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Terzo Spazio di Aryan Ozmaei

Con saggi di: Veronica Caciolli, Giulia Dionisio, Fabio Di Vincenzo, Valentina Gensini e Aryan Ozmaei

Il primo lavoro della serie Terzo Spazio è proprio la mia reazione iniziale allo spirito tassonomico occidentale: trattare gli oggetti in modo tale da provocare una prima dolce forma di ribellione a questo ordine. Il delicato disordine che dà forma al primo dipinto è stato il primo passo di un lavoro di ricerca artistica che, appena terminato, mi sono resa conto aver bisogno di tempo e di studio. Dovevo entrare in una relazione più profonda con gli oggetti, dovevo evitare di cadere nell’errore di guardarli a mia volta come “cose”, dovevo piuttosto riuscire a entrare in relazione con le presenze umane che stavano dentro, dietro, intorno a ciascuno di essi.

_ Aryan Ozmaei

 

La mostra Terzo Spazio di Aryan Ozmaei, sviluppata a partire dal lavoro A Day at the Anthropological Museum of Florence, si articola tra MAD Murate Art District (che ha già dedicato numerosi progetti al Postcolonial e alla De-colonizzazione) e il Museo di Antropologia e Etnologia, ispirator

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Il primo lavoro della serie Terzo Spazio è proprio la mia reazione iniziale allo spirito tassonomico occidentale: trattare gli oggetti in modo tale da provocare una prima dolce forma di ribellione a questo ordine. Il delicato disordine che dà forma al primo dipinto è stato il primo passo di un lavoro di ricerca artistica che, appena terminato, mi sono resa conto aver bisogno di tempo e di studio. Dovevo entrare in una relazione più profonda con gli oggetti, dovevo evitare di cadere nell’errore di guardarli a mia volta come “cose”, dovevo piuttosto riuscire a entrare in relazione con le presenze umane che stavano dentro, dietro, intorno a ciascuno di essi.

_ Aryan Ozmaei

 

La mostra Terzo Spazio di Aryan Ozmaei, sviluppata a partire dal lavoro A Day at the Anthropological Museum of Florence, si articola tra MAD Murate Art District (che ha già dedicato numerosi progetti al Postcolonial e alla De-colonizzazione) e il Museo di Antropologia e Etnologia, ispiratore di questa prima opera nel 2019. L’attitudine archeologica della pittura di Aryan Ozmaei l’ha condotta ad imbattersi nelle collezioni del Museo, il primo del suo genere, istituito nel 1869 da Paolo Mantegazza. Il suo allestimento rimasto pressoché invariato dalla seconda metà dell’Ottocento, ha stimolato una serie di riflessioni nell’artista, per altro caratterizzanti l’arte contemporanea: i rapporti interdisciplinari tra arte e antropologia, la storia coloniale, lo sguardo etnocentrico, le categorie tassonomiche espositive ottocentesche, la modernità e la sua crisi, la necessità di riscrittura, i processi di ibridazione e di de-colonialismo. Per Terzo Spazio l’artista ha realizzato venti dipinti collection-specific, promuovendo eterotopie, zone di contatto e identità fluide. Il titolo della mostra prende ispirazione dalla teoria dell’antropologo Homi K. Bhabha che nel suo celebre The Location of Culture propone la progressiva costituzione di “spazi terzi”, ovvero luoghi di ibridazione tra culture che Aryan Ozmaei avanza nei suoi collages pittorici: statue e sculture frammentate o decontestualizzate vengono ricostruite dall’artista anche simbolicamente, superando la rigida ordinazione etnografica tradizionale.

In questa nuova serie che costituisce la mostra Terzo Spazio, non siamo però di fronte ad archetipi, ma indubbiamente, al cospetto di una memoria collettiva rielaborata individualmente, che propone sinteticamente la rilettura del passato nel presente, a futura memoria. Trovarsi di fronte a una vetrina di un museo antropologico allestita nell’Ottocento è come essere investiti da secoli di storia in corsa. È qui che la pittura assume il suo ruolo discriminante e non casuale: per la sua capacità di connettere su uno stesso piano tempi, oggetti e spazi distanti tra loro. La storia dei rapporti tra l’Occidente e il resto del mondo, le relazioni spesso asimmetriche tra visualità, le negoziazioni tra conscio e inconscio, privato e pubblico, passato e presente, lo sfondo politico e umano, il ruolo del museo, il contesto letterario e culturale, e la loro fenomenologia, mi sono istantaneamente apparsi quando ho visto per la prima volta il lavoro del 2019.

_ Veronica Caciolli

 

Aryan Ozmaei è nata a Teheran (Iran) nel 1976, dove ha vissuto fino al 2002 prima di trasferirsi a Firenze dove attualmente vive e lavora. Ha frequentato la Azad Art and Architecture University, laureandosi in pittura. Ha successivamente frequentato l’Accademia di Belle Arti di Firenze, ottenendo la Laurea in Pittura e poi la specializzazione in Arti visive e linguaggi multimediali. La sua attività recente ha compreso la mostra personale “A studio abroad” presso SRISA Project Space a Firenze e la mostra personale “Grounds” presso la Fondazione Malvina Menegaz di Castelbasso (TE), entrambe curate da Pietro Gaglianò.

 

http://www.postmediabooks.it/2023/Ozmaei/9798389863798.htm

Terzo Spazio di Aryan Ozmaei

Available in:

Terzo Spazio

di Aryan Ozmaei, a cura di Veronica Caciolli

Terzo Spazio

Available in:

Third Space

by Aryan Ozmaei, curated by Veronica Caciolli

The exhibition Third Space by Aryan Ozmaei, developed from the artwork A Day at the Anthropological Museum of Florence, is located between MAD Murate Art District, which has already dedicated numerous projects to Postcolonial and Decolonization, and the Museum of Anthropology and Ethnology, which inspired this first work, in 2019.

The archaeological attitude of Aryan Ozmaei’s painting led her to come across the collections of the Museum, the first of its kind, established in 1869 by Paolo Mantegazza. Its setting, which has remained almost unchanged since the second half of the 19th-century, stimulated a series of reflections in the artist, which characterize contemporary culture: the interdisciplinary relationships between art and anthropology, the colonial history, the ethnocentric look, the 19th-century taxonomic categories, modernity and its crisis, the need for rewriting, the processes of hybridization and de-colonialism.

For Third Space, the artist has created twenty collection-

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The exhibition Third Space by Aryan Ozmaei, developed from the artwork A Day at the Anthropological Museum of Florence, is located between MAD Murate Art District, which has already dedicated numerous projects to Postcolonial and Decolonization, and the Museum of Anthropology and Ethnology, which inspired this first work, in 2019.

The archaeological attitude of Aryan Ozmaei’s painting led her to come across the collections of the Museum, the first of its kind, established in 1869 by Paolo Mantegazza. Its setting, which has remained almost unchanged since the second half of the 19th-century, stimulated a series of reflections in the artist, which characterize contemporary culture: the interdisciplinary relationships between art and anthropology, the colonial history, the ethnocentric look, the 19th-century taxonomic categories, modernity and its crisis, the need for rewriting, the processes of hybridization and de-colonialism.

For Third Space, the artist has created twenty collection-specific paintings, promoting heterotopies, contact zones and fluid identities. The exhibition’s title is inspired by the theory of anthropologist Homi K. Bhabha who, in his famous work The Location of Culture, proposes the progressive establishment of “third spaces”, or hybrid places between cultures that Aryan Ozmaei proposes in her pictorial collages: fragmented or decontextualized statues and sculptures are reconstructed by the artist, also symbolically, overcoming the rigid and traditional ethnographic classifications.

 

Third Space

Available in:

Veronica Caciolli

Curator

Following a specialist degree in Phenomenology of styles at DAMS in Bologna with Renato Barilli, she obtained a series of advanced studies in Curatela, History of Religions and Anthropology of Art in Berlin, Rome and Milan. She has collaborated with the magazines Segno and Exibart.
From 2005 to 2007 she was responsible for institutional exhibitions and publications for Photology, organizing projects involving, among others, Mario Giacomelli, Enzo Cucchi, Joel-Peter Witkin, Claudio Abate and Achille Bonito Oliva.
In the museum field, from 2008 to 2015 she curated the collections of the 20th and 21st century and the exhibitions on contemporary art at Mart, Museum of Modern and Contemporary Art of Trento and Rovereto.
From 2016 to 2019, in charge of the Museum of Palazzo Pretorio in Prato, she worked on the symbolic stratifications of the time with Pretorio Studio, inviting artists in residence to the museum with a final collection-specific exhibition.

She published, among others, with Si




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Following a specialist degree in Phenomenology of styles at DAMS in Bologna with Renato Barilli, she obtained a series of advanced studies in Curatela, History of Religions and Anthropology of Art in Berlin, Rome and Milan. She has collaborated with the magazines Segno and Exibart.
From 2005 to 2007 she was responsible for institutional exhibitions and publications for Photology, organizing projects involving, among others, Mario Giacomelli, Enzo Cucchi, Joel-Peter Witkin, Claudio Abate and Achille Bonito Oliva.
In the museum field, from 2008 to 2015 she curated the collections of the 20th and 21st century and the exhibitions on contemporary art at Mart, Museum of Modern and Contemporary Art of Trento and Rovereto.
From 2016 to 2019, in charge of the Museum of Palazzo Pretorio in Prato, she worked on the symbolic stratifications of the time with Pretorio Studio, inviting artists in residence to the museum with a final collection-specific exhibition.

She published, among others, with Silvana Editoriale, Electa Mondadori, Gli Ori and Mousse Publishing.

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The time of Discretion, a cura di Veronica Caciolli

The time of Discretion è l’ultimo progetto a lungo termine dell’artista fiorentina Lisa Mara Batacchi, che presentò un capitolo del lavoro nella mostra omonima prodotta da MAD nel 2018 all'interno del ciclo Global Identities

Quest’anno  con Silvana Editoriale esce la pubblicazione di tutto il progetto. La narrazione cronologica è cadenzata da immagini in presa diretta, opere e still dal film, che verranno in parte proiettati durante questa presentazione.

Sia la mostra che il libro sono stati curati da Veronica Caciolli.

Il progetto prende le mosse dalla partecipazione dell’artista alla Land Art Mongolia Biennal del 2016, il cui tema da declinare riguardava l’interpretazione dell’asse che divide il cielo dalla terra. Per farlo, l’artista ha raggiunto Guizhou, un villaggio montano della Cina meridionale dove l’antico popolo dei Hmong utilizza la tintura naturale ad indaco per realizzare tessuti tradizionali e celebrativi, oltre che per interrogare i propri avi. Dalla doppia esperienza con le donne Hmong, uniche custodi di questo processo, l’artista ha realizzato due tessuti: l’uno, trasportato in processione verso il monte sacro Altan Ovoo, ha costituito il lavoro per la Biennale

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Quest’anno  con Silvana Editoriale esce la pubblicazione di tutto il progetto. La narrazione cronologica è cadenzata da immagini in presa diretta, opere e still dal film, che verranno in parte proiettati durante questa presentazione.

Sia la mostra che il libro sono stati curati da Veronica Caciolli.

Il progetto prende le mosse dalla partecipazione dell’artista alla Land Art Mongolia Biennal del 2016, il cui tema da declinare riguardava l’interpretazione dell’asse che divide il cielo dalla terra. Per farlo, l’artista ha raggiunto Guizhou, un villaggio montano della Cina meridionale dove l’antico popolo dei Hmong utilizza la tintura naturale ad indaco per realizzare tessuti tradizionali e celebrativi, oltre che per interrogare i propri avi. Dalla doppia esperienza con le donne Hmong, uniche custodi di questo processo, l’artista ha realizzato due tessuti: l’uno, trasportato in processione verso il monte sacro Altan Ovoo, ha costituito il lavoro per la Biennale mongola. L’altro, l’immagine dell’odierna pubblicazione, rappresenta l’interpretazione di due esagrammi dell’I-Ching, interrogati sul destino imminente del mondo. Nel 2018 questi due lavori, assieme ad un video, due installazioni, cinque arazzi, quattro serie fotografiche e materiale documentario, hanno costituito la prima restituzione pubblica di questo ciclo di lavori, proprio alle Murate.

Il viaggio, l’esperienza e il lavoro di Lisa Mara Batacchi hanno offerto l’opportunità di affrontare una quanto mai interessante e puntuale serie di questioni: le reciproche interferenze o impermeabilità tra differenti culture, lo status di alcune minoranze etniche, gli esiti della globalizzazione, i ruoli della produzione industriale e manuale, le teorie sulla decrescita, la potenza o la miseria della memoria, il ruolo dell’arte. La complessità di questi temi, oltre che dalle due relatrici, è stata affrontata nel libro dalle molteplici prospettive di Sumesh Sharma, Federico Campagna, Valentina Gioia Levy, Wang Xiaomei.

 

 

The time of Discretion, a cura di Veronica Caciolli

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The time of Discretion, a cura di Veronica Caciolli

The time of Discretion è l’ultimo progetto a lungo termine dell’artista fiorentina Lisa Mara Batacchi, che presentò un capitolo del lavoro nella mostra omonima prodotta da MAD nel 2018 all'interno del ciclo Global Identities

The time of Discretion, a cura di Veronica Caciolli

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The Time of discretion. Chapter one

Global Identity

The time of Discretion. Chapter one di Lisa Batacchi, curated by Veronica Caciolli closes the cycle GLOBAL IDENTITIES. Postcolonial and cross-cultural Narratives curated by Valentina Gensini. The Time of Discretion is presented as a metaphorical and necessary retrospective on a cycle of works developed specifically on the subject of discretion and intended as its first chapter, over the last two years. The show consists of two works made in the south of China together with the Hmong people and about twenty new works expressly produced for this occasion, including installations, tapestries, videos, photographs, documentary archives and symbolic finds. The Time of Discretion is a transnational project in progress, which opens up complex and extremely sensitive issues that widely extend the boundaries of art. The exhibition intersects experience and representation, dramatically confronting the East and the West, advancing a dense theoretical scenario in relation to the processes of global

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The time of Discretion. Chapter one di Lisa Batacchi, curated by Veronica Caciolli closes the cycle GLOBAL IDENTITIES. Postcolonial and cross-cultural Narratives curated by Valentina Gensini. The Time of Discretion is presented as a metaphorical and necessary retrospective on a cycle of works developed specifically on the subject of discretion and intended as its first chapter, over the last two years. The show consists of two works made in the south of China together with the Hmong people and about twenty new works expressly produced for this occasion, including installations, tapestries, videos, photographs, documentary archives and symbolic finds. The Time of Discretion is a transnational project in progress, which opens up complex and extremely sensitive issues that widely extend the boundaries of art. The exhibition intersects experience and representation, dramatically confronting the East and the West, advancing a dense theoretical scenario in relation to the processes of globalization. The project begins with the participation of Lisa Batacchi at the Land Art Mongolia Biennal of 2016, whose theme to be discussed concerned the interpretation of the axis that divides the sky from the earth. To do so, the artist reached Guizhou, a mountain village in southern China where the ancient Hmong people (originating from the Siberian-Mongol area), observe a traditional ritual daily. In particular, they hold a specific practice, considered divinatory, that of natural indigo dyeing. A large tent created by the artist, manually, slowly and discretely, together with the Hmong women, was later carried in a procession towards the sacred mountain Altan Ovoo, for the inaugural performance of the Biennale. The horse-cow represented there, shows a symbology derived from a Chinese oracle of the classical tradition, questioned preliminarily by the artist, whose sentences are governed by a logic of randomness, through the repeated tossing of coins. A randomness clearly understood as not accidental but secretly determined, also deliberately regulates the progressive behavior of Lisa Batacchi. A subsequent experience with this people allowed her to dye another fabric, which still draws on the meanings expressed in the fortieth and in the second hexagram of the I-Ching (The liberation – The receptive). Alongside these, there are further twenty multimedia works, produced for this exhibition and shown in preview for the Le Murate space. The collaboration with different types of mastery, activity that characterizes one of the directions of the project, has been extended by the artist to the local area, first in the city of Florence, where through the ancient looms of the Lisio Foundation, she has been able to realize five fabric tapestries. A toli, an amulet usually worn and used by Mongolian shamans, has instead been reproduced on a large scale, for performative as well as exhibition purposes, in parternship with the la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. A new batik dyed with guado (ancient vegetable color) will be realized during the summer together with Natural Color Culture in the Marche region and premiered at Le Murate on September the 4th. The exhibition is also enriched by four photographic series that on one hand document the performance for the Land Art Mongolia Biennal, the backstage material of this first chapter and a collection that represents the beauty, the persistence of tradition and the fragility of a world partially isolated, on the threshold of globalization but still magically possible. Eventually, a video, which anticipates an upcoming feature film, retraces the landscape, relational and cultural stages of Mongolia, Inner Mongolia and southern China, in which poetry, imagery and narration become confused. June 7th h 5.30 p.m. introduction to exhibition by Veronica Caciolli curator, Valentina Gensini artistic director Le murate. Progetti Arte Contemporanea and the artist Lisa Batacchi h 6.30 p.m. vernissage

In particular, they hold a specific practice, considered divinatory, that of natural indigo dyeing. A large tent created by the artist, manually, slowly and discretely, together with the Hmong women, was later carried in a procession towards the sacred mountain Altan Ovoo, for the inaugural performance of the Biennale.
The horse-cow represented there, shows a symbology derived from a Chinese oracle of the classical tradition, questioned preliminarily by the artist, whose sentences are governed by a logic of randomness, through the repeated tossing of coins. A randomness clearly understood as not accidental but secretly determined, also deliberately regulates the progressive behavior of Lisa Batacchi.
A subsequent experience with this people allowed her to dye another fabric, which still draws on the meanings expressed in the fortieth and in the second hexagram of the I-Ching (The liberation – The receptive).
Alongside these, there are further twenty multimedia works, produced for this exhibition and shown in preview for the Le Murate space.

The collaboration with different types of mastery, activity that characterizes one of the directions of the project, has been extended by the artist to the local area, first in the city of Florence, where through the ancient looms of the Lisio Foundation, she has been able to realize five fabric tapestries.
A toli, an amulet usually worn and used by Mongolian shamans, has instead been reproduced on a large scale, for performative as well as exhibition purposes, in parternship with the la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
A new batik dyed with guado (ancient vegetable color) will be realized during the summer together with Natural Color Culture in the Marche region and premiered at Le Murate on September the 4th.

The exhibition is also enriched by four photographic series that on one hand document the performance for the Land Art Mongolia Biennal, the backstage material of this first chapter and a collection that represents the beauty, the persistence of tradition and the fragility of a world partially isolated, on the threshold of globalization but still magically possible.
Eventually, a video, which anticipates an upcoming feature film, retraces the landscape, relational and cultural stages of Mongolia, Inner Mongolia and southern China, in which poetry, imagery and narration become confused.

Il progetto nell’ambito di ToscanaInContemporanea 2018

The Time of discretion. Chapter one

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Parola di Curatore, Le Opere e i Giorni | Veronica Caciolli, Curatore

With the column #LeOpereeiGiorni we invited artists, curators and intellectuals to share reflections on their work and the current moment.
Today we listen to Luigia Lonardelli, Curator MAXXI - National Museum of XXI Arts

Parola di Curatore, Le Opere e i Giorni
Veronica Caciolli, Curatore
Parola di Curatore, Le Opere e i Giorni | Veronica Caciolli, Curatore

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The Time of discretion. Chapter one

Ciclo Global Identity

The Time of discretion. Chapter one

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