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JOSEPH, un monologo fisico interpretato da Marco D’Agostin ed ideato da Alessandro Sciarroni, coreografo e performer che nella sua pratica unisce i linguaggi della danza contemporanea a quelli delle arti visive e performative.all’interno di Secret Florence

Nel monologo fisico e tecnologico ideato da Alessandro Sciarroni, l’interprete Marco D’Agostin si muove sospeso in una dimensione tra reale e virtuale. Volgendo le spalle al pubblico per tutta la durata della performance, l’interprete di Joseph si muove davanti alla web cam di un computer portatile il cui desktop viene proiettato su uno schermo visibile al pubblico: tramite espedienti utilizzati fino dalla nascita della video-arte come l’effetto specchio e il circuito chiuso, si gioca il dialogo tra il soggetto e la sua immagine, che si duplica e si scompone in una ricerca inquieta ed intrigante; finché all’esecutore unico dell’assolo si sostituisce una imprevista molteplicità di sguardi e di cor

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JOSEPH, un monologo fisico interpretato da Marco D’Agostin ed ideato da Alessandro Sciarroni, coreografo e performer che nella sua pratica unisce i linguaggi della danza contemporanea a quelli delle arti visive e performative.all’interno di Secret Florence

Nel monologo fisico e tecnologico ideato da Alessandro Sciarroni, l’interprete Marco D’Agostin si muove sospeso in una dimensione tra reale e virtuale. Volgendo le spalle al pubblico per tutta la durata della performance, l’interprete di Joseph si muove davanti alla web cam di un computer portatile il cui desktop viene proiettato su uno schermo visibile al pubblico: tramite espedienti utilizzati fino dalla nascita della video-arte come l’effetto specchio e il circuito chiuso, si gioca il dialogo tra il soggetto e la sua immagine, che si duplica e si scompone in una ricerca inquieta ed intrigante; finché all’esecutore unico dell’assolo si sostituisce una imprevista molteplicità di sguardi e di corpi, aprendo una dimensione nuova e inattesa.

L’autore della performance, prende in prestito il nome da colui che assume su di sé la paternità dell’uomo che nasconde il divino, ma non ci è dato sapere chi sia Joseph, ne dove sia. Non sappiamo se si tratti dell’uomo che vediamo in scena oppure di uno di quegli occhi sconosciuti capitati per caso all’interno del sistema rappresentativo. Il solo perde la sua connotazione di evento performato da un esecutore unico e si riempie di sguardi meravigliati, deformati, raddoppiati e amplificati. Di corpi esposti e pronti all’esposizione, là fuori, chissà dove, dall’altra parte del mondo, ma nel medesimo istante.