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Murate Art District collabora ogni anno con centinaia di artisti nazionali e internazionali a progetti artistici, performativi, fotografici, rendendo partecipe la cittadinanza e la comunità dell’intenso lavoro di ricerca che viene svolto nella nostra città.
MAD apre le porte dal 23 al 27 ottobre 2024: incontri, riflessioni, performance, talk e convegni. Cinque giornate all’insegna della condivisione tra artisti, curatori e pubblico, per prendere parte alla quotidianità di MAD, davanti e dietro le quinte, approfondendo il tema della cura.
Murate Art District collabora ogni anno con centinaia di artisti nazionali e internazionali a progetti artistici, performativi, fotografici, rendendo partecipe la cittadinanza e la comunità dell’intenso lavoro di ricerca che viene svolto nella nostra città.
MAD apre le porte dal 23 al 27 ottobre 2024: incontri, riflessioni, performance, talk e convegni. Cinque giornate all’insegna della condivisione tra artisti, curatori e pubblico, per prendere parte alla quotidianità di MAD, davanti e dietro le quinte, approfondendo il tema della cura.
Ilaria Turba
Interventi di Ilaria Turba, Cristina Giachi, Giorgio Bacci, Valentina Gensini
Credits Luca Segato
di Ilaria Turba
credits Luca Segato
Alcuni dei sogni donati dai cittadini di Firenze per l'opera di Jacopo Baboni Schilingi
di Jacopo Baboni Schilingi
Dall’8 settembre al MAD Murate Art District di Firenze in mostra il lavoro di Jacopo Baboni Schilingi che raccoglie i sogni dei cittadini che hanno aderito alla call dell’artista
Sogni elaborati durante la notte, sogni nel cassetto o utopie personali e collettive, auspici per il pianeta o per il futuro. Jacopo Baboni Schilingi ha raccolto ognuna di queste suggestioni per trasformarle nelle voci di un’unica grande installazione. Si intitola il Respiro dei sogni la mostra che dall’8 settembre (e fino al 15 ottobre) inaugura MAD Murate Art District, centro di arte contemporanea e residenze d’artista del Comune di Firenze gestito da MUS.E.
Nell’installazione – che per un unico giorno, l’8 settembre, sarà fruibile al Terzo Giardino e per il resto del tempo al primo piano di MAD – sono infatti raccolti i sogni delle persone che hanno partecipato alla open call dello scorso maggio e che l’artista ha ascoltato e suddiviso in tre tracce audio interpretate dalle voci
Dall’8 settembre al MAD Murate Art District di Firenze in mostra il lavoro di Jacopo Baboni Schilingi che raccoglie i sogni dei cittadini che hanno aderito alla call dell’artista
Sogni elaborati durante la notte, sogni nel cassetto o utopie personali e collettive, auspici per il pianeta o per il futuro. Jacopo Baboni Schilingi ha raccolto ognuna di queste suggestioni per trasformarle nelle voci di un’unica grande installazione. Si intitola il Respiro dei sogni la mostra che dall’8 settembre (e fino al 15 ottobre) inaugura MAD Murate Art District, centro di arte contemporanea e residenze d’artista del Comune di Firenze gestito da MUS.E.
Nell’installazione – che per un unico giorno, l’8 settembre, sarà fruibile al Terzo Giardino e per il resto del tempo al primo piano di MAD – sono infatti raccolti i sogni delle persone che hanno partecipato alla open call dello scorso maggio e che l’artista ha ascoltato e suddiviso in tre tracce audio interpretate dalle voci di Cristina Abati e Riccardo Rombi. Il risultato è un flusso di sogni sussurrati, freddamente esposti o interpretati, vissuti, tutti accompagnati da un video e da una traccia musicale inedita, composta dall’artista a partire dall’integrazione del racconto con le respirazioni e le pulsazioni cardiache.
Visioni oniriche, proiezioni personali e utopie collettive, queste le tre “macroaree” in cui Baboni Schilingi ha suddiviso il lavoro, creando un percorso che, a partire dalle celle dell’ex carcere fiorentino, culmina nella sala Anna Banti, all’interno della quale il visitatore troverà Argo – il dispositivo concepito da Baboni per misurare e visualizzare il suo respiro 24 ore su 24 – provando in prima persona a “sognare” e allo stesso tempo a comporre musica con il semplice movimento delle mani.
Il progetto di Jacopo Baboni Schilingi, curato da Valentina Gensini, direttore artistico di MAD, e Renata Summo O’Connell, Presidente di Artegiro, è finanziato da ANCI, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale, all’interno di LUMEN- Progetto RIVA, ideato e prodotto da MAD, in collaborazione con Artegiro Contemporary Art, Institut Francais, Accademia di Belle Arti di Firenze, Conservatorio Luigi Cherubini, EMI – Ensemble de Musique Interactive, con il supporto di Fondazione CR Firenze.
“I cittadini, fiorentini e non, sognano a voce alta: dopo aver condiviso la dimensione più intima del proprio immaginario onirico, della proiezione verso il futuro, ma anche del proprio battito e del proprio respiro, misurati dal sensore Argo, la nostra Comunità potrà finalmente abitare spazi sonori disegnati dal grande compositore Jacopo Baboni Schilingi presso MAD Murate Art District e presso il Terzo Giardino; – ha detto Valentina Gensini, direttore artistico di MAD – . In due versioni completamente diverse, i sogni rivivranno ad alta voce con il sound design dell’artista, e potranno essere percorsi, attraversati, vissuti. Con un lavoro commissionato dal Progetto RIVA Baboni Schilingi propone questa installazione partecipativa dopo un lungo percorso di ascolto del territorio, di formazione con i giovani artisti dell’Accademia e del Conservatorio, di dedizione artistica alla città”.
“Il Respiro dei Sogni – ha commentato Renata Summo O’Connell – propone immagini, suoni e installazioni multimediali che raccolgono e raccontano in modalità assolutamente contemporanee le voci di sognatori, gli ideali e i desideri di cittadini fiorentini e non, narrati lungo l’Arno e restituiti in una corale e inattesa opera d’arte. Un lungo respiro di sogni, tanto digitale quanto organicamente naturale, che dall’Arno ci unisce al cuore della città”.
“La capacità di sognare ci accomuna tutti: donne, uomini, giovani, anziani – ha spiegato Jacopo Baboni Schilingi -. È quella capacità inconscia grazie alla quale siamo tutti un po’ come degli artisti in grado di vivere esperienze profonde, misteriose, paurose, fantasiose. Attraverso il respiro dei sogni ho deciso di dar voce al vostro inconscio”.
Baboni Schilingi, artista di respiro internazionale e protagonista di una lunga residenza al MAD Murate Art District, ha invitato in una prima fase di “raccolta dei sogni” a passeggiare liberamente nel Terzo Giardino (per un massimo di 10 minuti) registrando sul telefono, sotto forma di messaggio vocale, uno o più sogni da “regalare” alla città di Firenze.
Ciascun vocale è stato interpretato da un’attrice e da un attore in modo da tutelare l’anonimato di chi ha “donato” la propria riflessione. A ciascuno dei partecipanti è stato applicato sul torace il sensore Argo, che registra le pulsazioni cardiache e misura le respirazioni, dati fisiologici che utilizzati dall’artista per comporre la partitura sonora dedicata a ciascun sogno.
Argo è uno speciale dispositivo concepito per misurare il respiro di Jacopo Baboni Schilingi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, basato sulla tecnologia sviluppata da David Kuller (attraverso la sua società MyAir). Un computer dedicato e un algoritmo monitorano costantemente i dati in entrata: la lunghezza dei respiri, il volume totale dagli ultimi 10 secondi a 1 minuto di respiro, la frequenza del respiro, l’espansione e la compressione della gabbia toracica. I dati, trasmessi e interpretati in diretta dal sensore che indossa, creano una simbiosi tra la tecnologia e il processo più intimo della vita di un essere umano: la respirazione. Attraverso la conversione di questi dati in funzioni semantiche, ARGO genera musica e video senza fine.
Si ringrazia il Consorzio di Bonifica Medio Valdarno per il determinante contributo alla manutenzione del Terzo Giardino.
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Artista visiva
Ilaria Turba è un artista visiva. Utilizza come media privilegiati la fotografia, il video e l’animazione per la creazione di opere, installazioni, progetti territoriali, site specific e progetti di comunicazione.
I suoi lavori sono il risultato di un percorso personale che intreccia sperimentazione visiva con altre discipline: scienze sociali, arti performative e storia orale, spesso in collaborazione con altri artisti, artigiani e professionisti. Le tematiche principali del suo percorso sono: identità e immaginari collettivi, rapporto tra presente e memoria attraverso oggetti, fotografie, storie e luoghi.
Lavora spesso in contesti sociali difficili e complessi integrando in varia forma, in fase di creazione o nella diffusione della sua opera, processi partecipativi e workshop rivolti ad un pubblico generico o a gruppi di persone in contesti specifici. Negli ultimi anni ha lavorato frequentemente con adolescenti e bambini.
JEST è il suo primo libro fotografico pubblicato dall’e
Ilaria Turba è un artista visiva. Utilizza come media privilegiati la fotografia, il video e l’animazione per la creazione di opere, installazioni, progetti territoriali, site specific e progetti di comunicazione.
I suoi lavori sono il risultato di un percorso personale che intreccia sperimentazione visiva con altre discipline: scienze sociali, arti performative e storia orale, spesso in collaborazione con altri artisti, artigiani e professionisti. Le tematiche principali del suo percorso sono: identità e immaginari collettivi, rapporto tra presente e memoria attraverso oggetti, fotografie, storie e luoghi.
Lavora spesso in contesti sociali difficili e complessi integrando in varia forma, in fase di creazione o nella diffusione della sua opera, processi partecipativi e workshop rivolti ad un pubblico generico o a gruppi di persone in contesti specifici. Negli ultimi anni ha lavorato frequentemente con adolescenti e bambini.
JEST è il suo primo libro fotografico pubblicato dall’editore berlinese Peperoni Books a fine 2016. Il libro è stato selezionato in “How We See: Photobooks by Women” un libro e una reading room a cura di 10×10 Photobooks (NY), presentato in anteprima in ottobre 2018 alla New Public Library e Photo-Aperture
Photobook Awards nel 2019.
La prima mostra monografica del progetto è stata presentata presso l’Atelier, spazio per l’arte contemporanea della città di Nantes nel 2018 con una serie di atti performativi e installativi tra cui la performance “Eventails” firmata con Ambra Senatore e prodotta dal CCNN.
Dal 2018 è artista associata al teatro nazionale Le ZEF di Marsiglia, dove ha sviluppato: “Le désir de regarder loin” un progetto quadriennale sui quartieri nord della città. Il progetto è in partenariato con il Mucem, il museo delle civiltà dell’Europa e del Mediterraneo, dove è stato presentato il progetto in una doppia mostra monografica a giugno 2021, selezionata nel programma ufficiale del festival internazionale Les Rencontres de la photographie d’Arles. Una tappa del progetto è stata selezionata per Manifesta13 nel 2020.
Nel 2020 è tra i vincitori della nona edizione dell’Italian Council a sostegno dell’arte contemporanea italiana
all’estero, promosso dal Ministero della Cultura Italiano.
I suoi progetti sono stati presentati nei seguenti musei e istituzioni:
Mucem, Marseille (FR); Centre Pompidou, Paris, (FR); Castello di Rivoli, Turin (I); Brooklyn Children’s Museum, New York (US); Le Cent Quatre Paris (FR), Espace for contemporary art “Atelier” Ville de Nantes (FR), Museo della Triennale, Milan (I); Museo Archeologico, Naples (I); Museo Fotografia Contemporanea, Milan (I); PAC-Padiglione d’Arte Contemporanea, Milan (I); Museo Diffuso della Resistenza, Turin (I); m.a.x. museo, Chiasso (CH); Museo d’arte di Mendrisio, Mendrisio (CH); Casa Testori, Milan (I)., Istituto Italiano di Cultura di Marseille (FR) et Maputo (MZ).
Festival e Teatri:
Les Rencontres internationales de la photographie d’Arles, (FR); Festival Trajectoires, Nantes (FRA), Festival Videoformes, Clermont-Ferrand (FR); Théâtre Louis Aragon – Tremblay-en-France, Paris (FR); Deux Scènes – Scène Nationale de Besançon (FR), Festival Filosofia di Modena, Modena (I); Festival Fotografia Europea, Reggio Emilia (I); Lunigiana Land Art (I), Teatro Litta, Milan (I), Css Friuli Venezia Giulia (I); Festival Orestiadi, Gibellina (I), Festival Castellinaria, Bellinzona (CH), Festival Animac, Catalunya (ES), Festival In Teatro,
Ancona (I), Giffoni Film Festival (I).
Ha lavorato e collaborato con:
Fondazione Giovanni Agnelli (I), Amnesty International, Kessels Krammer (NL), Centre Chorégraphique National de Nantes (F), Fondazione Vico Magistretti (I), RSI (swiss Broadcasting), Fondazione Pro-helvetia (CH), Fondazione Dalmine / Tenaris , UNASAM (I), Micamera (I).
Premi, sostegni ricevuti e residenze:
2020 Italian Council MiBACT (Italian Ministry of Culture) – 2018-21 artist associé à Le ZEF- Scène Nationale de Marseille – 2019 I-portunus, Creative Europe (UE), 2011 prize Fondation Varenne, Festival Videoformes; 2010 prize MOVIN UP – Gai MiBAC (Italian Ministry of Culture); 2007 Cinema d’autore, DECS ( Swiss-Italian Department of Culture).
Ilaria Turba, a cura di Giorgio Bacci e Valentina Gensini
Le simmetrie dei desideri è un progetto di ricerca nato in dialogo con i cittadini che abitano il quartiere di Sant’Ambrogio e il Complesso delle Murate, riattivando un ricco tessuto di memorie personali e territoriali che sottolinea la feconda e complessa articolazione della società contemporanea.
Significativamente, il lavoro si riallaccia alla straordinaria esperienza vissuta da Ilaria Turba nel corso dei quattro anni trascorsi a Marsiglia come artiste associée di Le ZEF – scène nationale de Marseille, di cui il progetto attuale costituisce un capitolo collegato eppure totalmente nuovo. In quella circostanza la pratica della panificazione, rituale antico che accomuna tutte le culture mediterranee, aveva condotto a una iconica materializzazione dei desideri della comunità nei pani dei desideri. Nella residenza fiorentina l’artista ha ricercato oggetti privati e d’affezione in quanto veicoli di desideri, storie e immaginari. I pani rituali impastati con i marsigliesi
Le simmetrie dei desideri è un progetto di ricerca nato in dialogo con i cittadini che abitano il quartiere di Sant’Ambrogio e il Complesso delle Murate, riattivando un ricco tessuto di memorie personali e territoriali che sottolinea la feconda e complessa articolazione della società contemporanea.
Significativamente, il lavoro si riallaccia alla straordinaria esperienza vissuta da Ilaria Turba nel corso dei quattro anni trascorsi a Marsiglia come artiste associée di Le ZEF – scène nationale de Marseille, di cui il progetto attuale costituisce un capitolo collegato eppure totalmente nuovo. In quella circostanza la pratica della panificazione, rituale antico che accomuna tutte le culture mediterranee, aveva condotto a una iconica materializzazione dei desideri della comunità nei pani dei desideri. Nella residenza fiorentina l’artista ha ricercato oggetti privati e d’affezione in quanto veicoli di desideri, storie e immaginari. I pani rituali impastati con i marsigliesi sono dunque serviti da attivatori di un nuovo percorso partecipativo con gli abitanti delle Murate e del quartiere di Sant’Ambrogio. I cittadini sono stati coinvolti in un percorso di ricerca, identitario e migrante al tempo stesso, il cui esito immediato e più visibile è stata la raccolta di oggetti appartenenti agli intervistati, messi idealmente in simmetrico dialogo con i desideri espressi dagli abitanti di Marsiglia, in un sentire condiviso di aspirazioni e desideri.
Durante il mese di residenza Ilaria Turba ha dunque progressivamente collocato negli spazi espositivi oggetti, pani e immagini fotografiche cui ha lavorato in progress, creando una personale topografia del quartiere. Gli oggetti sono a loro volta accompagnati da racconti e tracce del processo di ricerca: ogni singolo elemento è parte di una narrazione collettiva, di una mappatura delle memorie e delle istanze, oltre che dei desideri della nostra comunità.
Al primo piano l’idea di comunità è evocata dal tavolo dei pani di Marsiglia, circondato dagli oggetti affidati all’artista dagli abitanti del quartiere. Nelle celle invece è possibile ritrovare lo studio dell’artista e spazi di ascolto e visualizzazione di documenti, per ripercorrere il processo di ricerca e di mappatura, ascoltare le voci delle persone coinvolte, ricomporre le tracce e la stratificazione di questo percorso collettivo, un palinsesto in cui ogni singolo elemento rinvia a una costellazione di vissuti e relazioni, indagata e sollecitata dall’artista con attenzione.
Ilaria Turba ha incontrato e coinvolto gli abitanti di Sant’Ambrogio recandosi nelle loro case, negli spazi artigiani o commerciali, nel mercato e per la strada, bussando all’interno delle comunità e delle redazioni, delle università e dei ristoranti, delle associazioni e di atelier. Adesso la vita del quartiere e gli oggetti importanti per la comunità entrano nello spazio dell’arte, protagonisti di questa esposizione.
Il lungo processo di rigenerazione e riqualificazione delle Murate prosegue dunque prendendo sempre nuove forme.
Le simmetrie dei desideri è un progetto costruito con i cittadini che abitano il quartiere di Sant’Ambrogio e il Complesso delle Murate.
Partendo dalla straordinaria esperienza vissuta nel corso dei quattro anni di residenza d’artista nei quartieri nord di Marsiglia, come artiste associée di Le ZEF – scène nationale de Marseille, Ilaria Turba ha ricercato oggetti privati e d’affezione che fossero forti veicoli di desideri, storie e immaginari. Se nel progetto sviluppato in Francia a materializzare i desideri della comunità era stata la pratica della panificazione, rituale antico che accomuna tutte le culture mediterranee, nella residenza fiorentina i manufatti francesi sono serviti da attivatori di un nuovo percorso partecipativo con gli abitanti delle Murate e del quartiere di Sant’Ambrogio. Il lungo processo di rigenerazione e riqualificazione di questo luogo unico prosegue dunque prendendo sempre nuove forme.
Ilaria Turba ha intervistato i cittadini chiedendo in pr
Le simmetrie dei desideri è un progetto costruito con i cittadini che abitano il quartiere di Sant’Ambrogio e il Complesso delle Murate.
Partendo dalla straordinaria esperienza vissuta nel corso dei quattro anni di residenza d’artista nei quartieri nord di Marsiglia, come artiste associée di Le ZEF – scène nationale de Marseille, Ilaria Turba ha ricercato oggetti privati e d’affezione che fossero forti veicoli di desideri, storie e immaginari. Se nel progetto sviluppato in Francia a materializzare i desideri della comunità era stata la pratica della panificazione, rituale antico che accomuna tutte le culture mediterranee, nella residenza fiorentina i manufatti francesi sono serviti da attivatori di un nuovo percorso partecipativo con gli abitanti delle Murate e del quartiere di Sant’Ambrogio. Il lungo processo di rigenerazione e riqualificazione di questo luogo unico prosegue dunque prendendo sempre nuove forme.
Ilaria Turba ha intervistato i cittadini chiedendo in prestito oggetti simbolici, attivatori di memorie e narrazioni, cogliendo corrispondenze speculari, simmetrie consonanti con i desideri francesi.
Durante il mese di residenza l’artista ha collocato progressivamente negli spazi espositivi oggetti, pani e immagini fotografiche cui ha lavorato in progress, creando una vera e propria topografia emozionale del quartiere. Gli oggetti, abbinati secondo singolari corrispondenze della forma e dello spirito, sono accompagnati da racconti, desideri e tracce del processo di ricerca: ogni singolo elemento è parte di una narrazione collettiva, di una mappatura delle memorie e dei sentimenti, oltre che dei desideri della nostra comunità.
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Nel lavoro seriale Rivers (Fiumi) (2018) due fiumi si intrecciano in un continuum sonoro: da un lato il paesaggio sonoro del fiume, registrato ed elaborato elettronicamente dal compositore israeliano Yuval Avital nella composizione originale con il soundscape dell’Arno, qui riprodotta; dall’altro il fiume umano creato dalla stratificazione di voci, versi di animali, respiri e frammenti di storie sussurrate in lingue diverse dal coro Con-Fusion, invitato a Montelupo da Yuval Avital con la collaborazione di Tempo Reale su commissione del Progetto RIVA 2018. Il coro, diretto da Benedetta Manfriani, ha eseguito una performance creando così un nuovo flusso, intrecciandosi in modo intenso e vitalistico con la composizione elettronica. Il risultato è l’unione di elementi complementari (locale/universale, umano/animale, acustico/digitale, memoria/presente) alla ricerca di un punto di incontro empatico tra opera e pubblico.
Rivers rappresenta sia una metafora sia una concreta azione sonora, nella quale la Voce, il Gesto e i Materiali registrati si intrecciano in un’esperienza spaziale e sensoriale, invitando il pubblico a immergersi e a ricercare un incontro intimo e umano con il fiume.
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Benedetta Manfriani e Valentina Gensini
Benedetta Manfriani
Progetto di riqualificazione a fini culturali
LUMEN si articola come un progetto di riqualificazione a fini culturali di uno stabile e di un terreno di proprietà pubblica. L’iniziativa poggia le sue fondamenta sui principi dell’autorecupero e della partecipazione, forte di una concessione trentennale a titolo gratuito da parte della Pubblica Amministrazione, all’interno di un progetto in collaborazione con MAD finanziato da Anci.
LUMEN è uno spazio associativo culturale che sorge nell’area del Parco del Mensola. Grazie alla partecipazione attiva di numerose realtà del terzo settore, di associazioni culturali e di soggetti privati attenti al social business, LUMEN è una realtà innovativa capace di conciliare responsabilizzazione e partecipazione civica, formazione personale e professionale e rispetto dell’ambiente e della comunità a cui afferisce.
In sintesi, LUMEN è allo stesso tempo:
LUMEN si articola come un progetto di riqualificazione a fini culturali di uno stabile e di un terreno di proprietà pubblica. L’iniziativa poggia le sue fondamenta sui principi dell’autorecupero e della partecipazione, forte di una concessione trentennale a titolo gratuito da parte della Pubblica Amministrazione, all’interno di un progetto in collaborazione con MAD finanziato da Anci.
LUMEN è uno spazio associativo culturale che sorge nell’area del Parco del Mensola. Grazie alla partecipazione attiva di numerose realtà del terzo settore, di associazioni culturali e di soggetti privati attenti al social business, LUMEN è una realtà innovativa capace di conciliare responsabilizzazione e partecipazione civica, formazione personale e professionale e rispetto dell’ambiente e della comunità a cui afferisce.
In sintesi, LUMEN è allo stesso tempo:
LUMEN è sperimentazione di nuove pratiche, contaminazione di saperi, condivisione di competenze. Sono previsti corsi e workshop di formazione che spazieranno dalla permacultura al design thinking, dalla falegnameria alla modellazione 3D, passando ovviamente per la gestione giuridica ed economica per il terzo settore.
LUMEN è uno spazio orgogliosamente urbano. La città è il luogo che rappresenta ed esalta le possibilità e le contraddizioni di ogni comunità: dalla πόλις greca a oggi, le città hanno rappresentato il terreno ideale per ogni scambio commerciale e culturale. LUMEN vuole agire politicamente sullo spazio, intervenendo nel reale e producendo un’esternalità positiva per la città che lo ospita, Firenze.
Il radicamento territoriale è una caratteristica imprescindibile per agire sugli spazi. LUMEN si colloca nell’area del rinnovato Parco del Mensola, e vuole essere parte della rigenerazione urbana di un Quartiere ricco di potenzialità inespresse da un punto di vista ecologico, sociale e umano. Responsabilizzare i cittadini e renderli parte attiva nella riqualificazione dei loro spazi è una delle mission di LUMEN. Uno spazio condiviso educa alla socialità, e cittadini più consapevoli migliorano la città che vivono.
Laboratorio di arte pubblica e intervento sul territorio
Zona/Zone
Fabrizio Ajello / Robert Pettena
Zona/Zone è un laboratorio di arte pubblica e intervento sul territorio ideato dall’artista Fabrizio Ajello con la collaborazione del Prof. Robert Pettena, realizzato all’interno del percorso formativo di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Gli allievi del corso hanno partecipato attivamente al processo di documentazione, analisi e intervento in alcune zone della città di Firenze, selezionate appositamente dall’artista. Gli spazi d’indagine sono stati scelti in base alle peculiarità urbanistiche ma anche estetico-sociali, economiche ed emozionali. Partendo da ricognizioni specifiche di singole porzioni del territorio (Zone), si è passati ad una riflessione sul complesso città come organismo (Zona). L’attraversamento, il ripensare la città, le appartenenze e le discrasie, le partizioni e i riflessi, gli avvenimenti storicizzati e l’attualità, la materia e l’informe, l’appropriazione temporanea, le strutt
Zona/Zone
Fabrizio Ajello / Robert Pettena
Zona/Zone è un laboratorio di arte pubblica e intervento sul territorio ideato dall’artista Fabrizio Ajello con la collaborazione del Prof. Robert Pettena, realizzato all’interno del percorso formativo di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Gli allievi del corso hanno partecipato attivamente al processo di documentazione, analisi e intervento in alcune zone della città di Firenze, selezionate appositamente dall’artista. Gli spazi d’indagine sono stati scelti in base alle peculiarità urbanistiche ma anche estetico-sociali, economiche ed emozionali. Partendo da ricognizioni specifiche di singole porzioni del territorio (Zone), si è passati ad una riflessione sul complesso città come organismo (Zona). L’attraversamento, il ripensare la città, le appartenenze e le discrasie, le partizioni e i riflessi, gli avvenimenti storicizzati e l’attualità, la materia e l’informe, l’appropriazione temporanea, le strutture e i riflessi, sono stati i temi centrali dell’intero percorso laboratoriale, restituito dai partecipanti attraverso una serie di interventi sul territorio realizzati e da realizzare nei prossimi mesi e una produzione di immagini e percorsi progettuali.
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RIVA Project 2021
Third Garden (2016) is a park stretching over ten thousand square metres of land along the west bank of the Arno River. A green area that was finally returned to the city that can be explored by walking along the many trails drawn amidst the spontaneous vegetation; in memory of the ancient orti dei semplici (botanical gardens). The word “third” brings to mind Gilles Clément’s third landscape, which reminds us that spontaneous vegetation is an extraordinary reserve of biodiversity and evolutionary potential. The park, which can be seen here in an aerial photograph taken by Gabriele Galimberti, can be accessed from Piazza Poggi.
The Stones Stories (2018) site-specific installation stems from the encounters with the people living in the borough of San Francesco (Pelago) and their recollections of the Sieve River: in their imagery, as we hear from the interviews, the river has always been seen from within, in constant touch with water. That is why the new passage of the river fr
Third Garden (2016) is a park stretching over ten thousand square metres of land along the west bank of the Arno River. A green area that was finally returned to the city that can be explored by walking along the many trails drawn amidst the spontaneous vegetation; in memory of the ancient orti dei semplici (botanical gardens). The word “third” brings to mind Gilles Clément’s third landscape, which reminds us that spontaneous vegetation is an extraordinary reserve of biodiversity and evolutionary potential. The park, which can be seen here in an aerial photograph taken by Gabriele Galimberti, can be accessed from Piazza Poggi.
The Stones Stories (2018) site-specific installation stems from the encounters with the people living in the borough of San Francesco (Pelago) and their recollections of the Sieve River: in their imagery, as we hear from the interviews, the river has always been seen from within, in constant touch with water. That is why the new passage of the river from shore to shore reconnects two communities and makes it possible to experience the river from the centre of its course, possibly lingering on one of the stones surrounded by water.
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Archivio di memoria collettiva
Il diario popolare è un archivio di memorie collettive costruito da cittadini che attraverso la condivisione di interviste, ricordi e documenti creano un museo dell’immateriale.
Il diario popolare è un archivio di memorie collettive costruito da cittadini che attraverso la condivisione di interviste, ricordi e documenti creano un museo dell’immateriale.
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Progetto RIVA
Attraverso i ricordi spontanei dei cittadini di Firenze, residenti o di passaggio, radicati sul territorio o nuovi arrivati, si è voluto costruire un diario collettivo che avesse come filo conduttore il fiume Arno. I racconti di ciascuno dei partecipanti è andato a ampliare la memoria collettiva sul fiume che, attraversando la città, ha attraversato le vite di tutti i fiorentini.
Attraverso i ricordi spontanei dei cittadini di Firenze, residenti o di passaggio, radicati sul territorio o nuovi arrivati, si è voluto costruire un diario collettivo che avesse come filo conduttore il fiume Arno. I racconti di ciascuno dei partecipanti è andato a ampliare la memoria collettiva sul fiume che, attraversando la città, ha attraversato le vite di tutti i fiorentini.
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Italian – Mexican Operative Shared Program
LWCircus is the Italian – Mexican Operative Shared Program born in the 2016, following to a critical rereading of the guide lines delineated along the pluriannual experience of coordination inside of successful international operative programs and looking for a systematization of alternative methodologies based on social practices and an improvement of tools and devices, able to give life to long term process in term of sustainable development and responsible valorization. The Program focuses specifically on experimental modalities in searching new strategies for sustainable urban and rural development on sensitive natural areas and territories under transition (anthropologic, socio-economic and environmental aspects), together with a responsible valorization of cultural landscapes inside Mediterranean and the developing Countries.
LWCircus is the Italian – Mexican Operative Shared Program born in the 2016, following to a critical rereading of the guide lines delineated along the pluriannual experience of coordination inside of successful international operative programs and looking for a systematization of alternative methodologies based on social practices and an improvement of tools and devices, able to give life to long term process in term of sustainable development and responsible valorization. The Program focuses specifically on experimental modalities in searching new strategies for sustainable urban and rural development on sensitive natural areas and territories under transition (anthropologic, socio-economic and environmental aspects), together with a responsible valorization of cultural landscapes inside Mediterranean and the developing Countries.
Progetto RIVA
L’Associazione LWCircus, in collaborazione con la Direzione Artistica delle Murate, nell’ambito del progetto RIVA, palinsesto che promuove ricerche alternative commissionando interventi artistici incentrati sul fiume Arno, ha presentato il secondo appuntamento primaveriale della serie di seminari e Open Talks ILARKS, ideati per ampliare e promuovere il dibattito all’interno della disciplina sull’utilizzo di pratiche performative e linguaggi multimediali nella progettazione, valorizzazione e attivazione dei paesaggi culturali contemporanei, coinvolgendo architetti, paesaggisti, artisti e designer, attivisti, curatori antropologi ed editori, chiamati a dare il loro contributo in merito.
L’Associazione LWCircus, in collaborazione con la Direzione Artistica delle Murate, nell’ambito del progetto RIVA, palinsesto che promuove ricerche alternative commissionando interventi artistici incentrati sul fiume Arno, ha presentato il secondo appuntamento primaveriale della serie di seminari e Open Talks ILARKS, ideati per ampliare e promuovere il dibattito all’interno della disciplina sull’utilizzo di pratiche performative e linguaggi multimediali nella progettazione, valorizzazione e attivazione dei paesaggi culturali contemporanei, coinvolgendo architetti, paesaggisti, artisti e designer, attivisti, curatori antropologi ed editori, chiamati a dare il loro contributo in merito.
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Presentazione del libro "Ominiteismo e Demopraxia. Per una rigenerazione della società" di Michelangelo Pistoletto
Michelangelo Pistoletto – Viaggio a Firenze nel segno del Terzo Paradiso a cura di MAD Murate Art District, Accademia di Belle Arti di Firenze, Associazione Nottola di Minerva, Chiarelettere e Cittadellarte
A MAD Murate Art District un appuntamento con Manifesto per una rigenerazione della società: dialogo tra Michelangelo Pistoletto, Lorenzo Fazio, direttore editoriale di Chiarelettere, e Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte-Fondazione Pistoletto.
Michelangelo Pistoletto ha presentato il 1 aprile 2019 il suo libro “Ominiteismo e Demopraxia. Per una rigenerazione della società” (Chiarelettere editore srl), un manuale per una trasformazione responsabile della società che apre una preziosa occasione di dialogo: esercitata da ognuno nelle piccole occupazioni del quotidiano, ed accolta come pratica di ogni piccola comunità, la demopraxia potrà ispirare relazioni più complesse all’interno della società civile e della dialettica tra artisti, cittadini,
Michelangelo Pistoletto – Viaggio a Firenze nel segno del Terzo Paradiso a cura di MAD Murate Art District, Accademia di Belle Arti di Firenze, Associazione Nottola di Minerva, Chiarelettere e Cittadellarte
A MAD Murate Art District un appuntamento con Manifesto per una rigenerazione della società: dialogo tra Michelangelo Pistoletto, Lorenzo Fazio, direttore editoriale di Chiarelettere, e Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte-Fondazione Pistoletto.
Michelangelo Pistoletto ha presentato il 1 aprile 2019 il suo libro “Ominiteismo e Demopraxia. Per una rigenerazione della società” (Chiarelettere editore srl), un manuale per una trasformazione responsabile della società che apre una preziosa occasione di dialogo: esercitata da ognuno nelle piccole occupazioni del quotidiano, ed accolta come pratica di ogni piccola comunità, la demopraxia potrà ispirare relazioni più complesse all’interno della società civile e della dialettica tra artisti, cittadini, imprenditori, giovani in formazione.
La due giorni dedicata al grande artista internazionale è proseguita e si è conclusa martedì 2 aprile 2019 all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove il maestro Pistoletto ha tenuto una lectio magistralis rivolta agli studenti e aperta anche al pubblico esterno. In seguito la presentazione del restauro dell’opera monumentale “Dietrofront”, a cura del restauratore Alberto Casciani e dei tecnici del CNR Cristiano Riminesi, Fabio Tarani e Rachele Manganelli Del Fa.
Un appuntamento presentato nell’ambito del Progetto Riva diretto da Valentina Gensini, e del programma triennale IDENTITIES Leggere il contemporaneo realizzato dall’Associazione Culturale La Nottola di Minerva in collaborazione con Mus.e, MAD Murate Art District per il Comune di Firenze.
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Fotografo
Giuseppe Toscano è nato a Catania nel 1976. Formatosi presso la Fondazione Studio Marangoni di Firenze, dal 2003 lavora per la stessa scuola come insegnante di fotografia, organizzatore e coordinatore delle attività didattiche.
Giuseppe Toscano è nato a Catania nel 1976. Formatosi presso la Fondazione Studio Marangoni di Firenze, dal 2003 lavora per la stessa scuola come insegnante di fotografia, organizzatore e coordinatore delle attività didattiche.
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Fotografo
Martino Marangoni si è formato presso il Pratt Institute di New York, dal 1977 al 1993 è stato docente di fotografia dello Studio Arts Center International di Firenze. Nel 1991 ha istituito la Fondazione Studio Marangoni: Iniziative di Fotografia Contemporanea, di cui è presidente. Da quella data, Marangoni affianca la sua ricerca personale alla promozione della cultura fotografica a livello internazionale attraverso attività didattiche ed espositive e l’assegnazione di premi.
Martino Marangoni si è formato presso il Pratt Institute di New York, dal 1977 al 1993 è stato docente di fotografia dello Studio Arts Center International di Firenze. Nel 1991 ha istituito la Fondazione Studio Marangoni: Iniziative di Fotografia Contemporanea, di cui è presidente. Da quella data, Marangoni affianca la sua ricerca personale alla promozione della cultura fotografica a livello internazionale attraverso attività didattiche ed espositive e l’assegnazione di premi.
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Fotografo
Davide Virdis, Sassari 1962, vive a Firenze. Si è laureato in architettura. Lavora professionalmente come fotografo di architettura e territorio, realizzando campagne di analisi ed interpretazione dello spazio e delle sue relazioni con le attività umane. Dal 1998 conduce, per conto dell’Amministrazione Provinciale di Sassari, una ricerca finalizzata alla creazione di un archivio fotografico sul paesaggio contemporaneo del nord Sardegna.
Davide Virdis, Sassari 1962, vive a Firenze. Si è laureato in architettura. Lavora professionalmente come fotografo di architettura e territorio, realizzando campagne di analisi ed interpretazione dello spazio e delle sue relazioni con le attività umane. Dal 1998 conduce, per conto dell’Amministrazione Provinciale di Sassari, una ricerca finalizzata alla creazione di un archivio fotografico sul paesaggio contemporaneo del nord Sardegna.
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Progetto RIVA
Nell’autunno 2017 i fotografi Davide Virdis, Martino Marangoni e Giuseppe Toscano hanno elaborato un progetto originale per San Francesco, Comune di Pelago, e per Pontassieve. Il tema principale di questo lavoro era il rapporto tra il fiume Sieve e la comunità. Questo gruppo di ricerca ha prodotto un lavoro originale sul territorio tra Pelago e Pontassieve presentato durante la festa del patrono a Pelago-Pontassieve il 29 settembre 2018, in una esposizione pubblica delle fotografie prodotte. L’esposizione nello spazio pubblico, sui pannelli di affissione che permeano la dimensione urbana, viene proposta dunque in una dimensione di immediata e spontanea accessibilità. I tre autori hanno inoltre condotto un workshop sul campo con quattro giovani fotografe.
Nell’autunno 2017 i fotografi Davide Virdis, Martino Marangoni e Giuseppe Toscano hanno elaborato un progetto originale per San Francesco, Comune di Pelago, e per Pontassieve. Il tema principale di questo lavoro era il rapporto tra il fiume Sieve e la comunità. Questo gruppo di ricerca ha prodotto un lavoro originale sul territorio tra Pelago e Pontassieve presentato durante la festa del patrono a Pelago-Pontassieve il 29 settembre 2018, in una esposizione pubblica delle fotografie prodotte. L’esposizione nello spazio pubblico, sui pannelli di affissione che permeano la dimensione urbana, viene proposta dunque in una dimensione di immediata e spontanea accessibilità. I tre autori hanno inoltre condotto un workshop sul campo con quattro giovani fotografe.
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Progetto RIVA
Born in Florence in 1933, has been active since the 1950s. He studied first in Milan, then in other areas of Europe where he matched wits with other talents and came into contact with the work of the great European abstractionists from whom he learned the lessons of strict formal rigour. In the 1960s, his production shifted from abstract-geometric works to compositions showing an absolute sensibility for colour and, in the 1970s, to research and use of new materials. His works of this period are characterised by use of corrugated cardboard. In the works of the 1980s, he undertook intense research into colour in relation to space, creating works from which colour as a strong aspect of his personality is easily deduced. In the 2000s, Masi began using such new materials as Plexiglas, with which he has created rectangular and round works in brilliant colours. Since his early experiences with Informale painting and concrete abstractionism, Masi’s work has been articulated, complex and div
Born in Florence in 1933, has been active since the 1950s. He studied first in Milan, then in other areas of Europe where he matched wits with other talents and came into contact with the work of the great European abstractionists from whom he learned the lessons of strict formal rigour. In the 1960s, his production shifted from abstract-geometric works to compositions showing an absolute sensibility for colour and, in the 1970s, to research and use of new materials. His works of this period are characterised by use of corrugated cardboard. In the works of the 1980s, he undertook intense research into colour in relation to space, creating works from which colour as a strong aspect of his personality is easily deduced. In the 2000s, Masi began using such new materials as Plexiglas, with which he has created rectangular and round works in brilliant colours. Since his early experiences with Informale painting and concrete abstractionism, Masi’s work has been articulated, complex and diversified at the technical-linguistic level. His works become conceptual markers in the landscape and, in the case of his Polaroids, act as analytic studies of urban codes. His intensive activity continues and is acknowledged both in Italy and abroad; his works are featured in the collections of MART of Rovereto, the Galleria d’Arte Moderna of Palazzo Pitti in Florence and the Galleria d’Arte Moderna of Turin, the Museo Pecci of Prato and the Museo Novecento of Florence. His works are all characterised by an unceasing experimental evolution capable of extending even to broad urban spaces.
Paolo Masi
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Paolo Masi
The works on show engage the entire monumental complex, from the interior spaces of Le Murate. Progetti Arte Contemporanea to the public spaces of the complex such as the facade, the fountain in Piazza Madonna della Neve, the interior of the Semiottagono.
The former cells will host a series of site-specific installations that invite the visitor to reflect on the concepts of confinement and meditation.
The works – conceived by the artist to intentionally make use of ‘hard’ materials such as nails and steel wool, or to scratch and ‘mark’ the walls of the complex – are founded on actions of chromatic matrix and others of materic origin, consistently with the lengthy and structured path through art that has characterised his entire production. His actions in/on the spaces thus become conceptual markers along a course of serried, highly coherent research that doubles back to experimental practices first launched in the Seventies, now presented in a new guise an
The works on show engage the entire monumental complex, from the interior spaces of Le Murate. Progetti Arte Contemporanea to the public spaces of the complex such as the facade, the fountain in Piazza Madonna della Neve, the interior of the Semiottagono.
The former cells will host a series of site-specific installations that invite the visitor to reflect on the concepts of confinement and meditation.
The works – conceived by the artist to intentionally make use of ‘hard’ materials such as nails and steel wool, or to scratch and ‘mark’ the walls of the complex – are founded on actions of chromatic matrix and others of materic origin, consistently with the lengthy and structured path through art that has characterised his entire production. His actions in/on the spaces thus become conceptual markers along a course of serried, highly coherent research that doubles back to experimental practices first launched in the Seventies, now presented in a new guise and with an authentic odour, rigorously measured against the spaces.
The exhibition also presents two never-before-seen Polaroid cycles, one dedicated to Le Murate, a space of isolation and reflection; the other to the Arno river, an open, changeling ambience, remindful of a world and a life outside the walls. ‘What most struck me was the aura of the site, where the stone walls carry evident signs of many passages, of cloistered nuns and prisoners,’ Paolo Masi has said. ‘With the Polaroid shots, I have tried to render this emotional visibility. The exhibition centres on pointing up the peculiarities of this space, so different from a gallery or a museum, which, as a production site, allows the imagination room to express itself freely and totally. On my very first visit here, I decided to give concrete form to feelings and emotions on two different planes: the dramatic, on the third floor, where the cells are linked by an extremely coercive history; while on the lower floor, the incised white of the wall, the two large cartons and the three folded papers suggest a geometry that is alternative to the sense of physical ‘enclosure’ that was the original function of the site.’
From the meeting between Le Murate. Progetti Arte Contemporanea and Paolo Masi, a site specific project was born, which the Florentine artist wanted to dedicate to this unique place, a space of memory, imprisonment, voluntary but also forced imprisonment. Thus was born "Here. Paolo Masi" an important monographic exhibition composed of twelve monumental works specially conceived and created for the spaces of the Murate. The exhibition project is the result of a direct comparison between the artist, the environment and the history of the city complex under the sign of a new production.
Architect and designer
Jenny E. Sabin is an architectural designer whose work is at the forefront of a new direction for 21st century architectural practice — one that investigates the intersections of architecture and science, and applies insights and theories from biology and mathematics to the design of material structures. Sabin is the Arthur L. and Isabel B. Wiesenberger Professor in Architecture and the Director of Graduate Studies in the Department of Architecture at Cornell University where she established a new advanced research degree in Matter Design Computation. She is principal of Jenny Sabin Studio, an experimental architectural design studio based in Ithaca and Director of the Sabin Design Lab at Cornell AAP, a trans-disciplinary design research lab with specialization in computational design, data visualization and digital fabrication.
In 2006, Sabin co-founded the Sabin+Jones LabStudio, a hybrid research and design unit, together with biologist, Peter Lloyd Jones. Sabin is also a founding
Jenny E. Sabin is an architectural designer whose work is at the forefront of a new direction for 21st century architectural practice — one that investigates the intersections of architecture and science, and applies insights and theories from biology and mathematics to the design of material structures. Sabin is the Arthur L. and Isabel B. Wiesenberger Professor in Architecture and the Director of Graduate Studies in the Department of Architecture at Cornell University where she established a new advanced research degree in Matter Design Computation. She is principal of Jenny Sabin Studio, an experimental architectural design studio based in Ithaca and Director of the Sabin Design Lab at Cornell AAP, a trans-disciplinary design research lab with specialization in computational design, data visualization and digital fabrication.
In 2006, Sabin co-founded the Sabin+Jones LabStudio, a hybrid research and design unit, together with biologist, Peter Lloyd Jones. Sabin is also a founding member of the Nonlinear Systems Organization (NSO), a research group started by Cecil Balmond at PennDesign, where she was Senior Researcher and Director of Research. Sabin’s collaborative research including bioinspired adaptive materials and 3D geometric assemblies has been funded substantially by the National Science Foundation with applied projects commissioned by diverse clients including Nike Inc., Microsoft Research, Autodesk, the Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum, MoMA & MoMA PS1, the Centre Pompidou, the American Philosophical Society Museum, the Museum of Craft and Design, the Philadelphia Redevelopment Authority and the Exploratorium.
Sabin holds degrees in ceramics and interdisciplinary visual art from the University of Washington and a master of architecture from the University of Pennsylvania where she was awarded the AIA Henry Adams first prize medal and the Arthur Spayd Brooke gold medal for distinguished work in architectural design, 2005. Sabin was awarded a Pew Fellowship in the Arts 2010 and was named a USA Knight Fellow in Architecture, 1 of 50 artists and designers awarded nationally by US Artists. In 2014, she was awarded the prestigious Architectural League Prize for Young Architects and was named the 2015 national IVY Innovator in design. Recently, Architectural Record’s national Women in Architecture Awards selected her for the 2016 Innovator in design.
She has exhibited nationally and internationally including in the acclaimed 9th ArchiLab titled Naturalizing Architecture at FRAC Centre, Orleans, France and most recently as part of Beauty, the 5th Cooper Hewitt Design Triennial. Recently, her work was on view in the exhibition, Imprimer Le Monde at the Centre Pompidou. Her work has been published extensively including in the NY Times, The Architectural Review, Azure, A+U, Metropolis, Mark Magazine, 306090, American Journal of Pathology, Science and Wired Magazine. She co-authored Meander, Variegating Architecture with Ferda Kolatan, 2010. Her book titled LabStudio: Design Research Between Architecture and Biology co-authored with Peter Lloyd Jones was published in July 2017. Last year, Sabin won the internationally acclaimed MoMA & MoMA PS1 Young Architects Program with her submission, Lumen.
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Progetto RIVA
Un grande ciclo di conferenze organizzato nella primavera 2018 da LWCircus e MAD Murate Art District, che ha affrontato la progettazione sostenibile nelle città contemporanee partendo da esempi e soluzioni sui fiumi delle grandi aree urbane internazionali dalla progettazione dal bacino della Garonna in Francia ai modelli evolutivi di Shanghai. Al programma di conferenze si è affiancato il workshop ArnoLab018, un laboratorio creativo open air, finalizzato alla realizzazione in loco di installazioni effimere tra arte e paesaggio. Attraverso modalità sperimentali partecipate e operative i protagonisti di ArnoLab018 hanno reinterpretato e assemblato tra loro materiali naturali riciclati attraverso linguaggi artistici e multimediali per creare arredi urbani leggeri, punti di sosta e rifugi temporanei. I materiali di risulta derivanti dalle fluttuazioni del fiume sono stati messi a disposizione dal Consorzio di Bonifica 3 del medio Valdarno e le essenze autoctone sono state fornite
Un grande ciclo di conferenze organizzato nella primavera 2018 da LWCircus e MAD Murate Art District, che ha affrontato la progettazione sostenibile nelle città contemporanee partendo da esempi e soluzioni sui fiumi delle grandi aree urbane internazionali dalla progettazione dal bacino della Garonna in Francia ai modelli evolutivi di Shanghai. Al programma di conferenze si è affiancato il workshop ArnoLab018, un laboratorio creativo open air, finalizzato alla realizzazione in loco di installazioni effimere tra arte e paesaggio. Attraverso modalità sperimentali partecipate e operative i protagonisti di ArnoLab018 hanno reinterpretato e assemblato tra loro materiali naturali riciclati attraverso linguaggi artistici e multimediali per creare arredi urbani leggeri, punti di sosta e rifugi temporanei. I materiali di risulta derivanti dalle fluttuazioni del fiume sono stati messi a disposizione dal Consorzio di Bonifica 3 del medio Valdarno e le essenze autoctone sono state fornite dal raggruppamento Carabinieri Biodiversità reparto di Vallombrosa.
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Radio Papesse
Radio Papesse è un’associazione culturale non profit di base a Villa Romana, a Firenze. Nata nel 2006 al Palazzo delle Papesse di Siena, è una web-radio e archivio sonoro online dedicato all’arte contemporanea; uno spazio riservato alla riflessione critica sulle arti visive e alla promozione e condivisione di produzioni sonore e radiofoniche sperimentali. Produce e distribuisce sotto licenza Creative Commons documentari e interviste, racconta mostre e collezioni museali, usando la radio come suo linguaggio elettivo per parlare di arte, pratiche e processi. Negli ultimi dieci anni ha invitato artisti, musicisti, producer e Dj a confrontarsi con i limiti e le possibilità offerti dalla produzione radiofonica. Alcuni dei progetti sviluppati: Children of Unquiet di Mikhail Karikis, 2012-2014; Süden Radio insieme a Villa Romana, Saout Radio e Reboot FM, Nuovi Paesaggi, curato da Lucia Farinati con la partecipazione di Viv Corringham, Mikhail Karikis, Laura Malacart, Davide T
Radio Papesse è un’associazione culturale non profit di base a Villa Romana, a Firenze. Nata nel 2006 al Palazzo delle Papesse di Siena, è una web-radio e archivio sonoro online dedicato all’arte contemporanea; uno spazio riservato alla riflessione critica sulle arti visive e alla promozione e condivisione di produzioni sonore e radiofoniche sperimentali. Produce e distribuisce sotto licenza Creative Commons documentari e interviste, racconta mostre e collezioni museali, usando la radio come suo linguaggio elettivo per parlare di arte, pratiche e processi. Negli ultimi dieci anni ha invitato artisti, musicisti, producer e Dj a confrontarsi con i limiti e le possibilità offerti dalla produzione radiofonica. Alcuni dei progetti sviluppati: Children of Unquiet di Mikhail Karikis, 2012-2014; Süden Radio insieme a Villa Romana, Saout Radio e Reboot FM, Nuovi Paesaggi, curato da Lucia Farinati con la partecipazione di Viv Corringham, Mikhail Karikis, Laura Malacart, Davide Tidoni e Allen S. Weiss, 2012; La Radio a Pedali, 2011. Nel 2013 ha preso parte alla prima edizione di Progetto Riva con Arno Atlas, una serie di quattro documentari sonori sulla storia sociale dell’Arno a Firenze.
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Progetto RIVA
Tra l’autunno 2017 e la primavera 2018 Radio Papesse ha coinvolto associazioni, esperti, storici, guide ambientali, imprenditori e istituzioni locali nella produzione di tre documentari radiofonici dedicati al genius loci montelupino, a partire dalla memoria delle acque dell’Arno e del torrente Pesa. Tra voci, testimonianze e field recording, Confluenze cerca di ricomporre un ritratto eterogeneo di Montelupo Fiorentino. I tre episodi interessano: “La ceramica ed il sistema Arno”, “La Villa Medicea dell’Ambrogiana”, “Ecosistemi che si incontrano e scontrano. Là dove l’Arno incontra il Pesa”
Tra l’autunno 2017 e la primavera 2018 Radio Papesse ha coinvolto associazioni, esperti, storici, guide ambientali, imprenditori e istituzioni locali nella produzione di tre documentari radiofonici dedicati al genius loci montelupino, a partire dalla memoria delle acque dell’Arno e del torrente Pesa. Tra voci, testimonianze e field recording, Confluenze cerca di ricomporre un ritratto eterogeneo di Montelupo Fiorentino. I tre episodi interessano: “La ceramica ed il sistema Arno”, “La Villa Medicea dell’Ambrogiana”, “Ecosistemi che si incontrano e scontrano. Là dove l’Arno incontra il Pesa”
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Il 9 settembre 2017 Montelupo si riappropria di un importante capitolo della sua storia, quello della Villa Ambrogiana, residenza dei Medici dal sedicesimo secolo e poi corpo alieno, spazio escluso ai cittadini a causa dell’insediamento prima del manicomio e dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario poi. Da villa che accoglieva i suoi signori con una spettacolare grotta di meraviglie lungo l’Arno, a struttura detentiva chiusa definitivamente nel 2017, l’Ambrogiana è al tempo stesso un gioiello e una ferita per Montelupo che, per molti decenni nel Novecento, oltre ad essere il paese della ceramica, è stato il paese dei matti. Ora che l’O.P.G è stato smantellato, cosa resta e cosa sarà della Villa Medicea?
Con la partecipazione di Isabella Lapi Ballerini, Riccardo Manetti, Paolo Manetti, Adriano Rigatti e Luigi Falsetti.
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La storia della ceramica di Montelupo è una vicenda d’innovazioni tecnologiche e di circolazione del sapere: lo era in passato, lo è ancora oggi. Quanto il suo sviluppo sia legato all’Arno è una questione che riguarda il più ampio sistema economico, ecologico e infrastrutturale cui il fiume ha contribuito a dare forma. Grazie ai contributi di alcuni esperti - dalla ceramista di seconda generazione allo scienziato che sperimenta nuovi pigmenti ceramici per l’industria spaziale, dall’archeologo al carpentiere navale cresciuto sulle rive dell’Arno - attraversiamo una storia lunga almeno otto secoli. Con le voci di Fausto Berti, Tito Paroli, Giovanni Baldi e Ivana Antonini.
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Là dove il fiume e il torrente si incontrano, le acque confluiscono ma gli ecosistemi restano profondamente diversi. Insieme a chi studia e vive ogni giorno le acque di Arno e Pesa, a chi lavora per la loro tutela, a chi ne progetta le relazioni con lo spazio urbano, ci immergiamo alla scoperta di un ecosistema fragile e in costante mutamento. Un ecosistema legato alle stagioni e alle azioni dell’uomo che oggi, finalmente, riscopre la necessità di tutelare anche i rivi considerati minori.
Una vera e propria immersione sonora nel paesaggio creato dalla confluenza di Arno e Pesa, un paesaggio popolato da usignoli, picchi, api... con il minimo comun denominatore dell'acqua. Anche quando questa scompare. Con la partecipazione di Alessandro Pappalardo, Lorenzo Nesi, Jacopo Manetti e Alessandro Sacchetti.
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Il 1966 fu un annus mirabilis nel mondo ed anche a Firenze, dove nonostante l'alluvione, emersero importanti movimenti di ricerca artistica - si iniziava a sperimentare con la parola, il suono, il corpo - e gli architetti radicali si affermavano come una delle esperienze d'avanguardia più
interessanti del Secondo Novecento. Sebbene il richiamo del passato si fosse rinvigorito dopo l'alluvione, con il mito del ritorno all'antico splendore, dal basso emergevano le prime istanze contemporanee, che sarebbero poi sfociate nei movimenti e nelle correnti degli Anni 70.
Con le voci di Gian Piero Frassinelli, Adolfo Natalini e Valentina Gensini.
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Un viaggio tra la chimica e la filosofia del restauro contemporaneo, un viaggio durato cinquant'anni, dall'emergenza dell'alluvione - con la nascita della moderna scienza del restauro - alla pratica attuale, per scoprire cosa è stato fatto e si continua a fare, cosa è oggi possibile e cosa si accetta di non poter fare con le vittime culturali del 1966: affreschi, tavole, dipinti, codici, libri... Con le voci di Franca Falletti, Giorgio Bonsanti, Magnolia Scudieri e Marco Ciatti.
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Collettivo di artisti architetti
Studio ++ è un collettivo d’artisti composto dagli architetti Fabio Ciaravella (1982), Umberto Daina (1979) e Vincenzo Fiore (1981). La sua ricerca si basa su un approccio progettuale all’opera d’arte con il quale vengono affrontati i temi della condizione pubblica dell’opera, del divenire e delle nuove tecnologie nella loro influenza sulla quotidiana percezione del mondo. Il lavoro si concentra sulla formulazione di un metodo di analisi e di rappresentazione della realtà in stretto e simbiotico legame con i concetti di ‘relazione di limite’ e ‘tempo rinviato’. La formazione “d’architetto” di tutti i membri del collettivo, l’attenzione all’approccio sociale, alle evoluzioni tecnologiche, agli approfondimenti teorici e progettuali sui temi di paesaggio e partecipazione, fanno della ricerca di Studio++ un percorso di dialogo multidisciplinare costante che ha come punti di partenza lo sguardo dell’arte e gli strumenti dell’architettura.
Studio ++ è un collettivo d’artisti composto dagli architetti Fabio Ciaravella (1982), Umberto Daina (1979) e Vincenzo Fiore (1981). La sua ricerca si basa su un approccio progettuale all’opera d’arte con il quale vengono affrontati i temi della condizione pubblica dell’opera, del divenire e delle nuove tecnologie nella loro influenza sulla quotidiana percezione del mondo. Il lavoro si concentra sulla formulazione di un metodo di analisi e di rappresentazione della realtà in stretto e simbiotico legame con i concetti di ‘relazione di limite’ e ‘tempo rinviato’. La formazione “d’architetto” di tutti i membri del collettivo, l’attenzione all’approccio sociale, alle evoluzioni tecnologiche, agli approfondimenti teorici e progettuali sui temi di paesaggio e partecipazione, fanno della ricerca di Studio++ un percorso di dialogo multidisciplinare costante che ha come punti di partenza lo sguardo dell’arte e gli strumenti dell’architettura.
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Progetto RIVA
Familiar Places è un progetto di studio che ha approfondito il rapporto fra il fiume Sieve e la comunità di San Francesco a Pelago.
Attraverso interviste, dialoghi e incontri con gli abitanti, gli artisti Studio ++ hanno rintracciato il rapporto tra il passato e il presente del fiume nell’intento di indurre una maggiore consapevolezza del patrimonio immateriale del nostro paesaggio. Alcune interviste video restituiscono il legame tra popolazione e fiume: racconti di esperienze di vita, idee, aspirazioni e leggende sono messe a confronto con la dimensione tangibile del paesaggio.
Familiar Places è un progetto di studio che ha approfondito il rapporto fra il fiume Sieve e la comunità di San Francesco a Pelago.
Attraverso interviste, dialoghi e incontri con gli abitanti, gli artisti Studio ++ hanno rintracciato il rapporto tra il passato e il presente del fiume nell’intento di indurre una maggiore consapevolezza del patrimonio immateriale del nostro paesaggio. Alcune interviste video restituiscono il legame tra popolazione e fiume: racconti di esperienze di vita, idee, aspirazioni e leggende sono messe a confronto con la dimensione tangibile del paesaggio.
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Artista sonoro e compositore
Bernard Fort Co-fondatore e responsabile del GMVL (Groupe Musiques Vivantes de Lyon) insegna composizione acusmatica alla Scuola Nazionale di Musica di Villeurbanne e dedica il resto del suo tempo alla composizione e all’ornitologia. Le sue opere musicali sono dedicate interamente al genere acusmatico per i concerti in situazioni plein air, per la danza e per il giovane pubblico. Nel suo lavoro si è sempre interessato alle zone di confine tra astrazione e raffigurazione, naturale e culturale. La sua ricerca si focalizza principalmente sui modi di rappresentazione della musica elettroacustica
Bernard Fort Co-fondatore e responsabile del GMVL (Groupe Musiques Vivantes de Lyon) insegna composizione acusmatica alla Scuola Nazionale di Musica di Villeurbanne e dedica il resto del suo tempo alla composizione e all’ornitologia. Le sue opere musicali sono dedicate interamente al genere acusmatico per i concerti in situazioni plein air, per la danza e per il giovane pubblico. Nel suo lavoro si è sempre interessato alle zone di confine tra astrazione e raffigurazione, naturale e culturale. La sua ricerca si focalizza principalmente sui modi di rappresentazione della musica elettroacustica
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Progetto RIVA
Il paesaggio sonoro: una rielaborazione in chiave artistica del paesaggio sonoro naturale del fiume Arno. Dopo il workshop Field Recording Arno tenuto nel 2016 per giovani artisti e musicisti selezionati tramite open call, e un incontro sulle fasi creative del paesaggio sonoro, il compositore Bernard Fort ha proposto al pubblico, nello stesso anno, un’installazione sonora immersiva pensata per l’ambiente urbano delle Murate e per la sala emeroteca de MAD Murate Art District. Un ritratto del fiume che è stato realizzato così su due diversi registri: l’immagine acustica, figurativa e realistica, e l’immagine composta o immagine acusmatica. L’immagine acustica, rappresentazione di una situazione naturale all’aperto, è stata proposta all’interno dell’emeroteca. Qui l’interesse si è concentrato sulla restituzione dello spazio e sulla sua profondità di campo dentro ad un grande piano fisso.
Il paesaggio sonoro: una rielaborazione in chiave artistica del paesaggio sonoro naturale del fiume Arno. Dopo il workshop Field Recording Arno tenuto nel 2016 per giovani artisti e musicisti selezionati tramite open call, e un incontro sulle fasi creative del paesaggio sonoro, il compositore Bernard Fort ha proposto al pubblico, nello stesso anno, un’installazione sonora immersiva pensata per l’ambiente urbano delle Murate e per la sala emeroteca de MAD Murate Art District. Un ritratto del fiume che è stato realizzato così su due diversi registri: l’immagine acustica, figurativa e realistica, e l’immagine composta o immagine acusmatica. L’immagine acustica, rappresentazione di una situazione naturale all’aperto, è stata proposta all’interno dell’emeroteca. Qui l’interesse si è concentrato sulla restituzione dello spazio e sulla sua profondità di campo dentro ad un grande piano fisso.
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Progetto RIVA
Arno Atlas, una installazione sonora con cinque documentari dedicati al fiume Arno, una mappatura della sua geografia emozionale, un progetto di narrativa sonora per far riascoltare la voce di un fiume e la città che attraversa, Firenze.
Arno Atlas | 1966 L’emergenza del restauro [nuova produzione, 2016] Un viaggio tra la chimica e la filosofia del restauro contemporaneo. Un viaggio durato cinquanta anni, dall’emergenza dell’alluvione con la nascita della moderna scienza del restauro alla pratica attuale, per scoprire cosa è stato fatto e si continua a fare, cosa è oggi possibile e cosa si accetta di non poter fare con le vittime cultuali del 1966: affreschi, tavole, dipinti, codici, libri… Con: Franca Falletti, direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze dal 1992 al 2013, Giorgio Bonsanti – storico dell’arte e Direttore dell’Opificio delle Pietre Dure dal 1988 al 2000, Magnolia Scudieri – Ex Direttrice del Museo di San Marco, Marco Ciatti – Soprintendent
Arno Atlas, una installazione sonora con cinque documentari dedicati al fiume Arno, una mappatura della sua geografia emozionale, un progetto di narrativa sonora per far riascoltare la voce di un fiume e la città che attraversa, Firenze.
Arno Atlas | 1966 L’emergenza del restauro [nuova produzione, 2016] Un viaggio tra la chimica e la filosofia del restauro contemporaneo. Un viaggio durato cinquanta anni, dall’emergenza dell’alluvione con la nascita della moderna scienza del restauro alla pratica attuale, per scoprire cosa è stato fatto e si continua a fare, cosa è oggi possibile e cosa si accetta di non poter fare con le vittime cultuali del 1966: affreschi, tavole, dipinti, codici, libri… Con: Franca Falletti, direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze dal 1992 al 2013, Giorgio Bonsanti – storico dell’arte e Direttore dell’Opificio delle Pietre Dure dal 1988 al 2000, Magnolia Scudieri – Ex Direttrice del Museo di San Marco, Marco Ciatti – Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure.
Arno Atlas | 1966 Alluvione e Avanguardie [nuova produzione, 2016] Il 1966 fu un anno mirabilis nel mondo e a Firenze dove, nonostante l’alluvione, emersero movimenti di ricerca artistica – si iniziava a sperimentare con la parola, il suono, il corpo – e gli architetti radicali si affermavano come una delle esperienze d’avanguardia più interessanti del Secondo Novecento. Sebbene il richiamo del passato si fosse rinvigorito dopo l’alluvione, con il mito del ritorno all’antico splendore, dal basso emergono le prime istanze contemporanee che sarebbero sfociate negli Anni 70. Con: Piero Frassinelli – architetto, Adolfo Natalini – architetto, Valentina Gensini – direzione scientifica del Museo del Novecento di Firenze.
Arno Atlas | (eco)sistema complesso [produzione Progetto RIVA 2013] Il fiume Arno: fiume o canale? Luogo di atti+M4vità economiche, luogo di svago o rifugio sicuro per animali che mai penseremmo di trovare in città? Lo ascoltiamo laddove entra ed esce da Firenze, dallo sbocco dell’Affrico e dalla Passerella dell’Isolotto, prestando il nostro orecchio a quell’(eco)sistema complesso che lo anima. Con: Antonio Bellace – presidente dell’Associazione dei Renaioli, Biagio Guccione – docente di Architettura del Paesaggio dell’Università di Firenze, Carlo Scoccianti – biologo ed esperto fluviale.
Arno Atlas | Cinque Metri sotto l’Arno [produzione Progetto RIVA 2013] La storia di Firenze sotterranea, tra miti, utopie ingegneristiche e grandi opere. Dalla fabbrica dell’acqua al canale sotterraneo che collegava le due rive del fiume, dalle esplorazioni di oggi ai miti metropolitani del sottosuolo fiorentino. Con: Stefano Sieni – giornalista, Piero Battarra – membro del Circolo Canottieri.
Arno Atlas | Abbecedario d’acqua [produzione Progetto RIVA 2013] La A di Arno, ma anche di Anguilla o Alluvione, la B di Biblioteca Nazionale e la C di Comunità: storie conosciute e storie dimenticate in una navigazione alfabetica lungo le parole dell’Arno e della sua relazione con Firenze. Un breve abbecedario a pelo d’acqua per scoprire o ricordare la motonave Fiorenza e le danze sull’acqua; i navalestri, Enea, il sogno di Leonardo e quello infranto di Rajaram Chuttraputti. Con Giovanni Menduni – docente di Idraulica e Ingegneria per l’ambiente e il territorio del Politecnico di Milano, Piero Frassinelli – architetto, Piero Battarra – membro del Circolo Canottieri.
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Progetto RIVA
Un giardino di oltre 10.000 metri quadri che torna alla città grazie a un intervento di arte pubblica. Un palinsesto di eventi per adulti e ragazzi, volto a valorizzare il rapporto tra l’Arno e la città e a animare un luogo “di confine”. La riva sinistra del fiume sotto Lungarno Serristori si trasforma nel “Terzo Giardino”, grazie alla riqualificazione artistica realizzata dal collettivo Studio ++, un lavoro attento alla conservazione naturale e alla valorizzazione della biodiversità, affiancando all’opera d’arte un programma di incontri, workshop e laboratori per famiglie, che punta a avvicinare l’ambiente fluviale ai cittadini, facendone emergere le peculiarità. Il progetto artistico di Studio ++ si basa su tagli mirati della vegetazione spontanea che cresce nei pressi dell’Arno, sfruttando le tecniche impiegate per il mantenimento degli argini. Due diverse azioni creano aree differenti: “parterre” geometrici divisi in quattro sezioni trasversali e veri e
Un giardino di oltre 10.000 metri quadri che torna alla città grazie a un intervento di arte pubblica. Un palinsesto di eventi per adulti e ragazzi, volto a valorizzare il rapporto tra l’Arno e la città e a animare un luogo “di confine”. La riva sinistra del fiume sotto Lungarno Serristori si trasforma nel “Terzo Giardino”, grazie alla riqualificazione artistica realizzata dal collettivo Studio ++, un lavoro attento alla conservazione naturale e alla valorizzazione della biodiversità, affiancando all’opera d’arte un programma di incontri, workshop e laboratori per famiglie, che punta a avvicinare l’ambiente fluviale ai cittadini, facendone emergere le peculiarità. Il progetto artistico di Studio ++ si basa su tagli mirati della vegetazione spontanea che cresce nei pressi dell’Arno, sfruttando le tecniche impiegate per il mantenimento degli argini. Due diverse azioni creano aree differenti: “parterre” geometrici divisi in quattro sezioni trasversali e veri e propri muri di vegetazione spontanea. Il risultato è un disegno ispirato alla tradizione del Giardino all’Italiana, con par¬ticolare attenzione al modello dei Giardini dei Semplici. La vegetazione che emerge è costituita dalle piante spontanee della riva del fiume, che, grazie a questo metodo di “sottrazione”, si manifestano in tutta la loro inaspettata biodiversità. L’aggettivo “terzo” richiama la metafora del paesaggista Gilles Clèment che spiega come la vegetazione abbandonata presente nei “residui dell’organizzazione razionale dell’uomo” sia un’importante riserva di biodiversità e potenziale evolutivo.
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Fotografo
Jay Wolke vive e lavora a Chicago, Illinois. Personali a lui dedicate sono state organizzate presso l’Art Institute di Chicago, il St. Louis Art Museum, Harvard University, la California Museum of Photography, e la Galleria Primo Piano di Napoli. Tra le varie collezioni permanenti che espongono sue fotografie vi sono il Museum of Modern Art, New York, il Whitney Museum of American Art, New York, l’Art Institute of Chicago e il Museo di San Francisco di arte moderna. Dal 1981 è docente di fotografia e arte in varie università. Dal 1992-1999 è stato Coordinatore della laurea in Documentary Photography presso l’Istituto di Design (IIT). Nel 1999-2000 è stato responsabile della “Art and Graduate Studies” presso Studio Art Centers International di Firenze. Attualmente è docente di Fotografia presso la Columbia College di Chicago, ha ricoperto anche la carica di presidente del dipartimento di Arte e Design anche nei periodi 2000-2005 e 2008-2014. Wolke ha ricevuto borse di stu
Jay Wolke vive e lavora a Chicago, Illinois. Personali a lui dedicate sono state organizzate presso l’Art Institute di Chicago, il St. Louis Art Museum, Harvard University, la California Museum of Photography, e la Galleria Primo Piano di Napoli. Tra le varie collezioni permanenti che espongono sue fotografie vi sono il Museum of Modern Art, New York, il Whitney Museum of American Art, New York, l’Art Institute of Chicago e il Museo di San Francisco di arte moderna. Dal 1981 è docente di fotografia e arte in varie università. Dal 1992-1999 è stato Coordinatore della laurea in Documentary Photography presso l’Istituto di Design (IIT). Nel 1999-2000 è stato responsabile della “Art and Graduate Studies” presso Studio Art Centers International di Firenze. Attualmente è docente di Fotografia presso la Columbia College di Chicago, ha ricoperto anche la carica di presidente del dipartimento di Arte e Design anche nei periodi 2000-2005 e 2008-2014. Wolke ha ricevuto borse di studio e premi dalla National Endowment for the Arts, l’Arts Council Illinois, Focus Infinity Fund and the Ruttenberg Arts Foundation. Wolke ha conseguito il suo B.F.A. in Printmaking / Illustrazione presso la Washington University, St. Louis, e un M.S. in Fotografia presso l’Istituto di Design, Illinois Institute of Technology, Chicago. Ha pubblicato alcune monografie come “All Around the House: Photographs of American- Jewish Communal Life” (Art Institute of Chicago, 1998), “Along the Divide: Photographs of the Dan Ryan Expressway” (Center for American Places, 2004) e “Architecture of Resignation: Photographs from the Mezzogiorno” (Center for American Places, 2011). Le sue fotografie sono apparse in numerose pubblicazioni tra cui il New York Times Magazine, Doubletake, Architectural Record, Newsweek, Fortune, e il Village Voice.
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Fotografo
Nato a Como, Massimo Vitali si trasferisce a Londra dopo il liceo, dove studia fotografia alla London College of Printing. Nei primi anni Sessanta lavora come fotoreporter, collaborando con molte riviste e agenzie in Italia e in Europa. In questo periodo di intenso lavoro incontra Simon Guttmann, fondatore dell’agenzia Report, fondamentale per la sua crescita come “Concerned Photographer”. All’inizio degli anni Ottanta una crescente sfiducia nella convinzione che “la fotografia abbia avuto una capacità assoluta di riprodurre le sfumature della realtà” porta Vitali a intraprendere un cambiamento nella sua carriera. Lavora come direttore della fotografia per la televisione e il cinema, tuttavia, il suo legame con la fotocamera rimane e la fotografia diviene per lui mezzo di ricerca artistica. La sua serie di panorami balneari italiani è iniziata alla luce dei radicali cambiamenti politici in Italia. Vitali osserva con attenzione le realtà italiane dipingendo una “vision
Nato a Como, Massimo Vitali si trasferisce a Londra dopo il liceo, dove studia fotografia alla London College of Printing. Nei primi anni Sessanta lavora come fotoreporter, collaborando con molte riviste e agenzie in Italia e in Europa. In questo periodo di intenso lavoro incontra Simon Guttmann, fondatore dell’agenzia Report, fondamentale per la sua crescita come “Concerned Photographer”. All’inizio degli anni Ottanta una crescente sfiducia nella convinzione che “la fotografia abbia avuto una capacità assoluta di riprodurre le sfumature della realtà” porta Vitali a intraprendere un cambiamento nella sua carriera. Lavora come direttore della fotografia per la televisione e il cinema, tuttavia, il suo legame con la fotocamera rimane e la fotografia diviene per lui mezzo di ricerca artistica. La sua serie di panorami balneari italiani è iniziata alla luce dei radicali cambiamenti politici in Italia. Vitali osserva con attenzione le realtà italiane dipingendo una “visione clinica e compiacente di normalità italiane”. Nel corso degli ultimi 12 anni sviluppa un nuovo approccio per ritrarre il mondo, “illuminando l’apoteosi della Mandria”, esprimendo e commentando attraverso le più intriganti, forme palpabili di arte contemporanea.
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Progetto RIVA
Mostra fotografica di Massimo Vitali, Arno Rafael Minkkinen e Jay Wolke A cura di Fondazione Studio Marangoni
Arno immaginario Collettivo si è configurato come un triplice lavoro fotografico sull’Arno che da settembre a novembre 2016 ha coinvolto fotografi locali, fotografi internazionali e giovani fotografi. Il progetto si sviluppa sul rapporto tra Firenze e il suo elemento naturale più importante, il fiume, e restituisce una ricostruzione collettiva dell’immaginario intorno ad esso, attraverso tre momenti espositivi distinti. La mostra conclusiva ha visto la partecipazione di tre grandi fotografi internazionali. Arno Minkkinen, Massimo Vitali e Jay Wolke hanno interpretato la città di Firenze attraverso la sua spina dorsale, l’Arno, e hanno prodotto una serie di lavori inediti. Focus della ricerca di Arno Minkkinen è il paesaggio antropomorfizzato e il rapporto tra la figura umana e l’elemento dell’acqua. Un sistema combinatorio che tiene insieme a livello visivo le div
Mostra fotografica di Massimo Vitali, Arno Rafael Minkkinen e Jay Wolke A cura di Fondazione Studio Marangoni
Arno immaginario Collettivo si è configurato come un triplice lavoro fotografico sull’Arno che da settembre a novembre 2016 ha coinvolto fotografi locali, fotografi internazionali e giovani fotografi. Il progetto si sviluppa sul rapporto tra Firenze e il suo elemento naturale più importante, il fiume, e restituisce una ricostruzione collettiva dell’immaginario intorno ad esso, attraverso tre momenti espositivi distinti. La mostra conclusiva ha visto la partecipazione di tre grandi fotografi internazionali. Arno Minkkinen, Massimo Vitali e Jay Wolke hanno interpretato la città di Firenze attraverso la sua spina dorsale, l’Arno, e hanno prodotto una serie di lavori inediti. Focus della ricerca di Arno Minkkinen è il paesaggio antropomorfizzato e il rapporto tra la figura umana e l’elemento dell’acqua. Un sistema combinatorio che tiene insieme a livello visivo le diverse anime del fiume è, invece, al centro della produzione di Jay Wolke, mentre Massimo Vitali guarda alla relazione tra i cittadini e il fiume come momento aggregazione.
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Artista multisciplinare, attrice e performer
Lavora come artista, attrice e performer. Si forma nella scena del teatro di ricerca internazionale e nella prassi artistica di differenti linguaggi e strumenti privilegiando l’esplorazione della relazione corpo-spazio. Lavora attualmente costruendo dispositivi di partecipazione che hanno alla base l’indistinzione tra le arti ed una rinnovata relazione col quotidiano. E’ Docente di Performing Art presso differenti istituzioni nazionali ed europee. Nel 2002 è tra i fondatori del multiple-name Svarnet (selezione nazionale Es.terni 2007, finalista PREMIO EXTRA 2008). Vive tra l’italia e la Francia, dove collabora con le Centre d’Etude des Arts Contemporains (CEAC) e con l’Université de Lille 3, France; qui è parte dell’equipe de Le Jeu d’Orchestre, Recherche-action en art dans les lieux de privation de liberté (Lille 3, Esagramma, Hors Cadre). Nel Gennaio 2012 è fondatrice di STUDIOVUOTO – Studio di architettura che non costruisce, laboratorio transdisciplinare di s
Lavora come artista, attrice e performer. Si forma nella scena del teatro di ricerca internazionale e nella prassi artistica di differenti linguaggi e strumenti privilegiando l’esplorazione della relazione corpo-spazio. Lavora attualmente costruendo dispositivi di partecipazione che hanno alla base l’indistinzione tra le arti ed una rinnovata relazione col quotidiano. E’ Docente di Performing Art presso differenti istituzioni nazionali ed europee. Nel 2002 è tra i fondatori del multiple-name Svarnet (selezione nazionale Es.terni 2007, finalista PREMIO EXTRA 2008). Vive tra l’italia e la Francia, dove collabora con le Centre d’Etude des Arts Contemporains (CEAC) e con l’Université de Lille 3, France; qui è parte dell’equipe de Le Jeu d’Orchestre, Recherche-action en art dans les lieux de privation de liberté (Lille 3, Esagramma, Hors Cadre). Nel Gennaio 2012 è fondatrice di STUDIOVUOTO – Studio di architettura che non costruisce, laboratorio transdisciplinare di studi e pratiche artistiche che chiama a sé artisti ed abitanti in progetti di attraversamento, mitopoiesi, e trasformazione del territorio a partire da processi condivisi di indagine e creazione. Valeria Muledda ha esposto e sviluppato progetti a Milano, Firenze, Venezia, Lille, Tallin, Londra, Basilea, Barcellona. Per Le Murate Progetti Arte Contemporanea ha prodotto, in collaborazione con Francesco Casciaro (Tempo Reale), l’installazione sonora site-specific per gli spazi dell’ex carcere duro delle Murate di Firenze Nuclei (Vitali). Immagine tratta da: Studio per una cena con R.M. , Valeria Muledda, 2013. Courtesy by Valeria Muledda.
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Artistic residency and permanent installation by Valeria Muledda
Nuclei (Vitali) is the title of the audio installation created by Valeria Muledda for the new artistic centre Le Murate. Contemporary Art Projects. The aim and the site specific of this are linked to 6 months of artistic residence and addressed to the hard prison. In fact, this prison was the strictest detention area of the 19th and 20th Century. Since the transformation of the convent into a men’s jail during the 19th Century, Le Murate has been a penitentiary that held in its cells authentic examples of freedom and protagonists of some decisive episodes in Italian and Florentine history, such as Gaestano Salvemini, Nello Rosselli, Carlo L. Ragghianti, Tosca Bucarelli, Anna Maria Enriques Agnoletti, Orsola Biasutti, Enrica Calabresi, Nathan Cassuto, Aldo Braibanti, Guido Calogero, Aldo Capitini, Oreste Ristori, Tristano Codignola, and Carlo Levi. But they are only some names that lived in these cells until 1983, when the Murate prison was closed and its prisoners moved away from
Nuclei (Vitali) is the title of the audio installation created by Valeria Muledda for the new artistic centre Le Murate. Contemporary Art Projects. The aim and the site specific of this are linked to 6 months of artistic residence and addressed to the hard prison. In fact, this prison was the strictest detention area of the 19th and 20th Century. Since the transformation of the convent into a men’s jail during the 19th Century, Le Murate has been a penitentiary that held in its cells authentic examples of freedom and protagonists of some decisive episodes in Italian and Florentine history, such as Gaestano Salvemini, Nello Rosselli, Carlo L. Ragghianti, Tosca Bucarelli, Anna Maria Enriques Agnoletti, Orsola Biasutti, Enrica Calabresi, Nathan Cassuto, Aldo Braibanti, Guido Calogero, Aldo Capitini, Oreste Ristori, Tristano Codignola, and Carlo Levi. But they are only some names that lived in these cells until 1983, when the Murate prison was closed and its prisoners moved away from the city to the new penal institution of Solliciano as a result of the penal legislative reform (1975) and the Gozzini’s law (1986). The installation, which takes place in 12 cells on the third floor, contains and divides in the space 20 hours of audio material through old equipment. The project is composed of 6 parts: an anthology of direct and indirect stories related to the Murate jail and to his historical urban context which influenced its identity and the citizens’ perception; audio recordings connected with these physical spaces; stories and recordings from the learned milieu of the new prison of Sollicciano; the description of the vital and architectural space of the cells and the prisons through the eyes of an Italian detainee in the last 25 years of his life; cellular elaborations of the environmental recorded sounds; a selection of 590 stones from the Murate (one for each year, from the foundation in 1424 until today) made using the technique of stone rubbings. The 590 tracks of this archive are the real sound part of the whole work of art. The choice of the name (Vital) Cores is explained by the artist in this way: “The Italian language calls “core” the central and thickest part of the cellular (diminutive of the Latin word cella, little room) the unit at the basis of each organism considered as the smallest living structure. The project “Nuclei (Vitali) calls the space of the cells of the hard prison of Le Murate with this expression of life and movement, focusing on this place the soul of the whole penitentiary center. Nuclei (Vitali) has been made possible through the collaboration of: Educational Department of Sollicciano prison, Arts and Show department of BNCF, l’associazione Altro Diritto, l’Ateneo Libertario di Firenze, Giovanni Azzurro, Barbara Bacci, Ennio Bazzoni, Alessandro Bellucci, Liliana Benvenuti “Angela”, Valerio Biscalkin, Sandra Brigida, Oreste Cacurri, Pamela Calamai, Francesco Casciaro, Raffaele Catuogno, Marisa Cecchi, Sofia Ciufoletti, Marcello Citano “Sugo”, Giulio Consigli, la Comunità di Ricorboli, Roberto Cossi, Franco Corleone, Francesco D’Ausilio, Pietro Demontis, la Fondazione Giovanni Michelucci, Natale Fosco, Valentina Gensini, Alessandro Giobbi, Francesco Giomi, Giampaolo Ietro, il Laboratorio “16 sbarre” CAT – IPM Firenze, Camilla Lastrucci, Giovanna Lori Geddes, Camilla Macchi, Corrado Marcetti, Alessandro Margara, Giada Margheri, Maria Antonietta Marletta, Umberto Mattei, Gabriele Mattioli, Vittorio Meoni “Sosso”, Lucia Meoni, Simonetta Michelotti, Vincenzo Mordini, Vida Mokhtari, l’associazione Mus.e, le Musiquorum, Lorenzo Niccolai Napoli, Raffaele Palmisano, Roberto Perotti, all prisoner meting in the Sollicciano Prison, Mario Pittalis, Gianfranco Politi, Alessandra Povia, il RFK Center Europe, Maurizio Romani, Enrico Rossi, Giorgio Sacchetti, Linda Salvadori, Alessandro Sardelli, SuperN*, l’associazione Tempo Reale, Stefano Tocci, Sabrina Tosi Cambini, Michele Verrengia, Italo Zanda.
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