il fiume umano creato dalla stratificazione di voci, versi di animali, respiri e frammenti di storie sussurrate in lingue
diverse dal coro Con-Fusion, invitato a Montelupo da Yuval Avital con la collaborazione di Tempo Reale su commissione del Progetto RIVA 2018. Il coro, diretto da Benedetta Manfriani, ha eseguito una performance creando così un nuovo flusso, intrecciandosi in modo intenso e vitalistico con la composizione elettronica. Il risultato è l’unione di elementi complementari (locale/universale, umano/animale, acustico/digitale, memoria/presente) alla ricerca di un punto di incontro empatico tra opera e pubblico.
Rivers rappresenta sia una metafora sia una concreta azione sonora, nella quale la Voce, il Gesto e i Materiali registrati si intrecciano in un’esperienza spaziale e sensoriale, invitando il pubblico a immergersi e a ricercare un incontro intimo e umano con il fiume.
In collaborazione con Tempo Reale.
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a cura di Valentina Gensini
Nel 2018 il Progetto RIVA ha proseguito la collaborazione con Pelago e Montelupo Fiorentino e ha coinvolto sia il centro che le periferie del Comune di Firenze ponendo l’attenzione alle tematiche ambientali, ma anche al contesto economico, politico e sociale. Uno degli eventi principali è stata la mostra QUI di Paolo Masi, in cui sono state esposte 12 nuove opere site-specific prodotte durante 6 mesi di residenza artistiche presso MAD Murate Art District. Nel comune di Montelupo Fiorentino hanno operato Yuval Avital ed il coro di migranti ConFusion diretto da Benedetta Manfriani, Tempo Reale con il progetto “Sentieri del silenzio” presso l’ex ospedale psichiatrico, e Radio Papesse con le “Storie dell’Arno a Montelupo”. Nell’altro comune attraversato dall’Arno, Pelago, sono stati ospitati il fotografo Davide Virdis, che ha presentato una mostra nello spazio pubblico ed un workshop in collaborazione con la Fondazione Studio Marangoni, ed il collettivo artistico Studio
Nel 2018 il Progetto RIVA ha proseguito la collaborazione con Pelago e Montelupo Fiorentino e ha coinvolto sia il centro che le periferie del Comune di Firenze ponendo l’attenzione alle tematiche ambientali, ma anche al contesto economico, politico e sociale. Uno degli eventi principali è stata la mostra QUI di Paolo Masi, in cui sono state esposte 12 nuove opere site-specific prodotte durante 6 mesi di residenza artistiche presso MAD Murate Art District. Nel comune di Montelupo Fiorentino hanno operato Yuval Avital ed il coro di migranti ConFusion diretto da Benedetta Manfriani, Tempo Reale con il progetto “Sentieri del silenzio” presso l’ex ospedale psichiatrico, e Radio Papesse con le “Storie dell’Arno a Montelupo”. Nell’altro comune attraversato dall’Arno, Pelago, sono stati ospitati il fotografo Davide Virdis, che ha presentato una mostra nello spazio pubblico ed un workshop in collaborazione con la Fondazione Studio Marangoni, ed il collettivo artistico Studio ++.
Presso Murate Art District sono stati proposti talk e lezioni in italiano ed in inglese a cura di LWCircus e del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. Durante il 2018 Progetto RIVA si è aperto anche all’Oriente, grazie alla collaborazione con Zhong Art International, ospitando tre artisti cinesi in residenza presso MAD, invitati a presentare la loro particolare visione sull’Arno.